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                      Allerta idrica in tutto il Nord Italia (e non solo). Il fiume Po registra portate inferiori del 40%, -60% se si analizzano gli affluenti. Crisi idrica che si estende dal Piemonte all’Emilia Romagna, dove l’acqua salata dell’Adriatico sta risalendo lungo il Delta del Po. A lanciare l’allarme è l’Osservatorio sulle crisi idriche, che si è riunito i primi di marzo in seno all’Autorità distrettuale del Fiume Po- ministero transizione ecologica. Un’emergenza causata da un inverno caldo e arido, caratterizzato dal perdurante della mancanza di neve, pioggia, ma anche della “grave aridità” dei suoli e del progressivo impoverimento delle falde sotterranee

                      Dalla Redazione 

                      siccità po

                      Grave siccità idrologica su tutto il distretto del fiume Po: a lanciare l’allarme è l’osservatorio permanente sulle crisi idriche (composto da tutte le istituzioni e i portatori di interesse del Po) che si è riunito nei primi di marzo nella sede dell’Autorità distrettuale di bacino di Parma, e che sottolinea come su tutto il distretto del Po persiste una situazione “di severa siccità idrologica“, con portate inferiori del 40% rispetto alla media del periodo nelle sezioni del “grande fiume” e fino al 60% in meno negli affluenti.

                      A febbraio, viene evidenziato, le piogge sono cadute “in modo scarso e disomogeneo e non hanno apportato ristoro e miglioramenti sostanziali”, mentre le temperature medie hanno registrato aumenti fino a 3 gradi, che caratterizza questo come un inverno del tutto anomalo e il secondo più caldo degli ulti 40 anni.  Per l’Emilia-Romagna è l’inverno più secco degli ultimi 9 anni, con precipitazioni ridotte di circa il 60%. Anche il contributo generalmente offerto dalla neve si è dimostrato assai risicato su tutti i rilievi alpini azzerando o quasi tutte le scorte disponibili.

                      Su tutta l’asta del fiume Po, fa sapere l’Ente, persiste una marcata siccità idrologica invernale: dall’inizio dell’anno le portate (in tutte le stazioni di misurazione) sono sempre rimaste sotto le medie. A febbraio, nelle stazioni di Piacenza l’indice SFI (deficit di portata) si è rilevata una condizione di “estrema siccità idrologica”, causata dalla mancanza dei contributi lacuali di valle che, seppur minimi, hanno sostentato il Grande Fiume in assenza delle precipitazioni. Condizione di siccità che sta man mano colpendo anche le altre stazioni lungo il corso del Po. La sezione di chiusa a Pontelagoscuro, ad esempio, misura ad oggi 683 m3/s, di fatto prossima alla prima soglia di allerta, con una portata ridotta del -40%.

                      Un livello del Po talmente basso e che l’acqua salata dell’Adriatico è risalita per 15 chilometri verso la montagna: un fenomeno chiamato “risalita del cuneo salino” e accaduto anche gli scorsi anni (nel 2006 il cuneo salino risalì di 30 km per 50 giorni). Si tratta di uno dei più grandi nemici più grande dell’agricoltura. La risalita del cuneo salino infatti contamina le falde e nelle situazioni più gravi rende l’acqua inservibile a fini potabili e per l’irrigazione di terreni che, peraltro, essendo caratterizzati dalla forte componente sabbiosa, facilitano l’infiltrazione di acqua salata. Se non piove, quindi, si preannunciano grossi problemi per l’agricoltura ma anche per l’acqua potabile, che potrà subire razionamenti. Alla siccità si aggiunge anche il problema dei rincari energetici, visto che la scarsità d’acqua utilizzata per la produzione di energia idroelettrica potrebbe diventare un’aggravante.

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                      Per contrastare la risalita dell’acqua salata, alla foce del Po di Tolle, uno dei tanti Po che formano il Delta, hanno già calato le barriere antisale in quanto il tasso di salinità rilevato dalle centraline ha fatto scattare l’allarme. Non sono chiuse totali, non è il Mose, bisogna preservare la navigazione, però è l’unico sistema utile, progettato negli anni ’80 quando la portata minima del Po era 500 metri cubi al secondo, misurati a Pontelagoscuro (FE). Nel 2006 si si è raggiunto un record negativo di 189 metri cubi al secondo: quello che si teme quest’anno. Adesso ci si attesta alla prima soglia d’allarme, ovvero 600 metri cubi al secondo, anche perché ora non si irriga a regime, ma appena il Piemonte, la Lombardia e l’Emilia Romagna cominceranno ad attingere in maniera massiva per l’irrigazione il livello scenderà vertiginosamente. Il 18 marzo verrà così fatta un’assemblea in cui si lavorerà nell’ottica delle restrizioni nei prelievi per irrigare a turni, secondo dei calendari, ha fatto sapere Adriano Tugnolo, presidente del Consorzio di bonifica, come riporta La Repubblica.

                      Da qui l’appello del segretario dell’autorità di bacino distrettuale del fiume Po Meuccio Berselli, che lancia una serie di proposte “operative” da attuare quanto prima. “Invasi dove serve, riuso delle acque depurate, maggiore disponibilità nell’attuare il principio di sussidiarietà tra territori superando intelligentemente i localismi e i confini amministrativi e attuazione delle migliori tecniche dell’agricoltura di precisione. Si tratta – aggiunge Berselli – di step progressivi di una comune tabella di marcia senza la quale la situazione è destinata a peggiorare notevolmente procurando ripercussioni ambientali ed economiche”.

                      Il problema, come dicevamo, non interessa solo il delta del Po o l’Emilia Romagna. Anche il Piemonte, come altre regioni d’Italia, deve fare i conti con una siccità che possiamo definire cronica. Secondo le misurazioni dell’Arpa Piemonte, il mese di gennaio 2022 è stato il quarto più secco degli ultimi 65 anni, con una media d’acqua caduta al suolo, stando ai dati misurati da tutte le centraline presenti sul territorio, di 4,8 millimetri, cioè il 90/95% in meno rispetto agli standard attesi in questo periodo. Durante tutti i mesi invernali il Piemonte ha registrato ben 85 giorni senza piogge e oltre il 60% in meno di precipitazioni nevose. Tanto che il lago di Ceresole (To), il bacino artificiale situato nella valle Orco, oggi ha un’aspetto lunare. L’invaso della diga dell’Iren di Ceresole, infatti, che ha una capacità di 35 milioni di metri cubi d’acqua, quasi due chilometri quadrati, e utilizzato per produrre energia pulita, di fatto è prosciugato.

                      Oltre al Po, altri fiumi presentano situazioni gravi, come il Tanaro e Stura di Demonte, classificati in “siccità estrema”. Quello che più preoccupa è che la neve caduta sulle Alpi nei mesi scorsi è stata pochissima. Se continua così, quando in primavera arriverà il disgelo, non ci sarà neve disponibile per rifornire corsi d’acqua e laghi. Siccità grave che sta colpendo con durezza il nord Italia, ma anche la Spagna e il Portogallo, dove i bacini idrici si svuotano riportando alla luce Paesi che erano stati inondati. Anche lì, nei mesi di gennaio e febbraio 2022 la neve sulle montagne è praticamente scomparsa: dal Sistema Centrale alla Cordigliera Cantabrica, ritirandosi anche dai Pirenei.

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