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                      Il nashi non è più un’avventura ma una realtà

                      In un periodo in cui molti frutticoltori del centro-nord Italia non sanno su quali specie puntare, tra crisi della frutta estiva e batteriosi del kiwi, c’è un’azienda piemontese, la Trybeca, che riesce a produrre con eccellenti standard qualitativi un frutto straordinario per qualità organolettiche, aspetto esterno e tenuta alla lunga conservazione. Parliamo del nashi, una pera asiatica che numerose aziende europee avevano provato a coltivare nelli anni ’90 e poi abbandonato

                       

                      di Eugenio Felice (da Fm, edizione ottobre 2014)

                       

                       

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                      Copyright: Fm

                       

                      Troppo difficile da produrre e lavorare. Questo è stato il problema, ci riferisce Giovanni Oderda mentre ci mostra una foto dell’azienda francese Blue Whale, rinomata nel mondo per le sue mele (e, aggiungiamo, per la bellissima campagna pubblicitaria), in cui si vedono dei nashi dentro una confezione di legno. La foto è un po’ sbiadita, risale ai primi anni ’90, un periodo in cui molti dei più grandi produttori europei avevano provato a investire sul nashi – la pera asiatica – ma senza ottenere i risultati sperati in termini di colore, forma, sapore. Per giunta il frutto una volta staccato dalla pianta non maturava più, quindi andava raccolto al giusto grado di maturazione con un problema non di poco conto: l’epidermide molto sottile e la polpa ricca di acqua e quindi tenera pur se croccante mal sopportava la lavorazione meccanizzata. Il processo di calibratura era quindi impraticabile, almeno con la tecnologia del tempo. Un frutto quasi ingestibile insomma dalle grandi cooperative o gruppi privati. Così la coltura è stata abbandonata.

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                      Non da tutti però: nel mondo qualcuno ha insistito nell’affinare le tecniche di produzione e nella ricerca di varietà adatte a soddisfare i gusti di un mercato sempre più globalizzato. Negli Stati Uniti, nello stato del Maryland, si trova la Kingsbury’s Orchard, un’azienda che proprio nel mese di settembre raccoglie le mele Honeycrisp, le più apprezzate e care sul mercato nordamericano, e le pere asiatiche appunto. In Italia solo una azienda è riuscita in questa impresa. Parliamo della Trybeca di Centallo, paesino della provincia di Cuneo, condotta da Giovanni Oderda, oggi 75 anni, e dai figli Fabrizio e Sabrina. Uomo di grande cultura, frutticoltore appassionato, Giovanni fu tra i primi a piantare i kiwi oltre 40 anni fa, nel 1972. “Nessuno li chiamava così – ci dice – allora venivano chiamati solo actinidia”.

                       

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                      Un’opportunità da cogliere. “Coltivare nashi – afferma Giovanni – ormai non è più un’avventura, è una realtà e rappresenta una grande opportunità per il comparto ortofrutticolo nazionale. Ci abbiamo messo 25 anni a imparare a produrlo bene, ma non dimentichiamo che in Nuova Zelanda ci hanno messo 50 anni a imparare a fare bene i kiwi. Non vogliamo tenere il know-how per noi, siamo aperti a collaborare con quanti vogliano iniziare a produrre questo fantastico frutto”. Rientriamo nel magazzino, qui non ci sono calibratrici automatiche ma solo delle linee di confezionamento rigorosamente manuali. Donne esperte con grembiule, cuffia e guanti prendono i frutti dalle casse e con delicatezza li mettono nelle cassette di cartone, appena rinnovate. Ogni frutto ha il suo bollino, dalla grafica moderna e attraente, con ben evidenziato l’indirizzo web.

                       

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                      “Quest’anno dovremmo raggiungere una produzione di 650 tonnellate – dichiara Fabrizio Oderda – mentre l’obiettivo a due/tre anni è di arrivare a 1.000 tonnellate. Per fortuna l’estate fresca e piovosa non ci ha penalizzato: il nostro nashi ha tenuto bene, in questo momento il frutto presenta un colore vivo con una punteggiatura evidente, un buon sapore e una polpa consistente. La pezzatura è uniforme e superiore alle scorse stagioni. Se il tempo ci avesse favorito, il frutto sarebbe stato ancora superiore”. Il mercato di sbocco principale per questo frutto è l’Italia, anche se l’interesse dall’estero è crescente e lo scorso anno è stato fatto un discreto lavoro con Israele. La nuova campagna porterà anche una novità: per assecondare le richieste dei consumatori finali è possibile fare gli acquisti online con consegna diretta tramite corriere.
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