Dalla Redazione
Una nuova un’asta al doppio ribasso, fatta “al buio”, senza che i vari fornitori coinvolti conoscessero chi fossero e quanti fossero gli altri partecipanti, “per assicurarsi al minor prezzo possibile una partita da diecimila quintali di pecorino”. Succede i primi giorni di febbraio, quando la protesta dei pastori sardi – colpiti da un crollo dei prezzi del latte ovino a causa della crisi delle vendite del pecorino romano dop e di una gestione sbagliata del mercato da parte dei caseifici capitolina – è appena agli albori. In questi giorni Eurospin convoca i produttori di pecorino romano chiedendo loro di fare un’offerta unica, stracciata, per una fornitura di formaggio grattugiato, porzionato e in forma intera. La gara d’asta, fatta online, dura circa mezz’ora e se la aggiudicano due importanti imprese dell’isola, a un prezzo di poco superiore a 5 euro al chilo. Lo scrive Internazionale, in un nuovo report in cui la testata d’inchiesta punta il dito contro le pratiche sleali in Gdo e contro il discounter italiano, che non è nuovo alle aste al doppio ribasso (leggi qui il nostro articolo).
“Non si parla mai abbastanza del ruolo che ha la grande distribuzione nella definizione del valore del prodotto. L’asta lanciata dall’Eurospin prevedeva un prezzo bloccato per i prossimi dodici mesi: a queste condizioni, qualsiasi trattativa su un compenso equo diventa aleatoria”, dichiara a Internazionale Salvatore Palitta, presidente dimissionario del consorzio per la tutela del formaggio pecorino romano, finito al centro delle polemiche per le responsabilità attribuite ai trasformatori per la sovrapproduzione che ha fatto crollare il prezzo.
“La protesta dei pastori sardi ruota intorno a tre attori principali: la Gdo, che acquista il formaggio; gli industriali e le cooperative, che lo producono a partire dalla materia prima; e i pastori, che forniscono il latte ovino alle imprese di trasformazione. Come spesso accade, in questa partita a tre l’ultimo anello della filiera è quello più debole, con minore potere contrattuale”, continuano i giornalisti Stefano Liberti e Fabio Ciconte nel loro reportage su Internazionale. Nella situazione estremamente tesa che nell’ultimo mese ha visto sul piede di guerra i pastori sardi, coinvolti anche in clamorose forme di protesta come il versamento di latte in strada, Eurospin “è entrato in scena come un elefante in una cristalleria”. “Con queste aste, la grande distribuzione prende i soldi direttamente dalle nostre tasche”, chiosa Nenneddu Sanna, uno dei pastori a capo della rivolta. “Il pecorino dovrebbe essere venduto almeno a 7,5 euro, non a 5”.
Internazionale aveva già messo nel mirino Eurospin l’estate scorsa, per un’asta al doppio ribasso di pomodoro trasformato (leggi qui). In quell’occasione il gruppo distributivo si era difeso rivendicando la pratica delle aste online e definendole “uno strumento moderno, molto efficace per dare al consumatore quei prezzi competitivi che chiede”. Inutile dire che Eurospin è stato poi travolto dalle polemiche scoppiate sul web e sui social. Forse memore dell’ultima, sfortunata esperienza mediatica, questa volta Eurospin, contattata da Internazionale per ricevere chiarimenti sulla vicenda, rifiuta di rispondere, ma poi decide di fare un passo indietro. Dopo varie sollecitazioni, infatti, il gruppo pubblica suo sito che “sospende gli accordi commerciali in essere”. Una notizia positiva. “Dopo aver cercato di sfruttare la situazione per strappare prezzi particolarmente favorevoli senza tener conto delle conseguenze sull’intero settore, anche Eurospin, come ha già fatto nelle settimane scorse Coop, ora vuole garantire perfino un aumento del prezzo all’acquisto pari a 1 euro al chilo”, conclude Internazionale.
Per bloccare l’asta del pecorino a 5 euro al chilo è stato fondamentale anche l’intervento dell’associazione Terra! e il coinvolgimento del ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio, che da giorni sta seguendo in prima persona la trattativa tra allevatori e industriali. L’accordo è ancora lontano e per il momento la discussione si è fermata sui 72 centesimi di euro al litro, che i produttori di pecorino sono disposti a riconoscere a chi ogni giorno fornisce la materia prima.
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