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                      Inflazione da record: in USA raggiunge il 6,2%, in Europa il 4,1%

                      abstract blur in supermarket for background

                      Negli Usa l’inflazione ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 30 anni e con un +6,2% viaggia al di sopra delle stime. Rincari in tutti i prodotti alimentari, soprattutto per le carni e quegli alimenti tipici delle imminenti festività (dal Ringraziamento al Natale). Anche in Europa l’inflazione è più alta di quanto stimato, tanto da raggiungere a ottobre un +4,1%, il massimo storico degli ultimi dieci anni. Il forte aumento dell’inflazione è dovuto principalmente all’impennata dei prezzi dell’energia, ma sembra anche collegato a un’ampia serie di aggiustamenti economici post-pandemia, il che fa sperare che si tratti di cifre si alte, ma transitorie

                      Dalla Redazione

                      inflazione

                      Copyright: Freepik

                      Negli Stati Uniti l’inflazione è salita in ottobre più di quanto annunciassero le previsioni, registrando un +6,2%: si tratta dell’aumento più alto degli ultimi 30 anni, a riferirlo, mercoledì 10 novembre, è stato il Bureau of Labor Statistics (BLS) degli Stati Uniti. Inflazione che ha registrato ad ottobre un incremento dei prezzi medio dello 0,9%, in aumento sul +0,4% registrato a settembre. I numeri dell’inflazione di ottobre negli USA, più alti di quanto gli economisti si aspettassero, evidenziano così la crescente pressione finanziaria che i consumatori stanno affrontando. A questo si aggiungono le festività alle porte, oltre al perdurare della pandemia, anche se in modo differente grazie all’avvio della campagna vaccinale.

                      Nel complesso, i prezzi degli alimentari, compreso il cibo consumato fuori casa, sono aumentati dello 0,9% su base mensile in ottobre e del 5,3% su base annua. Tutto questo in un momento in cui gli americani sono alle prese con numerose festività. Da Halloween appena trascorso al giorno del Ringraziamento (che quest’anno cade il 25 novembre), per non parlare delle festività natalizie ormai alle porte. Ecco quindi che carne, pesce e uova, alimenti molto utilizzati nelle ricette per le feste, vedono un rialzo dell’11,9%. Nello specifico per il manzo si parla di un rialzo del 20,1%, mentre il maiale si registra un +14,1% (si tratta del rincaro più alto mai registrato da dicembre del 1990). Rialzi, anche se più modesti, si registrano per i latticini e correlati (+1,8%) e per le bevande analcoliche (+4,5%). Dati che non fanno altro che aumentare la già alta insoddisfazione dei consumatori, anche se le grandi catene di distribuzione stanno cercando di mettere in atto iniziative volte ad assorbire di più i costi dell’inflazione per non gravare sui clienti. Ad esempio, Aldi ha annunciato che venderà tutti gli ingredienti tipici per preparare la famosa cena del Ringraziamento per 10 persone a meno di 30 dollari.

                      Gli economisti si aspettano comunque un rallentamento dei tassi d’inflazione il prossimo anno. In un rapporto pubblicato il 25 ottobre, l’Economic Research Service dell’USDA ha infatti fatto sapere che prevede che l’inflazione dei prodotti alimentari di uso domestico salirà dall’1,5% al 2,5% nel 2022, meno rispetto all’aumento dal 2,5% al 3,5% che si prevede per quest’anno.

                      E in Europa? Dopo diversi anni di bassa inflazione, la forte ripresa dell’attività economica nell’UE e in molte economie avanzate è stata accompagnata da una ripresa dell’inflazione superiore alle previsioni, tanto da raggiungere il massimo storico degli ultimi dieci anni, come fa sapere il report sulle previsioni autunnali 2021 dell’Unione Europea.

                      L’inflazione annua nella zona euro è salita dal negativo -0,3% nell’ultimo trimestre del 2020 al 2,8% nel terzo trimestre del 2021. Il dato di ottobre è pari al 4,1%, un tasso raggiunto una sola volta da quando è iniziata la pubblicazione dei dati sull’inflazione nella zona euro, nel 1997. Questo forte aumento dell’inflazione è dovuto principalmente all’impennata dei prezzi dell’energia, ma sembra anche collegato a un’ampia serie di aggiustamenti economici post-pandemia, il che indica che gli attuali livelli elevati sono in larga misura transitori. Si prevede che l’inflazione nella zona euro raggiungerà il picco del 2,4% nel 2021, per poi scendere al 2,2% nel 2022 e all’1,4 % nel 2023, poiché i prezzi dell’energia dovrebbero gradualmente stabilizzarsi.

                      Se si guarda invece nello specifico all’Italia, questa vedrà passare l’inflazione dall’1,8% al 2,1% nel 2022. La commissione europea inoltre ha alzato le stime di crescita per l’Italia che prevede per il 2021 il Pil a +6,2%. Anche in Italia, come negli Stati Uniti, la GDO si sta muovendo per aiutare i propri clienti di fronte al carovita. Esselunga, ad esempio, ha deciso di abbassare i prezzi dei suoi prodotti, invitando la clientela a confrontarli (leggi qui). “Essere un’impresa della grande distribuzione vuol dire anche avere una responsabilità nel quotidiano dei nostri clienti – si legge in un annuncio pubblicato dall’azienda -. In un momento come questo, in cui la tensione sul costo delle materie prime, dell’energia e dei trasporti sta avendo effetti negativi sui prezzi, noi ci schieriamo affinché il carovita non influisca sulla tua spesa di tutti i giorni. Per questo motivo ci impegniamo ad andare controtendenza, abbassando i nostri prezzi. Ti invitiamo a confrontarli”.

                      Restano comunque molto elevati l’incertezza e i rischi che circondano le prospettive di crescita. In fatti, sebbene l’impatto della pandemia sull’attività economica si sia notevolmente indebolito, il Covid-19 non è stato ancora del tutto sconfitto e la ripresa dipende fortemente dalla sua evoluzione, sia all’interno che all’esterno dell’UE. Alla luce della recente impennata dei casi in molti Paesi, non si può escludere – sottolinea l’Unione Europea – la reintroduzione di restrizioni che incidono sull’attività economica. Nell’UE questo rischio è particolarmente importante negli Stati membri con tassi di vaccinazione relativamente bassi.

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