di Eugenio Felice
“No, personalmente mi interessa di più Madrid, ciao”. Questo il messaggio perentorio e asciutto di un responsabile ortofrutta di un gruppo distributivo lombardo da oltre un miliardo di euro di fatturato, alla nostra domanda se avesse fatto visita o meno a Fruit Logistica 2018. La verità è questa: Fruit Logistica è la più importante fiera mondiale del settore ortofrutta, ci sono stand da oltre 100 mila euro, l’Italia è il Paese più rappresentato con oltre 500 espositori tra le hall 2.2, 4.2 e City Cube – segnale di debolezza, più che di forza, a testimonianza della nostra frammentazione – ma ciò nonostante non ha quell’appeal tale da rappresentare un appuntamento irrinunciabile per la distribuzione moderna italiana. Del resto diciamolo, è difficile fare grandi innovazioni nel fresco dell’ortofrutta, le vere innovazioni ormai stanno dietro al prodotto: si nascondono nelle tecnologie e nelle tecniche colturali, nell’efficienza e nelle aggregazioni.
“Qui non si fa nuovo business e non si incontrano nuovi clienti“, ci confessa il responsabile commerciale di uno dei maggiori gruppi ortofrutticoli italiani, basato in Emilia-Romagna. La fiera cade, del resto, in un periodo di mezzo, quando la campagna della frutta invernale dell’Emisfero Nord volge al termine. Soprattutto in questa annata avara di mele, kiwi e agrumi, che rappresentano, i primi due per volumi, il terzo per potenzialità, i campioni del nostro export invernale. “Sì, incontriamo diversi clienti, con appuntamenti programmati, ma i piani li facciamo a Madrid, quando siamo all’inizio della campagna”, ci spiega il responsabile commerciale di una delle maggiori organizzazioni melicole del Südtirol. E Fruit Attraction, con la sua dimensione più umana, in questo 2018 prova ad innovare togliendo dal calendario il venerdì, giorno solitamente molto impegnato per i gruppi diastributivi, ma aggiungendo il martedì, giorno solitamente scarico.
Cosa possiamo dire quindi di Fruit Logistica? È senz’altro la fiera per eccellenza del settore e quando veniamo via, ogni anno, ci resta un rammarico: due giorni e mezzo sono troppo pochi per sfruttare tutte le opportunità che mette a disposizione la fiera. Quante, delle persone che leggono e che sono state in fiera, hanno avuto la possibilità anche solo di fare un giro veloce per tutti i padiglioni della rassegna? Quindi ecco due suggerimenti: un giorno in più, non sarebbe un azzardo, dato che molte fiere b2b durano anche cinque giorni, in Italia e all’estero. Poi, se lo scopo è portare buyer / compratori ai fornitori di ortofrutta di ogni parte del mondo che espongono in fiera, perché non mostrare soluzioni espositive e tecnologiche per valorizzare il prodotto nel punto vendita? L’ultimo anello della filiera è troppo importante per escluderlo dalla rassegna, troppe volte succede ancora che lo sforzo nella fornitura sia vanificato da una cattiva gestione nel punto vendita.
Copyright: Fruitbook Magazine