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                      FutureFarming: al via la biofabbrica da 20 mln grazie alla partnership tra Ca’ Foscari e ZERO

                      Foodtech, biomateriali e biofarmaceutica: questi sono solo alcuni degli ambiti di ricerca di FutureFarming – Innovation Technology Infrastructure, il progetto frutto di una partnership pubblico privata tra l’Università Ca’ Foscari e ZERO. Reso possibile grazie a 10 milioni di fondi ricevuti dal Pnrr e da ZERO, che cofinanzierà il 51% della realizzazione dell’infrastruttura, FutureFarming si pone come un polo di ricerca preindustriale e di trasferimento tecnologico nel settore del future farming con l’obiettivo di attirare progetti e ricercatori da tutto il mondo e creare così ricadute industriali e startup tecnologiche. Il principio alla base è quello di passare dall’estrazione delle risorse alla generazione: quindi disegnare le molecole e svilupparle in colture in strati verticali

                      Di Valentina Bonazza 

                      FutureFarming

                      ZERO Farm (fotografia d’archivio)

                      Prende il via FutureFarmingInnovation Technology Infrastructure, il progetto frutto di una partnership pubblico-privata tra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e ZERO Vertical Farms, società di Pordenone ad alto impatto tecnologico che sviluppa tecnologie proprietarie e brevettate per il vertical farming, specializzata in aeroponica verticale. Il progetto, infatti, è possibile da un lato grazie ai 10 milioni di euro ricevuti dal finanziamento del PNRR e dall’altro grazie a ZERO, che cofinanzierà il 51% della realizzazione dell’infrastruttura (per un investimento da 10 milioni) e ne gestirà in futuro le attività di ricerca, coadiuvata da Ca’ Foscari e da altre Università del Nordest che verranno invitate a far parte del comitato tecnico scientifico dell’iniziativa.

                      Nello specifico, FutureFarming si pone come un’infrastruttura di ricerca preindustriale e trasferimento tecnologico per essere un punto di riferimento a livello europeo nel settore del future farming e attirare progetti e ricercatori da tutto il mondo. L’obiettivo? Creare ricadute industriali e startup tecnologiche. Gli ambiti di ricerca saranno intersettoriali: spazieranno dall’industria del foodtech a quella dei biomateriali, dal benessere alla biofarmaceutica, dall’industria della circolarità alle applicazioni nell’aerospazio. Il principio alla base è quello di passare dall’estrazione delle risorse (ad esempio estrarre il petrolio per fare la plastica) alla generazione: quindi disegnare le molecole e svilupparle in colture in strati verticali. Sostenibilità ambientale ed economica saranno i denominatori comuni di tutti progetti di ricerca. Tutto questo seguirà due linee di sviluppo: da un lato i ricercatori, sostenuti nel creare prototipi e startup, dall’altro le aziende, che chiedono di sviluppare progetti.

                      Dove.

                      Il progetto – che prevede uno showroom aperto al pubblico nella città lagunare – crescerà a Venezia, nell’incubatore di startup all’ex-Herion, alla Giudecca, mentre i laboratori, che hanno bisogno di più di 4.000 mq e necessitano di investimenti per le costose attrezzature (circa 10 milioni di investimenti), si valuta potranno sorgere in aree limitrofe o alla stazione o all’aeroporto. La struttura sarà multifunzionale, in grado di accogliere progetti in più aree tematiche.

                      Come sottolinea in un’intervista al Corriere del Veneto il professore Carlo Bagnoli, rappresentante responsabile dell’iniziativa, il Pnrr prevede investimenti anche al sud, in Sardegna nello specifico, che potrebbe aiutare visto che uno dei limiti del progetto è quello di essere energivoro e il solare potrebbe essere una soluzione.

                      Tempistiche.

                      L’obiettivo, fa sapere Ca’ Foscari, è di partire già a giugno insieme ad altri atenei del Triveneto che faranno parte del comitato scientifico: l’Università Iuav di Venezia, l’Università di Udine e l’Università di Verona (quest’ultima già attiva tra l’altro nel food tech con l’acceleratore FoodSeed di Cariverona e Cdp). Con settembre verrà assunto il team di lavoro e verranno valutati i primi progetti. La struttura multifunzionale con i laboratori sarà completata entro la fine del 2024 per essere poi operativa nel 2025.

                      La struttura multifunzionale diventa così il terzo cantiere per VeniSIA Venice Sustainability Innovation Accelerator, una piattaforma che si pone come acceleratore di progetti innovativi dell’Università Ca’ Foscari Venezia, diretta dal professore Bagnoli e nata per sviluppare, testare e scalare idee imprenditoriali e soluzioni tecnologiche in grado di affrontare il cambiamento climatico e altre sfide di sostenibilità ambientale, economica e sociale, a Venezia come nel resto del pianeta. Entrambe incentrate sulla Deep Tech, VeniSIA e Future Farming condividono obiettivi comuni. Il motto di VeniSIA “Venezia come Città Lab” è un perfetto esempio dell’approccio innovativo del progetto, volto a creare un ecosistema a Venezia che rappresenti un crocevia per la creazione di modelli di business innovativi e sostenibili.

                      Il professor Carlo Bagnoli e la professoressa Tiziana Lippiello, rettrice dell’Università Ca’ Foscari Venezia

                      Il progetto Future Farming ha una dimensione internazionale, come confermato dall’interesse già espresso dalla giapponese Mitsui & Co., una società di trading e investimento globale, dall’Istituto IBISBA di Tolosa e dalla statunitense SynBioBeta. Altri attori industriali sono interessati a commissionare in futuro alla struttura attività di sviluppo e ricerca in molteplici settori quali le biotecnologie e la bioindustria: tra loro Kbio, Officianae Bio, Zoppas Industries, Labomar, Hello Tomorrow, Gruppo Abbi, Vivai Cooperativi Rauscedo e Signify, con Cisco e Dell Technologies come aziende tech.

                      Nello specifico, l’anima di Future Farming è strettamente legata al Deep Tech, noto anche come la quarta onda d’innovazione. Il Deep Tech si fonda sulla convergenza tra diversi ambiti disciplinari (scienza e ingegneria, ma anche design) e tra diversi cluster tecnologici (computazione e cognizione, sensoristica e movimentazione, materia ed energia), allargando il focus dal mondo digitale (solo bit) a quello fisico (bit e atomi). Tra i tanti ambiti di applicazione di questo approccio ci sono la space economy, il quantum computing e, appunto, il future farming.

                      “Future Farming è un esempio delle potenzialità della partnership tra pubblico-privato e rappresenta una grande occasione di innovazione nel settore delle biotecnologie applicate all’agricoltura del futurofa sapere Tiziana Lippiello, rettrice dell’Università Ca’ Foscari Venezia -. Il progetto unisce ricerca, innovazione e interdisciplinarità e dimostra come le nostre università e il nostro Paese abbiano talenti e creatività capaci di incidere nelle grandi sfide globali del nostro tempo”.

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