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                      Inflazione, De Camillis (NielsenIQ): “L’ortofrutta soffre e il discount perde”

                      Secondo i dati dell’osservatorio di NielsenIQ a ottobre l’inflazione tendenziale nel largo consumo confezionato sale al 13,7% (11,6,% a settembre), con l’ortofrutta e i freschissimi che subiscono maggiormente gli effetti dei rincari e del calo dei consumi. Nella fotografia scattata dal direttore retail Romolo De Camillis un dato salta all’occhio più di tutti: il discount sembra essere il canale più esposto a queste dinamiche inflattive. Le insegne low cost stanno dunque perdendo il loro status di baluardo contro il carovita? Presto a dirsi. Certo è che sul mercato oggi c’è una nuova paladina al fianco dei consumatori nella corsa contro i prezzi: la private label

                      di Carlotta Benini

                       

                      Inflazione, non si arresta la corsa dell’aumento dei prezzi che fa lievitare il carrello della spesa, con l’ortofrutta tra le prime voci dell’alimentare colpita dai rincari, con un conseguente e progressivo calo dei consumi.  A fare una fotografia della situazione è NielsenIQ, che ogni mese con il suo Osservatorio Inflazione analizza le abitudini di acquisto delle famiglie italiane e le dinamiche dei consumi nella grande distribuzione organizzata. “Si intensificano gli effetti delle dinamiche inflattive sulla spesa degli italiani – esordisce con un post su Linkedin il direttore retail di NielsenIQ Romolo De Camillis  (in foto) – Secondo le rilevazioni di ottobre l’inflazione tendenziale nel largo consumo confezionato sale al 13,7%, oltre due punti in più rispetto alla precedente rilevazione (11,6,% a settembre).

                      La Gdo, inizialmente impegnata strenuamente a tutelare il potere d’acquisto dei propri clienti, nell’ultimo periodo si è vista costretta a riversare sui prezzi al consumo parte dei rincari a sua volta subiti. Ma le famiglie italiane sono le prime che da mesi stanno facendo i conti con il carovita e oggi devono fare tagli sempre più importanti anche nel carrello della spesa: ergo le vendite ne risentono. È un cane che si morde la coda.  “Si amplifica la contrazione dei volumi, -3,7% – sottolinea De Camillis – ed il mix del carrello scende dell’1,2%”. Complessivamente questi due fattori valgono un risparmio di circa 5 punti sulla spesa. Più negativa la situazione al Sud, con vendite che segnano una contrazione in volumi del 5,4%, questo a conferma di come siano le famiglie con minori disponibilità economiche a effettuare i maggiori tagli sul carrello spesa.

                      Nel comparto food a pagare maggiormente le conseguenze di queste dinamiche inflattive sono i prodotti freschissimi, ortofrutta in primis: per molte categorie, spiega il direttore retail di NielsenIQ, sia l’inflazione che la perdita dei volumi è superiore alla media dell’LCC.

                      La perdita di volumi è estesa a tutti i principali canali di vendita, ma il dato che più salto all’occhio nella fotografia di NielsenIQ riguarda il discount, ovvero il canale che in questo momento mostra i maggiori segni di sofferenza, con un calo dei volumi di vendita del -4,7% e un’inflazione che sfiora i 20 punti (19,7 ad ottobre).

                      Questo significa che le insegne low cost stanno perdendo il loro status di baluardo contro il carovita? Se è prematuro trarre certe conclusioni, certo è che oggi c’è una nuova paladina che combatte al fianco dei consumatori nella battaglia contro i prezzi: la private label. “Nel mese di ottobre – conclude De Camillis l’incidenza delle vendite della marca del distributore sale al livello record di 30,7 punti (+1,3 punti vs ottobre 2021) e raggiunge nei primi 10 mesi dell’anno quota 30 punti”.

                      L’affermazione sui discount ha acceso il dibattito su Linkedin. “Il canale discount è quello che perde di più a volumi avendo un prezzo medio/pezzo più basso rispetto agli altri canali e dunque l’inflazione a scaffale in percentuale è molto più alta degli altri canali al dettaglio – è il commento di Giovanni Arena, presidente del Gruppo VéGé -. Ma questo non vuol dire che hanno perso margine assoluto, lo vedremo dai bilanci 2022 dei big del canale”. “Corretto – gli risponde De Camillis – il discount genera più inflazione perché il prezzo di molti prodotti risente maggiormente dei rincari delle materie prime e inizia a perdere volumi perché ha un numero elevato di clienti la cui domanda è molto elastica al prezzo”.

                      “Se è vero che il canale discount subisce di più gli effetti dell’inflazione poiché ha un sistema di formazione del prezzo diverso e mediamente più basso (diversa rotazione, diverse performance e assortimento) – aggiunge Francesco Scalia, consulente freelance – è pur vero che nel breve periodo il divario di offerte tra la distribuzione tradizionale e i discount in termini di pricing aumenterà. Essere ‘abituati’ al cut-price in tempi di magra aiuta, non ostacola il business. Siamo in presenza di prezzi elastici che spostano anche masse di consumatori. Staremo a vedere”. È anche vero, fa notare Federico Turilli, HR consultant, che “se alcuni clienti storici dei discount acquisteranno meno se i prezzi si alzano, le insegne low cost potrebbero dal canto loro acquisire nuovi clienti provenienti da altre insegne, non più disposti a pagare certe cifre”.

                      In tutti i casi sarà interessante – da un punto di vista analitico – vedere quali trend si delineeranno nei prossimi mesi, nella speranza concreta che la corsa ai prezzi si arresti, per il bene di tutti i consumatori.

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