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                      Forlì, arresti per caporalato. Bellanova: “Si conferma l’efficacia della legge”

                      Quattro le persone arrestate a Forlì nell’ambito di un’inchiesta sul caporalato. L’operazione, condotta dalla squadra mobile della Questura e d’intesa con l’Ispettorato del lavoro e l’Inail, ha portato in carcere due 22enni e due 44enni, tutti pakistani. I quattro indagati hanno organizzato “una vera e propria organizzazione criminale” in cui si reclutavano direttamente i lavoratori pagati 50 euro al mese, con forme di intimidazione per quelli che esprimevano la volontà di rivolgersi ai sindacati per far valere i propri diritti, per poi individuare i committenti, ora indagati. I quattro avevano anche costituito due ditte individuali poi risultate fittizie che avevano sede in casolari abbandonati. “Ancora una volta si conferma l’efficacia della legge contro il caporalato, una legge giusta e necessaria, se vogliamo mettere in ginocchio l’illegalità nelle nostre campagne”, afferma la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova

                      Dalla Redazione

                      caporalato

                      Paghe da fame, minacce, ore e ore di lavoro nei campi senza la possibilità di mangiare o andare in bagno. È stata un’indagine della squadra mobile coordinata dal pm Rago a scoperchiare “una vera e propria organizzazione criminale” guidata da quattro ‘caporali’ pakistani, due 44enni e due 22enni, ora detenuti in carcere in Romagna, Carpi e provincia di Treviso.

                      Cinquanta euro al mese per lavorare nei campi fino a 80 ore a settimana. Così venivano sfruttati 45 richiedenti asilo da un’organizzazione i cui capi sono ora in arresto. Ancora una volta si conferma l’efficacia della legge contro il caporalato, una legge giusta e necessaria, se vogliamo mettere in ginocchio l’illegalità nelle nostre campagne” interviene la ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova in merito all’operazione contro il caporalato condotta nella provincia di Forlì, in Emilia Romagna. Come riporta l’Ansa, “Si conferma – sottolinea – quello che ripeto in questi giorni: dobbiamo combattere lo sfruttamento di chi è costretto a lavorare per paghe da fame e a vivere in condizioni precarissime. Quando parlo di regolarizzare queste persone, parlo di combattere il lavoro nero, di tutelare tutte quelle imprese che scelgono, e sono la maggior parte, la legalità, di garantire concorrenza leale, di assicurare diritti e dignità. È una sfida di civiltà, giustizia sociale, buona economia che ci interroga tutti. Io non mi tiro indietro”, conclude la ministra.

                      Sono 45 le persone, tutte pachistane e afgane, sfruttate dai quattro ‘caporali’ che li reclutavano nei centri di accoglienza. Così, in qualità di richiedenti asilo non erano soggetti a un’eventuale espulsione dall’Italia. Erano destinati alla raccolta di frutta e verdura e alla potatura di alberi. Veniva promessa una retribuzione oraria di 5 euro netti a fronte di 9,6 euro previsti dalle normative. In realtà incassavano solo 250 euro mensili di cui 200 venivano decurtati per vitto e alloggio, riporta Corriere Romagna.

                      caporalato

                      dal video dell’operazione contro il caporalato. Riprese della Polizia di Stato

                      L’operazione, diretta da Mario Paternoster e condotta dalla squadra mobile della Questura grazie al provvedimento richiesto dal pubblico ministero Francesca Rago, che ha coordinato l’indagine d’intesa anche con l’Ispettorato del lavoro e l’Inail, ha monitorato l’impiego di questi lavoratori in sei aziende agricole di Forlì, Castrocaro (FC), San Clemente (RN), San Giovanni in Marignano (RN) e a Bagnara di Romagna (RA). Proprio in quest’ultimo paese risiedeva la “base operativa” dei caporali, che altro non era che un casolare agricolo abbandonato dove i lavoratori sfruttati venivano ricoverati in condizioni fatiscenti (dei materassi sporchi buttati a terra e servizi igienico sanitari quasi nulli) e isolati. Infatti, spiega Paternoster: “Trovandosi in un’area lontana dai centri abitati vivevano anche nell’isolamento sociale e finivano per dipendere in tutto e per tutto dai caporali”.

                      Come riporta ForlìToday.it, grazie a due società paravento che gli inquirenti definiscono “poco più di una partita Iva stampata su un biglietto da visita”, i quattro ‘caporali’ prendevano in appalto lavori di raccolta di ortofrutta e potatura sia presso coltivatori diretti che società agricole, con ribassi del 30-40% rispetto al prezzo di mercato, in parte in nero. Gran parte del ricavato del lavoro di caporalato finiva in Pakistan mediante ‘money transfer’ per un totale di circa 100 mila euro incassati solo nel periodo di indagine.

                      Denunciati anche i titolari delle aziende agricole in provincia di Forlì, Rimini e Ravenna che dal settembre scorso a gennaio hanno impiegato irregolarmente i lavoratori. Come riporta ForlìToday.it: “Gli indagati ricevevano dai committenti una quota di 12-13 euro netti ad ora per lavoratore rispetto ai 20 che avrebbero dovuto versare per ogni operaio. Cifre ben indicative del “dumping” commerciale nei confronti delle aziende in regola. I lavoratori lavoravano mediamente dalle 60 alle 80 ore settimanali nonostante la contrattazione nel settore agricolo ne preveda un tetto massimo di 44, non disponevano di approntamenti di cantiere, e non era loro consentito espletare durante il lavoro i propri bisogni fisiologici o consumare un pasto in ambiente riparato”. I 45 lavoratori sfruttati dal caporalato sono ora affidati ai servizi sociali del territorio di Ravenna.

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