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                      Esselunga chiarisce: «Il taglio prezzi non lo pagheranno i piccoli fornitori»

                      Esselunga
                      Sta facendo discutere la nuova strategia commerciale di Esselunga per difendere il potere di acquisto dei consumatori. Una strategia che è anche di comunicazione, dato che l’operazione “Il carovita sale? Noi abbassiamo i prezzi.” è pubblicizzata su larga scala dal leader italiano della grande distribuzione. Ma come può Esselunga abbassare i prezzi di 1.500 prodotti tra il 4 e l’8%, e al contempo non alzare i prezzi di tutti i prodotti in assortimento, in un periodo di forte rincaro delle materie prime con l’inflazione che a ottobre è arrivata a superare il 4% in Europa e il 6% in Usa? Gabriele Villa: “Questa politica non graverà sui piccoli produttori, siamo disposti a investire 140 milioni di euro per calmierare i prezzi, ci aspettiamo che tutta l’industria ci segua”

                      di Eugenio Felice

                      Esselunga

                      Esselunga: il reparto ortofrutta dello store di Genova

                      Stiamo vivendo un periodo turbolento, caratterizzato dal rialzo prepotente dei prezzi delle materie prime, che in alcuni caso hanno raddoppiato o triplicato, con l’inflazione che sta andando verso livelli preoccupanti: in ottobre ha raggiunto il 4,1% (su base annua) in Europa e il 6,2% (su base annua) in Usa, il livello più alto degli ultimi 30 anni (leggi news). Diversi analisti sostengono che il peggio debba ancora arrivare e che nei prossimi mesi potremmo assistere alla mancanza sugli scaffali di alcuni prodotti, perché le materie prime non solo sono molto care ma iniziano anche a scarseggiare, per diverse aziende sarebbe più conveniente pagare le penali per la mancata fornitura che fornire prodotto in perdita e se mancano alcune componenti salta tutto il processo produttivo.

                      In questo scenario quasi apocalittico, Esselunga ha varato il 10 novembre la campagna “Il carovita sale? Noi abbassiamo i prezzi.”, a difesa del potere di acquisto del consumatore finale. Una campagna continuativa, che non si esaurirà in poche settimane. Nella campagna, promossa su larga scala, si specificano due cose: la prima è il taglio dei prezzi tra il 4% e l’8% su 1.500 prodotti, quasi tutte le categorie merceologiche più acquistate, dalla pasta al riso, all’olio, fino ai prodotti per l’igiene; la seconda è che non verrà aumentato il prezzo di nessuno dei prodotti in assortimento. Una scelta di campo forte, che sta facendo discutere, perché qualcuno il conto alla fine lo deve pagare e il rischio è che lo paghi l’anello commercialmente più debole. Nel caso della filiera agroalimentare, i piccoli produttori, quelli che lavorano nei campi.

                      Esselunga: la campagna “Noi abbassiamo i prezzi”

                      Abbiamo quindi chiesto delucidazioni a Esselunga, che prontamente ci ha risposto, con argomentazioni riportate peraltro su CorrierEconomia del 15 novembre. “L’aumento dei costi è un dato oggettivo, come pensa Esselunga di poter garantire ai suoi clienti prezzi senza variazioni al rialzo o addirittura in ribasso? A spese dei fornitori o riducendo i propri margini?“, abbiamo chiesto. Questa la risposta: “L’azienda ha scelto di rinunciare a una parte del proprio margine auspicando che anche gli altri operatori della filiera e, nello specifico la grande industria, vogliano collaborare a vantaggio del consumatore, avviando uno sforzo comune. La scelta è di non gravare sui piccoli produttori: Esselunga da sempre ha attuato partnership durature e virtuose con i propri fornitori”.

                      Gabriele Villa, direttore generale di Esselunga, ha spiegato che il gruppo presieduto da Marina Caprotti è disposto a investire 140 milioni di euro per sostenere la politica “Il carovita sale? Noi abbassiamo i prezzi.” “Siamo disposti a rinunciare a parte del nostro margine – ha precisato Villa – perché questa iniziativa tocca prodotti di larghissimo consumo che producono molto fatturato e quindi lo sforzo è più grande. Se si alzano i prezzi, i fatturati rischiano comunque di calare. Ora vorremmo che tutta l’industria ci seguisse, in special modo quella grande, avviando uno sforzo comune. L’industria ha delle scorte perché si fanno approvvigionamenti anche un anno prima. Si può lavorare su questi aspetti in attesa che passi questa fiammata inflazionistica, peraltro non sempre motivata, auspicabilmente transitoria”.

                      I “piccoli” fornitori di ortofrutta possono quindi stare tranquilli e più di uno ci ha confermato che, nonostante i prezzi a scaffale siano rimasti invariati, Esselunga ha accettato il rialzo dei listini senza opporre resistenza, confermando in sostanza quanto dichiarato da Villa e quindi riducendo la sua marginalità. Lo “sforzo comune” viene chiesto alle multinazionali dell’alimentare e dell’igiene personale, come Ferrero Spa che ha utili da 220 milioni di euro (esercizio 2020) o Barilla Group che ha utili per 350 milioni di euro (esercizio 2020) per non parlare delle multinazionali come Nestlé che ha utili di 11,2 miliardi di euro (esercizio 2020) o Procter & Gamble che ha utili di 14,3 miliardi di dollari (esercizio 2020) o ancora Danone che ha utili di 2 miliardi di euro (esercizio 2020). Di cosa stiamo parlando?

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