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                      Confagricoltura Verona: “Pesche, subito una fondazione per la sperimentazione”

                      confagricoltura vr
                      L’associazione lancia l’allarme sulla crisi strutturale della produzione: prezzi bassi, consumi sempre più ridotti, la concorrenza straniera che impera nella grande distribuzione e il flagello della monilia e della sharka. Analogo problema per kiwi e mele. La soluzione? Il ritorno alla sperimentazione, che dia risposte sia sulle varietà più utili da coltivare, sia sulla lotta ai parassiti e ai funghi, come già stanno facendo Trentino-Alto Adige, Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia

                       

                       

                      confagricoltura vrPesche e nettarine: un’altra estate da dimenticare. Confagricoltura Verona lancia l’allarme sulla crisi strutturale di una produzione tipicamente nostrana che, anno dopo anno, sta colando a picco. Prezzi bassi, consumi sempre più ridotti, la concorrenza straniera che impera nella grande distribuzione e il flagello della monilia e della sharka stanno mettendo in ginocchio gli agricoltori nostrani, costretti a estirpare le piante.

                       

                      “I dati non lasciano spazio a interpretazioni: negli ultimi dieci anni, nel Veronese, le piantagioni si sono ridotte del 50 per cento – avverte il vicepresidente di Confagricoltura Verona, Pietro Spellini -. Colpa anche di varietà importate da altri Paesi che mal si adattano al nostro clima caldo umido, con il risultato di un aumento delle malattie funginee. La grande distribuzione non aiuta, obbligando a cogliere i frutti ancora acerbi, con il risultato che non maturano e marciscono”. Il problema non è solo delle pesche: “Anche i kiwi sono colpiti da anni dalla batteriosi e pure le mele, anche a causa dell’embargo russo, hanno visto nell’ultimo anno un espianto progressivo delle piante. Con il dimezzamento dei frutteti il sistema rischia di non reggere più. Al mercato della frutta è connesso un indotto notevole, che va dalla distribuzione all’imballaggio. Bisogna cominciare a porsi il problema e trovare soluzioni per salvare questa parte importante della nostra economia”.

                       

                      Cosa fare? Una strada ineludibile, secondo Spellini, è il ritorno alla sperimentazione, che dia risposte sia sulle varietà più utili da coltivare, sia sulla lotta ai parassiti e ai funghi. “Dobbiamo seguire le tracce di Regioni come il Trentino-Alto Adige, il Piemonte, l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia – dice il vicepresidente -, che hanno costituito fondazioni che svolgono attività di ricerca applicata e sperimentazione in agricoltura a favore delle aziende locali. I risultati si vedono, perché le loro colture soffrono meno delle nostre. Noi dobbiamo fare lo stesso, con una fondazione che sperimenti tecnologie innovative e varietà che rispondano alle esigenze di qualità e produttività chieste dal mercato“.

                       

                      La sede, ricorda Spellini, c’è già: è quella dell’istituto sperimentale di frutticoltura di San Floriano, in Valpolicella, che la Provincia ha chiuso nel dicembre scorso mettendo all’asta la sede. Un patrimonio importantissimo per Verona, portato avanti fino all’ultimo dal compianto agronomo Gino Bassi, che non va assolutamente disperso: “Per la viticoltura ci sono già soggetti locali che si tanno muovendo molto bene – fa presente Spellini. – Per la frutticoltura serve un progetto di rilancio dedicato, che torni a svolgere attività di sperimentazione su piante e varietà. Perciò lancio un appello a soggetti pubblici e privati, perché uniscano le forze come è stato fatto, ad esempio, per il Consorzio di ricerca di Cuneo, che vede tra i soci la Regione, due Province, la Camera di Commercio, le comunità montane e organizzazioni private locali. La Regione Veneto e fondazioni importanti si mettano in gioco per sostenere la nostra frutticoltura, altrimenti destinata alla scomparsa”.