di Massimiliano Lollis
È nella storica Aula Baratto dell’Università Ca’ Foscari che giovedì 20 luglio si è tenuta la tappa lagunare del Roadshow organizzato da Cma Cgm per presentare il servizio diretto di trasporto container nell’ambito della Ocean Alliance, nella convinzione che Venezia e l’Italia possano e debbano essere il capolinea naturale della Nuova Via della Seta che nel solco della tradizione collega l’Europa all’Oriente.
“L’Italia è strategica per la nostra compagnia – afferma Stephane Corquin, vice presidente Fr-Asia-Med-Europe Lines di Cma Cgm – e in questo campo l’innovazione è la chiave per uno sviluppo delle rotte dall’estremo Oriente in Europa”. In questo contesto – come sottolineato da Paolo Lo Bianco, managing director di Cma Cgm Italy – dallo scorso aprile la compagnia francese ha dato vita all’accordo “Ocean Alliance” – che coinvolge, oltre a Cma Cgm, altri tre operatori asiatici: China Cosco Shipping, Evergreen Line e Oocl – con una flotta di 119 navi su un totale di 323 e ben 40 servizi marittimi. All’interno di questa “alleanza oceanica” oggi è quindi operativo PHOEX (o Phoenician Express), il servizio diretto di trasporto container dall’Estremo Oriente all’Alto Adriatico, che può contare su una flotta di dieci navi, da Shanghai a Venezia, con un tempo di percorrenza previsto di 34 giorni.
L’evento veneziano è stato anche l’occasione per fare il punto sulle sfide e sulle opportunità che si delineano nel futuro del porto di Venezia assieme a Pino Musolino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, che ora comprende, oltre allo scalo del capoluogo, quello di Chioggia. “Le opportunità – spiega Musolino a Fm, a latere dell’evento – sono date dai nostri asset strategici, in primis la posizione geografica che da mille anni porta qui i mercanti dall’Oriente e che anche oggi ne fa il gateway naturale per la parte più produttiva e dinamica del Paese. Inoltre siamo un porto di riferimento per l’ingresso sia per l’area padana fino a Milano che per quella dell’Austria e della Germania meridionale, fino al Baden-Württemberg. Questi sono asset innegabili”.
Si tratta però di un quadro di luci e ombre: “Chiaro – ammette Musolino – abbiamo qualche limite legato all’accessibilità nautica e alla possibilità di far arrivare un certo tipo di naviglio, ma sono aspetti sui quali stiamo lavorando, tenendo conto che all’interno dell’Adriatico il transshipment avverrà su navi più piccole, che non sono feeder nel senso classico. In questo grande disegno però, che anche i cinesi stanno portando avanti con la famosa One Belt, One Road, un elemento è inevitabile: come dice il principio base della logistica, se arrivi da est e vuoi arrivare ad ovest non torni ad est, vai nel westernmost point, che è esattamente ciò che noi siamo”.
Ma cosa rappresenta l’ortofrutta per il porto di Venezia? “Noi siamo un porto multi-prodotto, quindi non ci siamo mai concentrati su una sola tipologia – osserva Musolino – tuttavia, nella piattaforma logistica del Venice Green Terminal abbiamo la possibilità di ospitare oltre 5.000 euro pallet (EPAL) grazie a cinque celle specifiche a temperatura controllata e a un’attrezzatura per il ciclo del freddo tecnologicamente avanzata. Il tutto all’interno del porto, con una massima accessibilità nautica per la tipologia di navi che portano in bulk ortofrutta o in ogni caso attraverso i reefer. Siamo perciò convinti di avere una serie di offerte estremamente interessanti per chiunque voglia importare o esportare ortofrutta”. Se effettivamente il porto di Venezia non è tradizionalmente identificato con il commercio ortofrutticolo fresco, Musolino si dice determinato a fare di più: “Non solo voglio mantenere tutto il traffico esistente, ma combatto su ogni grammo di merce che posso portare qui, anche negli ambiti dove non siamo ancora particolarmente forti, come per l’appunto nell’ortofrutticolo fresco. Su questo ci lavoreremo sicuramente”.
In un sistema complesso come quello portuale adriatico, viene spontaneo chiedersi a che punto si sia giunti nella creazione di un contesto di cooperazione, pur all’interno di un’ottica di competizione e di libero mercato. “Come ribadito anche dal Ministro (Graziano Delrio, ndr) – osserva Musolino – ci troviamo ora in una fase di co-opetition: si coopera, perché all’interno di un sistema logistico globale non puoi fare la gara dei piccoli campanili, e si compete sulle qualità, le competenze e le eccellenze. Poi sarà il mercato a decidere. Lavoriamo dove serve in collaborazione per l’interesse del Paese, e dove possiamo stiamo sui mercati competendo e permettendo ai nostri clienti di riferimento di decidere chi è il migliore”.
Certamente il porto di Venezia – e in generale l’intero arco altoadriatico – possono essere di importanza strategica nel trasporto marittimo e containerizzato, anche per l’ortofrutta. Il primo carico di ananas indonesiano fresco in Italia importato dall’azienda padovana SAMA e giunto a Venezia lo scorso 8 giugno, ne è una prova tangibile (leggi qui): il general manager Giorgio Masiero, presente all’evento in qualità di relatore proprio per raccontare le caratteristiche uniche di questa scelta commerciale, ci ha offerto qualche anticipazione sull’andamento del mercato dell’ananas indonesiano di SAMA a distanza di poche settimane dal primo arrivo a Venezia: “Il prodotto – riferisce Masiero a Fm – è stato accolto bene dal mercato. Non avevamo dubbi perché la qualità del primo container era molto buona. Stiamo incrementando il livello di maturazione del secondo container per avere maggiore maturità dei frutti, quindi gusto e dolcezza, ma siamo sicuri che arriveremo ad avere, dopo due o tre prove di carico, i frutti nelle migliori condizioni per accontentare il palato raffinato dei consumatori”. Come annunciato lo scorso giugno, l’azienda padovana prevede di movimentare in importazione, solo per il mercato italiano, circa 1.500 refeer container di ananas all’anno e altri 1.000 container all’anno per la commercializzazione verso i Paesi esteri confinanti.
Il caso dell’ananas indonesiano è quindi un esempio perfetto delle possibilità che si aprono, anche nel mondo dell’ortofrutta, grazie a questa nuova Via della Seta, che per quanto dai tempi di Marco Polo ad oggi sia parecchio mutata per modalità e circostanze, può dare molto grazie a un porto – quello lagunare – che nel 2016 ha registrato la cifra record di 606.000 TEUs di container movimentati.
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