di Eugenio Felice
“Non è da me scrivere o pubblicare sui social, ma dopo aver aperto il frigo di casa più e più volte, non sono riuscito a trattenermi. Sono anni che vivo (aggiungo nato) nel mondo dell’ortofrutta e ne sono orgoglioso, condivido il progetto “Frutta nelle Scuole“, ma far mangiare frutta di altre nazioni – contro cui non ho nulla – ai miei figli non ci sto. Non aggiungo altro. Come dice il detto, siamo alla frutta. Vergogna, vergogna, vergogna“. È questo il post pubblicato il 29 aprile 2021 su Linkedin, il social network per i professionisti, da Antonio Di Marino, buyer ortofrutta presso Moderna 2020, tra gli operatori leader della grande distribuzione nel Sud Italia, società guidata da Nicola Mastromartino, che è anche il presidente del Gruppo VéGé.
Il programma pubblico Frutta e Verdura nelle Scuole sarebbe anche animato da nobili propositi: l’obiettivo è quello di incoraggiare i bambini della scuola primaria (6-11 anni) al consumo di frutta e verdura e sostenerli nella conquista di abitudini alimentari sane. Ogni anno coinvolge oltre 1 milione di alunni in pressoché tutte le regioni italiane. È finanziato dal Mipaaf – Ministero delle Politiche Agricole e dall’Unione Europea, in collaborazione con il Ministero della Salute, il Ministero dell’Istruzione, il Crea, l’Ismea e la Conferenza delle Regioni. Peccato che finora è stata una storia costellata di polemiche, per via della provenienza estera della frutta e verdura e per la qualità spesso insoddisfacente delle stesse.
Va bene che un programma ministeriale cofinanziato dall’Unione Europea vada a sostegno della produzione della Grecia quando oggi risulta essere disponibile ancora prodotto coltivato in Italia? I coltivatori italiani, indifesi di fronte al commercio globale e anello debole della filiera, non andrebbero sostenuti quantomeno dal nostro Legislatore? Le domande sono legittime e al post su Linkedin di Antonio Di Marino non sono mancati i commenti. A dire il vero non a senso unico. Tra i commenti c’è anche chi, come Giuseppe Bianco di Buyer Crop Science, si lamenta della confezione di kiwi e arance sì di origine italiana ma che per via della qualità “i destinatari dovevano essere i maiali!“, mostrando kiwi poco più grandi di una moneta da 2 euro.
Tra i tanti commenti, per sintesi, ne riportiamo due. “È un post verace ma non lo condivido – scrive Luigi D’Antrassi di Various – i nostri figli, anch’io ne ho due, sono italiani ed anche europei, il non accettare “l’altro” in un Paese con una forte vocazione all’export è fortemente controproducente, nonché probabilmente destinato al fallimento. Immaginiamo allora un bambino danese… cosa dovrebbe mangiare, solo patate, cavoli e qualche mela? Il prodotto italiano ha bisogno di vincere sul mercato non con misure (di alcun tipo) protezionistiche“. Sempre Antonio Di Marino di Moderna 2020 commenta: “Non sono contro l’importazione ma questa operazione tende a non valorizzare i nostri prodotti. Si svalorizza il prodotto italiano, importando dall’estero. Purtroppo davanti al dio denaro, vendiamo la fatica e la dignità di tanti agricoltori. Prendiamo esempio dalla Svizzera“.
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