L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA
                      L'INFORMAZIONE PROFESSIONALE PER IL TRADE ORTOFRUTTICOLO
                      L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA

                      Zero Farms, la vertical farm per la rigenerazione urbana

                      Sono da qualche giorno sugli scaffali dei supermercati Eurospesa di Gruppo Dado Spa di Friuli Venezia Giulia e Veneto le insalate di Zero Farms, progetto della società tecnologica trasversale Zero di Daniele Modesto. Il lancio è frutto di anni di ricerca e sperimentazione di un team multidisciplinare tutto interno all’azienda, volto a creare l’ambiente, i software per vertical farm e le tecnologie ideali per la coltivazione aeroponica (senza utilizzo di terra o substrati, solitamente utilizzati invece nell’idroponica) di insalate, rucola, erbe aromatiche e microgreens confezionate, tutte coltivate – senza uso di pesticidi – nel sito produttivo di Pordenone ricavato da un capannone abbandonato e dalla capacità produttiva di circa 30 tonnellate l’anno

                      di Valentina Bonazza

                      Zero Farms - La vertical farm per la rigenerazione urbana

                      Zero Farms – La vertical farm per la rigenerazione urbana

                      “Questo lancio è la dimostrazione che lo Zero farming, l’approccio innovativo alla coltivazione aeroponica in vertical farm a cui siamo giunti dopo tre anni di studio e sperimentazioni, è la soluzione per democratizzare l’accesso a prodotti di qualità per una fascia sempre più ampia di consumatori“. L’ad di Zero Daniele Modesto spiega così l’ingresso nel mercato italiano dell’azienda di Pordenone specializzata nel vertical farming, ora presente con i suoi primi prodotti sugli scaffali dei supermercati Eurospesa di Gruppo Dado Spa di Friuli Venezia Giulia e Veneto. “Siamo entrati in GDO cominciando con i gruppi locali – ci spiega Daniele Modesto – perché ci serviva per prendere le misure con alcuni processi per noi nuovi, da affinare prima di andare nei gruppi distributivi nazionali”.

                      Ma andiamo con ordine: “Tutto è nato con una mia visita a Expo Milano 2015 – ci spiega Daniele Modesto, biologo molecolare originario di Treviso, ad di Zero -. A colpirmi maggiormente è stato un piccolo cubo di vetro che conteneva delle piantine di basilico disposte su più livelli, illuminate da luci a led: il prototipo embrionale di una vertical farm. Da lì sono risalito all’ideatore e l’ho contattato: era Paolo Battistel, uno dei massimi esperti europei di coltivazione fuori suolo – e oggi supervisore scientifico di Zero –  che mi ha raccontato cos’è il vertical farming. Che il vertical farming sia affascinante e sia una nuova frontiera dell’agricoltura dove c’è spazio per giocarsela è un dato di fatto, ma questo si scontra spesso con l’insostenibilità economica del progetto”. Successivamente Modesto condivide poi la sua idea con Andrea Alessio, titolare di un’azienda che si occupa di fotografia industriale con una forte passione per il prodotto e la gestione dei processi produttivi.

                      Nel 2018 a Pordenone nasce Zero, società tecnologica ad alto impatto. Inizialmente autofinanziata con i primi soci, vede successivamente i primi investimenti di altre realtà industriali eccellenti del territorio. All’inizio del 2021 l’azienda ha fatto il suo ingresso nel mercato nazionale e internazionale dell’agritech con Zero Modular Architecture, una tecnologia hardware-software proprietaria per realizzare in serie, su scala industriale, impianti di produzione in vertical farms: una piattaforma tecnologica trasversale che prevede la combinazione di componenti standardizzati, tutti prodotti autonomamente da Zero, che si assemblano rapidamente in spazi industriali dismessi rigenerati in farm alimentate da energia pulita.

                      Infatti, tra le caratteristiche da sottolineare della vertical farm aeroponica Zero Farms c’è proprio l’idea di utilizzare capannoni dismessi, in un’ottica di riqualificazione urbana degli spazi. “La nostra vertical farm aeroponica – ci spiega Modesto – è studiata per essere una tecnologia flessibile, che si adatta anche ad ambienti pre-esistenti. Ben si allinea quindi ai concetti di rigenerazione urbana e vertical farm in capannoni: un approccio visto in modo molto positivo dalle amministrazioni pubbliche, perché va a far rinascere delle strutture che difficilmente vedranno altrimenti nuova vita. In questo modo, inoltre, siamo anche molto rapidi ed evitiamo di costruire ex-novo con tempi lunghi. Di conseguenza scaliamo anche la capacità produttiva”.

                      Come funziona Zero Farms? La tecnologia di coltivazione aeroponica in vertical farm di Zero – messa a punto dal team italiano multidisciplinare composto da una ventina di professionisti tra cui agronomi, ingegneri e sviluppatori di software – consente di evitare completamente l’utilizzo della terra o di altri substrati, un comune vettore di malattie e contaminazioni, facendo a meno dei pesticidi. “Ci basta semplicemente un supporto fisico – prosegue Modesto – per sostenere le piante, i nutrienti le piante lo traggono dall’acqua, dove sono disciolti micro e macro elementi, e poi interviene il processo di fotosintesi. Di conseguenza siamo più sostenibili perché a ogni ciclo di produzione non abbiamo scarti ma ci rimane solo la parte radicale della pianta, organico, che stiamo anche pensando di riutilizzare”.

                      “Quanto al consumo di acqua – spiega – ne impieghiamo oltre il 95% in meno rispetto all’agricoltura tradizionale perché ricicliamo quella che le piante non assorbono, la purifichiamo e la immettiamo nuovamente nel ciclo, a cui si somma un risparmio del 100% dell’acqua di lavaggio perché non abbiamo la necessità di lavare i prodotti che raccogliamo”. “Infatti, le insalate Zero Farms confezionate direttamente dopo la raccolta, non vengono sottoposte allo stress del lavaggio – sottolinea Modesto – per questo non voglio definirli e non sono prodotti di IV gamma, anche se sono imbustati, perché appunto non laviamo il nostro prodotto in quanto cresce in un ambiente completamente controllato e pulito. Non lavandoli il prodotto dura di più: la shelf life è quindi superiore rispetto al convenzionale o al biologico”.

                      La gamma iniziale di prodotti Zero Farms presenti a scaffale sono: insalate monovarietà (rucola, gentile, crespa, kale), insalate mix (la creativa, la balsamica, la amarognola, la piccanti), le erbe aromatiche (il basilico, il coriandolo, l’erba cipollina) e 15 varietà di microgreens, che vengono così raccolte e subito confezionate. “Le confezioni sono da 70 o 90 grammi, a seconda del prodotto. A seguito di nostre analisi e studi abbiamo deciso di restare sotto i 100 grammi perché tutto sommato queste sono quantità in linea con una classica porzione, e si posizionano a livello del bio per quanto riguarda il pricing”.

                      Nel frattempo, l’azienda lavora allo sviluppo della coltivazione di fragole, fragoline di bosco e pomodorini ciliegino e al potenziamento delle proprie attività con l’obiettivo di espandere la capacità installata progressivamente e superare le 3.000 tonnellate l’anno di prodotto in 24 mesi. “Essendo un sistema flessibile che può sorgere in capannoni dismessi, stiamo lavorando nell’ottica di espanderci, per essere più vicini ai luoghi in cui si possono comprare i prodotti. Oltre a tre hub produttivi a cui stiamo lavorando: uno a Nord Est, uno a Nord Ovest e uno nel Centro Sud, stiamo studiando anche a installazioni urbane più piccole per la produzione nei centri urbani con una logistica ridotta”.

                      La GDO ci può vedere come dei partner, sia Mdd che fornitori a nostro marchio, perché siamo assolutamente interessati ad alleanze strategiche con chi ci può aiutare a raccontare questo prodotto. Perché la cosa più difficile oggi è riuscire a spiegare e raccontare un prodotto diverso da quello che solitamente si trova a scaffale. Quindi se da un lato abbiamo fatto degli sforzi per posizionarlo a livelli di un prodotto biologico per pricing, dall’altro bisogna fare un grosso sforzo per raccontare un prodotto che può essere competitivo per qualità e gusto. C’è chi può pensare che con i computer e i software si perda il sapore e il fascino della coltivazione tradizionale. In realtà c’è tutto, bisogna solo raccontarlo. A breve, infine, presenteremo la lista dei gruppi distributivi regionali e nazionali su cui andremo a collocare la produzione del primo hub produttivo”.

                      Copyright: Fruitbook Magazine