di Carlotta Benini
Torino da giorni è rimasta orfana di Foodora, il servizio di consegna a domicilio dei menù cucinati nelle trattorie e nei ristoranti della città. Dal pomeriggio di sabato 8 ottobre i riders che consegnano a domicilio i pasti caldi sono infatti in protesta contro la start up tedesca per le condizioni contrattuali precarie e la scarsa retribuzione a cui sarebbero sottoposti. Lunedì 10 ottobre sette portavoce della delegazione di lavoratori appostata davanti alla sede torinese dell’azienda si sono confrontati con gli amministratori delegati di Foodora Italia, Gianluca Cocco e Matteo Lentini. Nell’incontro in conference call hanno presentato le loro rivendicazioni: aumento della paga, eliminazione del co.co.co. e del cottimo, contributi sulla manutenzione delle bici. Al termine della chiamata, i lavoratori si sono dichiarati pronti a proseguire nella loro protesta fino allo stop totale del servizio, estendendo il presidio anche a Milano, a meno che l’azienda non accolga le richieste avanzate entro giovedì 13 ottobre.
Fra i lavoratori in protesta contro Foodora ci sono anche molti studenti universitari e giovani neolaureati, che lamentano anche condizioni di lavoro ai limiti dell’impossibile. “Ci fanno pedalare a tempi record, anche sotto la neve”, è una delle testimonianze riportate da un articolo sul Corriere della Sera. Eppure le cose non vanno male per la start up tedesca, che nel nostro Paese spegne una candelina e che in un solo anno ha aumentato i propri ordini del 75% ogni mese. Attualmente Foodora opera a Torino, dove i riders sono oltre 200, e a Milano, e la particolarità sta nel servizio su due ruote rosa: la consegna avviene infatti in bici e l’ordine può partire direttamente online, scaricando l’app oppure sul sito. La gamma a disposizione è variegata: si va dalla cucina asiatica alla cucina italiana, da quella al vapore ai piatti bio. A livello internazionale i corrieri di Foodora – riporta un articolo di Wired in soli due anni, hanno coperto 295 mila chilometri: in proporzione, è come se girassimo nove volte intorno alla terra, rigorosamente su due ruote.
Numeri strabilianti? Un fattore preciso c’è, dietro queste performance da record, ed è la crescita esponenziale dell’home delivery, food in primis. Un settore che, sempre secondo Wired, in Italia vale 400 milioni di euro. Guardando al prossimo triennio, la stima sul giro d’affari delle consegne a domicilio di pasti e prodotti alimentari si fa ancora più sostanziosa: si parla di 90 miliardi di euro.
Il settore tira dunque, e mentre Foodora è al centro delle proteste per lo sfruttamento dei giovani lavoratori, ch’è anche chi, al contrario, assume: stiamo parlando di Just Eat, l’azienda danese leader dell’online food delivery, presente in 15 Paesi con 64 mila ristoranti affiliati e un fatturato di 248 milioni di sterline. In Italia ci sono 4.800 ristoranti affiliati a Just Eat, oltre 400 comuni serviti in 19 regioni e un incremento di clienti nell’ultimo anno pari al 200%. Il trasporto del cibo avviene attraverso gli scooter e bici. Forte di questa ascesa nel panorama del cibo a domicilio, l’azienda ha deciso di incrementare il suo personale (che in Italia conta 90 persone) del 15% entro la fine dell’anno.
Parlando sempre di home delivery, da InPost arriva una nuova soluzione tecnologica per avviare la sperimentazione sull’e-commerce di ortofrutta. Nato in Polonia nel 2006, InPost è un sistema di sportelli automatici (“locker”) di ritiro e raccolta pacchi, che funziona con un meccanismo simile a quello degli sportelli bancomat. Il gruppo polacco titolare del servizio oggi conta 10 mila dipendenti in tutto il mondo e migliaia di macchine-deposito: solo in Italia se ne contano 350.
Entro tre mesi InPost Italia farà partire la sperimentazione per il servizio di consegna di acquisti di frutta e verdura effettuati online con delivery machines posizionati all’esterno di alcuni supermercati. La sperimentazione partirà da Milano e coinvolgerà alcuni punti vendita Simply. Se ne è parlato lunedì 10 ottobre a Cesena, presso l’azienda di logistica MWM “Montalti Worldwide Moving”, in occasione del taglio del nastro di un nuovo “locker” (la delivery machine, appunto) che al momento funziona per i pacchi convenzionali acquistati online, ma dai prossimi mesi potrebbe essere affiancato da un box refrigerato per il fresco. In pratica l’utente che fa la spesa on line, potrà poi ritirarla presso uno dei depositi esterni di InPost. Ogni ordine ha una propria casella, che si apre tramite codice o tessera personale. L’ordine, come riporta anche un articolo su CesenaToday, deve essere ritirato entro 72 ore, dopo questo termine la merce viene rispedita al mittente.
Dove sta l’innovazione di questo nuovo servizio? Sta nel fatto che la consegna della spesa effettuata online tramite tradizionale corriere non è sempre cosa semplice, se parliamo di prodotti freschi. I temi si possono allungare per via del traffico o delle tappe programmate e a volte attendere a casa frutta e verdura può richiedere più tempo che andarle a prendere da soli al supermercato. Questa nuova opzione permette invece al cliente di ritirare in autonomia la spesa davanti al supermercato. O, ancora meglio, in una posizione strategica come quella inaugurata a Cesena, presso l’azienda di logistica MWM, un deposito sicuro e comodo, facilmente raggiungibile e collegato alle principali viabilità, punto unico di raccolta per chi fa acquisti online nel territorio.
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