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                      Gdo, “stop agli aumenti di listino”. Ma l’industria di marca respinge l’appello

                      Le imprese della Gdo lanciano un appello all’industria del largo consumo per chiedere un confronto sugli aggiornamenti di listino, oltre alla disponibilità a frenare gli aumenti per l’inizio del 2023. “Abbiamo assorbito abbastanza rincari, ora non ce la facciamo più” chiosa l’Ad di VèGé Giorgio Santambrogio su Linkedin. Il presidente di Adm e di Coop Italia Marco Pedroni esprime la sua preoccupazione per le famiglie e per la perdita del loro potere di acquisto, l’Ad di Conad Francesco Pugliese fa intendere che siano in atto anche delle speculazioni. E l’industria del food? Non ci sta e respinge l’appello, nelle parole del presidente di Centromarca Francesco Mutti

                      Dalla Redazione

                      Gdo Aumenti di listino

                      Aumenti di listino da parte dell’industria alimentare, la Gdo dice stop: ne ha già assorbiti abbastanza nel corso dell’anno, rinunciando a una parte dei propri margini, e ora non c’è più spazio per farlo. È categorico Giorgio Santambrogio, amministratore delegato del Gruppo VéGé, mentre commenta con un video su Linkedin l’appello lanciato la scorsa settimana su tutti i quotidiani nazionali dalle insegne della Grande distribuzione organizzata, che insieme alle loro associazioni di categoria chiedono alle industrie del largo consumo di avviare un confronto all’insegna della “responsabilità per le famiglie, per le imprese, per il Paese”.

                      “L’intero commercio italiano si trova in una fase estremamente delicata – prosegue Santambrogio -. Per tutto il 2022 abbiamo accettato tutti gli aumenti di listino che ci sono pervenuti dall’industria del largo consumo, alle prese a sua volta con gli aumenti dei costi delle materie prime, del packaging, dell’energia”. Ok, gli aggiornamenti di listino erano giustificabili, ma ora la Gdo dice basta. “Anche il retail sta avendo un incredibile aumento dei costi di funzionamento e quindi non possiamo caricarci anche del costo dell’intera filiera”, chiosa l’Ad di VéGé in un altro post.

                      Nello spazio acquistato sui quotidiani nazionali, la Gdo capitanata da Adm e Federdistribuzione sottolinea che, in base ai calcoli delle varie insegne distributive, gli aumenti dei listini lordi di acquisto ricevuti nel 2022 dalle industrie del largo consumo “sono stati mediamente superiori al 20%”. “Siamo preoccupati – dichiara Marco Pedroni, presidente di Adm (e di Coop Italia) – a causa di un’inflazione che si avvicina pericolosamente al 13-14%, mentre le famiglie sono in difficoltà per la perdita di potere di acquisto che pesa soprattutto sulla parte più debole della popolazione, quella a basso reddito”. “Non vogliamo più trasferire ai cittadini italiani nessun ulteriore aumento – è la conclusione di Santambrogio – ma non ce la facciamo più. Occorre responsabilità comune: il Paese ne ha bisogno”.

                      Top manager della Gdo: da sinistra Giorgio Sant’Ambrogio, Francesco Pugliese e Marco Pedroni

                      La richiesta della Gdo alle imprese dell’industria del Largo consumo è quindi quella di dare la “disponibilità ad avviare un confronto per frenare gli aumenti di listino, anche se già programmati, almeno per i primi mesi del 2023”. Ci sarebbero infatti segnali positivi dai mercati internazionali, che in queste settimane indicano un rallentamento delle quotazioni di molte materie prime industriali. Questi segnali oggi “rendono non adeguatamente motivati ulteriori aumenti di listino per alcune categorie di prodotti” puntualizza dal canto suo Francesco Pugliese, Ad di Conad, durante l’evento di fine anno dell’insegna numero uno della Gdo (leggi qui) -: non dobbiamo correre il rischio di una frenata dei consumi ad inizio anno”.

                      Se la Gdo parla quindi anche di speculazioni, il mondo dell’industria del food non ci sta e respinge l’appello. “Le industrie del largo consumo confezionato e quelle di marca si sono fatte carico di una parte degli aumenti spropositati di materie prime ed energia trasferendo a valle sui consumatori solo una parte dei rincari subiti. Una moratoria dei prezzi non è possibile senza pregiudicare la tenuta del tessuto produttivo”: con queste parole Francesco Mutti, presidente di Centromarca, risponde sul Sole 24 Ore alla richiesta avanzata dalle imprese della grande distribuzione, come riporta Efa News.

                      Secondo il presidente di Centromarca nel 2022 molte aziende stanno registrando una crescita dei ricavi dovuti agli aumenti delle materie prime, “ma in un contesto di forte calo dei margini, con aumenti delle esposizioni e degli oneri finanziari”. Secondo Mutti “oggi grande parte degli aumenti grava sulle spalle dell’industria” e un’ipotesi di moratoria “rischia di non affrontare il problema dei rincari alla radice, a fronte di un beneficio molto temporaneo, ma scarica una parte del problema sulla filiera industriale”. “La dinamica inflattiva è legata all’energia – conclude nel suo intervento – e con il nuovo anno le aziende rischiano di non avere più il credito d’imposta per le spese sostenute per l’acquisto di energia elettrica e gas”.

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