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                      La dieta Planeterranea è un nuovo modello alimentare che contiene tutti i principi della dieta Mediterranea, ma è applicabile in qualunque parte del mondo. Si basa infatti sul consumo di cibi autoctoni alternativi a quelli mediterranei ma equivalenti dal punto di vista nutrizionale e salutistico, nonché più economici per chi dovrà acquistarli e più in linea con le tradizioni produttive e culturali del luogo. Una dieta all’insegna della massima sostenibilità, dunque, che oltre a esportare a livello globale i principi alla base delle sana alimentazione permette di rispettare il più possibile il criterio del chilometro zero

                      Dalla Redazione

                      Avocado, papaya, banane verdi e bacche di andaçaí in sostituzione dell’olio Evo, in Sud America. In Africa centrale la manioca e il teff possono prendere il posto dei cereali integrali. Le proteine fornite da carne, pesce, uova e latticini trovano invece una valida alternativa in prodotti subtropicali come i fagioli pinto e l’okra, oppure orientali come le macroalghe marine, in particolare wakame, e la spirulina. C’è una nuova cultura alimentare che sta emergendo e che mira a fare della dieta Mediterranea uno stile alimentare adottabile a livello globale, anche in quei Paesi in cui certi prodotti per ragioni climatiche e culturali non si trovano. Come? Adattando la tipica “piramide alimentare” della dieta di cui l’Italia è portabandiera – ma anche gli altri Paesi del Mediterraneo come Cipro, Croazia, Grecia, Portogallo, Spagna e Malta – agli ingredienti disponibili (e culturalmente ammessi) nel Paese che dovrà adottarla.

                      Ecco allora che nasce la dieta “Planeterranea”, un nuovo regime alimentare che include nel proprio modello di base i cibi autoctoni alternativi a quelli mediterranei ma equivalenti dal punto di vista nutrizionale e salutistico, nonché più economici per chi dovrà acquistarli e più in linea con le tradizioni produttive e culturali del luogo di riferimento. Si tratta di un progetto di ricerca elaborato dalla Cattedra Unesco di Educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile dell’Università Federico II di Napoli, presentato sulle pagine della rivista Nature Italy.

                      La dieta Planeterranea vuole quindi individuare, in ogni paese del mondo, alimenti paragonabili a quelli previsti dalla dieta Mediterranea, con caratteristiche nutrizionali simili. Ecco allora l’olio di canola e le noci pecan, disponibili in Canada, preziose fonti di acidi grassi monoinsaturi e fitosteroli. Il sesamo e la soia dell’Asia contengono invece composti bioattivi e sostanze antiossidanti, mentre la noce di macadamia in Australia presenta attività antiossidante e antinfiammatoria. Senza escludere la gran varietà di vegetali disponibili a diverse latitudini, dal Sud-Est asiatico o in America Latina, tra cui la prugna di Davidson, la bacca di pepe, il finger lime, e il bush tomato, ricchi di flavonoidi, vitamine e minerali. Alimenti funzionali e nutraceutici – in altre parole superfood – con contenuti nutrizionali e caratteristiche simili a quelli tipici della Dieta Mediterranea, capaci dunque di apportare all’organismo gli stessi benefici.

                      “La dieta Mediterranea, patrimonio Unesco dal 2010, rappresenta la migliore soluzione per proteggere la salute dalle malattie croniche non trasmissibili come tumori, malattie cardiovascolari e neurodegenerative – ricorda Annamaria Colao, professoressa di Endocrinologia all’Università Federico II di Napoli e titolare della Cattedra Unesco sull’educazione alla salute e allo sviluppo sostenibile, come riporta sul suo sito la Fondazione Umberto Veronesi -. Chi vive nelle aree urbane, purtroppo, presenta spesso una scarsa qualità della dieta con abuso di alimenti processati e ad alto indice glicemico, ricchi di zuccheri e grassi che predispongono a vere e proprie epidemie di obesità, malattie metaboliche, come il diabete, ed eventi cardiovascolari. Con una dieta Planeterranea ben calibrata si possono sfruttare le medesime caratteristiche benefiche date dalla stessa dieta Mediterranea”.

                      Non solo salutare: la dieta Mediterranea rappresenta anche un modello alimentare all’insegna della sostenibilità. Si basa, infatti, sul consumo di prodotti freschi, di stagione e a chilometro zero, utilizzando alimenti consumati nello stesso paese in cui vengono prodotti. “Se riuscissimo a compiere l’operazione culturale di esportazione di questo modello anche in altri paesi del mondo, renderemmo l’alimentazione sempre più sostenibile – prosegue la professoressa Colao -. Se vogliamo preservare il nostro pianeta e le nostre risorse naturali, dobbiamo cominciare a valorizzare quello che ogni paese possiede nel proprio territorio. Le esportazioni non vanno certo demonizzate e qualche prodotto proveniente da altre zone può essere certamente integrato, ma non costituire il fulcro della nostra dieta”.

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