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                      Inflazione, si arresta la spinta. Ma il carrello della spesa continua a crescere

                      Woman pushing a cart and checking a grocery receipt, grocery shopping and expenses concept

                      A novembre secondo i dati Istat l’inflazione si ferma all’11,8%, stabile rispetto a ottobre, questo grazie alla diminuzione dei prezzi di alcune componenti che ne avevano sostenuto l’ascesa, tra cui gli energetici non regolamentati e anche gli alimentari non lavorati. Ma il carrello della spesa continua a lievitare, così come l’inflazione di fondo, ovvero quella che ci siamo creati in casa e che dipende dalle storture dei mercati. Calano i consumi e la Gdo è in allarme. “Il timore è legato all’ondata di richieste di aumento che provengono dall’industria e dalle aziende agricole, con punte superiori al 15 per cento” dichiara l’Ad di Coop Italia Maura Latini al Corriere della Sera, chiedendosi se questi siano tutti aumenti giustificati…

                      Dalla Redazione

                      inflazione carrello della spesa

                      Secondo le stime preliminari dell’Istat nel mese di novembre 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,5% su base mensile, mentre su base annua il dato resta stabile all’11,8%, come nel mese di ottobre.Dopo le brusche accelerazioni degli ultimi mesi, si arresta dunque momentaneamente la spinta dell’inflazione, che rimane tuttavia ai massimi storici, a livelli che non si vedevano da marzo 1984, quando fu +11,9%. Questa prima – forse – buona notizia dopo mesi di escalation dei prezzi è dovuta agli andamenti contrapposti di alcuni aggregati di spesa: da un lato rallentano i prezzi dei beni energetici non regolamentati (che passano da +79,4% a +69,9%) e anche degli alimentari non lavorati, che dal +12,9% passano al +11,3%. Per contro ci sono invece altre componenti che continuano ad accelerare, tra cui gli energetici regolamentati (da +51,6% a +56,1%) e in misura minore gli alimentari lavorati, che passano dal +13,3% a +14,4%.

                      I prezzi del carrello della spesa continuano invece ad accelerare, ma di poco questa volta, passando dal +12,6% al +12,8%; rallentano, al contrario, quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,9% a +8,8%).

                      “Se nei prossimi mesi continuasse la discesa in corso dei prezzi all’ingrosso del gas e di altre materie prime, il fuoco dell’inflazione, che ha caratterizzato sin qui l’anno in corso, potrebbe iniziare a ritirarsi”, è il commento dell’Istat alla rilevazione di novembre. Ma c’è un’altra verità di fondo da considerare, ovvero che nella lotta contro l’aumento dei pezzi non tutti giocano lo stesso ruolo. “Chi non riesce ad adeguare i propri prezzi alla crescita impetuosa dei costi energetici – è l’analisi di Ferruccio De Bortoli sul Corriere Della Sera – .  rischia di non resistere e uscire dal mercato; chi ne ha l’opportunità rafforza invece la propria posizione e si troverà probabilmente nella condizione di rallentare un’eventuale spinta al ribasso, specie ora che le quotazioni delle materie prime e dei noli sono in caduta. Là dove invece la concorrenza è minore e la trasparenza relativa, si creano occasioni di ritocco dei listini non giustificate dall’andamento dei costi. L’inflazione di fondo, cosiddetta core, è cresciuta a novembre dal 5,9 al 6,9 per cento. È quella che ci siamo creati in casa e che non dipende dall’andamento dei prezzi dell’energia, bensì dalle storture dei mercati”.

                      “Molte filiere industriali – spiega Roberto Bucaneve, direttore generale di Centromarca, al Corriere – non sono state in grado di adeguare i loro listini presso la grande distribuzione. In alcuni casi ciò sta creando seri problemi di sostenibilità aziendale”. Il rischio è quello di una “desertificazione industriale”. Nielsen prevede, per quanto riguarda le vendite di beni di largo consumo nel 2023, una contrazione tra il 2 e il 3%, aggiunge Bucaneve.

                       

                      L’amministratrice delegata di Coop Maura Latini

                      E la Gdo? Da ottobre le vendite sono in calo e questo preoccupa non poco i player del settore, che devono fare i conti i prima persona con i rincari energetici e anche con le richieste di adeguamento dei listini da parte die fornitori. “Il mio timore è legato all’ondata di richieste di aumento che provengono dall’industria e dalle aziende agricole, con punte superiori al 15 per cento – dichiara Maura Latini, amministratrice delegata di Coop Italia, al Corriere della Sera -. Sono tutti aumenti giustificati nonostante gli attuali cali dei costi dell’energia e delle materie prime?”.

                      Sembra essersi invece attenuato, nelle parole dell’amministratrice delegata di Coop, il fenomeno della migrazione dei consumatori verso i discount, che in ogni caso, partendo da prezzi bassi, oggi registrano un tasso d’inflazione più elevato rispetto al resto della Gdo. Inoltre si osserva una progressiva e sempre più marcata polarizzazione dei consumi. “L’allargamento delle disuguaglianze nel Paese – conclude Maura Latini sul Corriere – si nota soprattutto qui, davanti alle casse. L’unico dato positivo, se volete, è la riduzione degli sprechi. Ma non è consolante”.

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