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                      Ismea, consumi e inflazione: prezzi a +3% per l’ortofrutta, volumi in calo

                      Il carrello della spesa degli italiani subisce gli effetti dell’inflazione: a scattarne una fotografia è l’Osservatorio Ismea-Nielsen che sottolinea come gli italiani hanno speso il 4% in più tagliando i consumi, le quantità e scegliendo alimenti meno costosi, virando gli acquisti sui discount. Resiste la pasta, cala il pesce e il vino mentre la spesa per l’ortofrutta cresce di oltre il 3% “con oscillazioni – sottolinea Ismea – dei prezzi relazionati anche a fattori meteorologici e produttivi che rendono difficile una lettura generalizzata”. Colpiti soprattutto redditi bassi e famiglie con bambini piccoli

                      Dalla Redazione

                      consumi ismea inflazione

                      Il carrello della spesa degli italiani si è fatto più leggero per fronteggiare il carovita: a scattarne una fotografia è l’Osservatorio Ismea – NielsenIQ sui consumi alimentari, che sottolinea come nei primi 9 mesi dell’anno – grazie alle strategie di risparmio messe in atto dalle famiglie – la crescita dello scontrino si è limitata a un +4% rapportato allo stesso periodo del 2021 rispetto a un caro prezzi ormai a doppia cifra.

                      Sono molte le contromisure adottate dai consumatori per limitare l’impatto della spinta inflattiva, che si conferma a novembre all’11,8%. Tra tutti i tagli generalizzati delle quantità acquistate, che oscillano dal -1% del latte fino al -31% del pesce fresco, ma anche lo spostamento delle preferenze verso i prodotti dal valore unitario più basso, il parziale abbandono del canale digitale al maggiore orientamento verso i discount e i prodotti a marca del distributore.

                      Infatti, se i supermercati e gli ipermercati restano il canale preferito per fare la spesa con il 62% degli acquisti, i discount guadagnano il 4% e pesano ora il 22% con un aumento medio di fatturato di quasi il 25%. A perdere quota è il canale digitale (-6%) mentre i prodotti a marca del distributore raggiungono a settembre il 30%.

                      Gli alimenti verso i quali i consumatori tendono ad orientarsi sono quelli di largo consumo come pasta e uova che sono tra le poche referenze a non aver subito riduzioni delle quantità acquistate, nonostante i rincari. Per la pasta i volumi rimangono stabili, a fronte di un esborso maggiore del 22%, mentre i consumi di uova aumentano del 3,3% in quantità e del 10,1% in valore. Al contrario subiscono una battuta d’arresto i cibi etnici, le varie tipologie di “free from” (senza glutine, senza lattosio, senza sale, ecc.) e i cibi già pronti.

                      consumi ismea inflazione

                      Per tutti i prodotti ortofrutticoli si rileva un incremento dei prezzi al consumo, con una conseguente contrazione dei volumi acquistati. Nello specifico, la spesa per l’ortofrutta cresce di oltre il 3% “con oscillazioni – sottolinea Ismea – dei prezzi relazionati anche a fattori meteorologici e produttivi che rendono difficile una lettura generalizzata”. Impattano infatti su questi una primavera piuttosto siccitosa che ne ha determinato una generalizzata contrazione produttiva; fanno eccezione solo le insalate di IV gamma che presentano un contesto di dinamiche opposte a quelle delle altre verdure con prezzi in lieve ridimensionamento (-3,2%) e importante incremento della presenza nel carrello (+9,8%). Aumenti anche per le patate con prezzi che nel complesso si sono innalzati del 4,6% sullo scorso anno e con volumi acquistati in contrazione del 3,2%.

                      Osservando invece le dinamiche della spesa presso la Grande distribuzione, si rilevano diminuzioni solo per il pesce (con punte del -6,9% per quello fresco) e per gli alcolici. Più nello specifico, flettono gli acquisti in valore di vino (-4,6%), spumanti e champagne (-1,9%) e, in misura più lieve, della birra (-0,8%), anche di riflesso al ritorno delle occasioni di consumo fuori casa.

                      Il settore delle carni, con un peso sullo scontrino del 10,6%, fa registrare un incremento di prezzo del 7,7% cui è corrisposta “una lieve diminuzione delle quantità acquistate (dell’1,6%) e uno spostamento verso tagli e aree merceologiche più economiche”. Il taglio di spesa più evidente (-7%) è sulla carne bovina (la più costosa) mentre sono in controtendenza gli acquisti delle carni suine per le quali i volumi sono cresciuti del 4,4% anche a fronte di un aumento dei prezzi (+4%). Scende anche il consumo di carne bianche che sono aumentate fino al 25%.

                      Tra le tipologie di famiglie acquirenti sono quelle giovani con figli molto piccoli a incontrare le maggiori difficoltà economiche e a dover introdurre strategie di risparmio volte a contenere gli aumenti di spesa e addirittura a contrarla (-13,7% rispetto al 2019). Le famiglie mature – nota l’Osservatorio – sono invece meno sensibili alla crisi e mantengono il carrello quasi inalterato assorbendo un incremento della spesa. A questo link il report completo.

                       

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