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                      Frutta e verdura sono “sexy” e conquistano la prima serata della BBC

                      Frutta e verdura conquistano la prima serata del secondo canale della BBC grazie al primo episodio di un documentario dal titolo “What Britain Buys and Sells in a Day” che registra l’audience maggiore tra i giovani dai 16 ai 24 anni. Protagonista della puntata il mondo dell’ortofutta proposto da diversi punti di vista: trasporti, logistica, import export, ma anche gusti, curiosità e abitudini d’acquisto che possono fare la differenza. Tra gli intervistati anche alcuni produttori inglesi che lavorano per il “dopo Brexit”

                      di Valentina Bonazza

                      BBC Frutta e Verdura

                      (copyright: BBC)

                      Il primo episodio di “What Britain Buys and Sells in a Day” – questo il titolo del documentario e nuova serie televisiva in tre parti andato in onda sul secondo canale della BBC – ha visto i tre presentatori Ed Balls, Ade Adepitan e Cherry Healey analizzare le modalità con le quali il Regno Unito si approvvigiona di prodotti freschi provenienti da tutto il mondo, nonché il potenziale del Paese in fatto di export.

                      Interessante notare come il nuovo programma della BBC sull’import-export di frutta e verdura fresca del Regno Unito abbia attirato il più grande pubblico della fascia d’età 16-24 anni per un documentario della BBC2. “Da questo dato emerge come i ragazzi dai 16 ai 24 anni vogliono sapere tutto su frutta e verdura – ha affermato durante un’intervista l’amministratore delegato di Nationwide/Vitaal Group Tim O’Malley, che ha partecipato al programma. “Le tendenze vegane e vegetariane stanno prendendo sempre più piede, specialmente tra i giovani, e il fatto che il documentario sia stato accolto così bene riflette l’interesse dei consumatori per un’alimentazione sana” conclude O’Malley.

                      BBC Frutta e Verdura

                      (copyright: Darlow Smithson Productions BBC)

                      Come si legge sul sito della BBC, il documentario analizza non solo la logistica e l’import export dell’ortofrutta in Uk ma anche come il cambiamento delle abitudini alimentari nel Regno Unito possano portare a dei grossi cambiamenti economici in altri Paesi. Si parte dal London Gateway – un enorme porto sul Tamigi – attraverso il quale frutta e verdura proveniente da tutto il mondo è in grado di raggiungere gli scaffali dei supermercati del Paese in condizioni ottimali, per arrivare ad alcuni aneddoti rivolti al grande pubblico, per spiegare – per esempio – quanto l’ossigeno sia importante per mantenere fresche le mele.

                      BBC Frutta e Verdura

                      (copyright: BBC)

                      Sono tanti gli spunti di riflessione e di scoperta per i cittadini britannici, che oggi più che mai scelgono di variare la propria alimentazione: scelte di acquisto che finiscono per avere delle conseguenze, anche se non sempre negative, sugli agricoltori di tutto il mondo. Basti pensare al Perù, dove l’ossessione britannica per un’alimentazione sana ha creato un’economia in piena espansione per gli agricoltori di avocado, o agli 11mila acri di serre di un’azienda in Olanda nati per produrre quasi 400mila tonnellate di pomodori all’anno, gran parte dei quali destinati al Regno Unito. O ancora, come riporta un articolo del Guardian, alla Spagna, dove in alcune regioni i produttori coltivano uva dolce e croccante per soddisfare i gusti britannici.

                      Ma cosa è emerso dal documentario? Ecco l’elenco dei sette punti principali stilato da Fruitnet:

                      1. Sexy. L’ortofrutta, in questo momento, viene finalmente considerata in un’ottica diversa e migliore rispetto al solito ritornello “bisogna assumere quotidianamente cinque porzioni di frutta e verdura perché fa bene”, come se fosse un medicinale. Ora frutta e verdura sono diventate importanti, tanto da essere trasmesse in un documentario su BBC2, scavalcando il secondo e il terzo episodio, dedicati rispettivamente ai frutti di mare e alle automobili. “Siamo sexy!” ribadisce così l’amministratore delegato di Nationwide/Vitaal Group Tim O’Malley, che ha partecipato al programma.
                      2. Brexit. Lo spettro della Brexit. Brexit, in questo caso, è come se fosse l’elefante nella cristalleria, e l’industria dei prodotti freschi è probabilmente una delle industrie alimentari che potrebbero essere maggiormente colpite in caso di “mancato accordo”. Nonostante “la parola che inizia con la B” venga menzionata solo due o tre volte durante l’intero programma, la rivelazione che un ritardo di due minuti di un camion in arrivo nel Regno Unito potrà causare fino a cinque ore di ritardo nel Kent è stata una notizia per molti spettatori. “La velocità e la tecnologia saranno vitali per mantenerci alimentati” ha specificato il presentatore Ed Balls (noi ne avevamo parlato qui)
                      3. Moda. Le mode, forse poco sostenibili. In questo caso si è parlato del boom delle vendite di avocado fresco. Il documentario ha infatti sottolineato quanto l’avocado sia un frutto che richiede molta cura e acqua: per produrre 1 kg di prodotto, devono essere utilizzati 600 litri di acqua. Forse non tutti i consumatori ne erano al corrente, chissà se da oggi lo considereranno allo stesso modo.
                      4. Nuovi mercati. I supermercati del Regno Unito – e di conseguenza i consumatori – sembrano non prediligere le mele britanniche dal grosso calibro. Adrian Scripps, tra i produttori leader di mele del Kent, sta quindi cercando mercati alternativi: specialmente in Medio Oriente, dove il mercato potrebbe essere florido. Nonostante l’apparente ritrosia nel parlare di Brexit, qui il riferimento alle possibilità globali che si aprirebbero per l’export UK nel mondo pare piuttosto chiaro: se in Europa (e in Uk) le nostre mele non piacciono nessun problema: a Dubai qualcuno le apprezzerà!
                      5. Import necessario. Al momento del documentario andato in onda sulla BBC, il Regno Unito avrebbe importato frutta e verdura per un valore di 18,8 milioni di sterline da più di 100 paesi, a fronte di 1,4 milioni di sterline esportate. Molti dei contenitori utilizzati per trasportare i prodotti vengono restituiti al punto di origine completamente vuoti. E in molti casi, come nel caso dei pomodori, l’importazione del prodotto appare molto più sostenibile quando ci si approvvigiona da un grande produttore vicino, come i Paesi Bassi. L’autosufficienza per il Regno Unito sembra quindi ancora molto lontana (leggi qui).
                      6.  Marketing & Meteo. In un mercato così dipendente da altre fonti di approvvigionamento, basta una moda passeggera – o un evento meteorologico – per innescare un’impennata della domanda o una grave carenza di offerta in poco tempo. Un esempio significativo – ha spiegato O’Malley nel corso del documentario – è stata la “crisi delle zucchine” del gennaio 2017, causata da un mix esplosivo: una moda salutistica e inaspettata – quella del consumo indiscriminato di zucchine affettate – portò ad un’impennata delle vendite di strumenti affetta-verdure a spirale nel Natale 2016. Nello stesso periodo, condizioni meteo avverse colpirono diverse coltivazioni spagnole portando ad una penuria di zucchine sul mercato britannico: a gennaio bastò un solo tweet di un cliente di Waitrose che si lamentava perché non c’erano zucchine nei punti vendita per mettere in allarme i consumatori, facendo schizzare il prezzo delle zucchine da una media di 4-6 sterline a circa 20-25 sterline a confezione.
                      7. Alla “vecchia maniera”. Nell’epoca dell’Internet of things, Christopher Lee – coltivatore di patate della P. J. Lee & Sons con sede nel Cambridgeshire, intervistato nel corso del documentario – dimostra quanto la competenza “umana” possa fare la differenza nella gestione delle forniture di prodotto. Nonostante la tecnologia stia facendo passi da gigante anche in campo agricolo, Christopher Lee spiega come non abbia bisogno di alcun robot per capire di quanta acqua abbiano bisogno i suoi germogli. Se è vero che i robot stanno arrivando – osserva Fruitnet – forse sarebbe sensato non smettere di tramandare queste conoscenze a qualcuno di “umano”.

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