di Eugenio Felice
“Indovina chi viene a cena” parla del caso “buccia di banana”. Il programma di Rai3 è uno dei programmi rivelazione di questa stagione, va in onda in Prime Time alle 21.05 subito prima di Report con ascolti che superano 1,5 milioni di telespettatori. Il taglio peraltro assomiglia molto a Report, un giornalismo di inchiesta sul tema food sotto la direzione di Sabrina Giannini. La puntata (clicca qui per vederla) andata in onda lunedì 24 aprile ha avuto come protagonista la banana, il frutto più consumato al mondo. “È anche uno dei più verdi, cioè sostenibili – si dice nel programma – a garantirlo è un bollino rilasciato da società di certificazione come Rainforest Alliance o Scs Global. Ma a pagare i certificatori per ottenere il bollino con il simbolo della rana o del picchio sono ormai le più grandi compagnie al mondo”.
Con quali risultati? Piuttosto discutibili, si direbbe a guardare il servizio degli inviati in Guatemala ed Ecuador. Gli aerei nebulizzano composti chimici sulle piantagioni proprio come succedeva negli anni ’40 nei campi di cereali negli Stati Uniti (succede ancora?). Solo che sotto ci sono anche case, corsi d’acqua e lavoratori. I prodotti chimici vanno ovunque, nell’aria, sulle piante, nei corsi d’acqua, nei sacchetti blu che proteggono i frutti dalle punture degli insetti, nei caschi di banane verdi che devono poi affrontare il lungo viaggio nelle pance delle navi o nei container. Nel servizio si vedono e si parla delle tre maggiori compagnie mondiali delle banane – Chiquita, Dole e Del Monte – che non avrebbero peraltro risposto alle domande dei giornalisti del programma.
Il finale poi è la classica ciliegina sulla torta: un’intervista alla rassicurante dottoressa Del Poggi che spiega tutti i problemi alla salute che possono arrecare i funghicidi e i pesticidi utilizzati, con parole come “cancro” e “avvelenarsi” e mettendo bene in chiaro subito che “da noi le banane arrivano contaminate” e che “dovremmo avere la precauzione di lavare le banane prima di consumarle, cosa che nessuno fa”. Dalla tempesta sembra salvarsi in corner solo la certificazione Fairtrade e durante il servizio si vedono le banane Solidal Coop. Il problema centrale, secondo la trasmissione, è lo stesso del biologico: gli enti certificatori sono pagati da chi deve essere certificato, quindi delle zone d’ombra sono inevitabili.
Quello della coltivazione delle banane è un tema caro all’opinione pubblica e ai mass media che negli ultimi anni più volte ne hanno parlato in modo negativo – curioso l’articolo di Left sul “finanziamento di crimini contro l’umanità” – contribuendo alla affermazione delle certificazioni “verdi” come Fairtrade, al punto che in alcune catene distributive inglesi come Sainsbury’s da anni si vendono solo banane certificate. A quanto pare – come si evince dalla puntata di “Indovina chi viene a cena” – questo non basta. Probabilmente il problema vero però, aggiungiamo noi, è un altro: le catene distributive da una parte vogliono vendere banane super certificate, dall’altra essendo una commodity la vogliono comprare a prezzi sempre più bassi, spesso attraverso le celeberrime aste al ribasso.
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