di Eugenio Felice
Quali sono le esigenze che hanno portato a creare la marca del consumatore? Molte, ma intanto andiamo per ordine: tra una banana venduta da Eurospin in offerta a 79 centesimi al chilo e una banana fairtrade o da commercio equo e solidale venduta in un gran numero di gruppi distributivi a 3,29 euro al chilo, ci passano la sofferenza e lo sfruttamento degli anelli più deboli della filiera e l’inconsapevolezza dei consumatori verso ciò che stanno acquistando. Pensano di fare un affare, ma in realtà il prezzo basso è solo una chimera. La differenza tra il prezzo giusto e il prezzo basso che non paga il consumatore e, prima di lui, il supermercato, lo paga qualcun altro: le persone, gli animali, il fisco, l’ambiente, il pianeta. Questo vale per le banane, ma vale anche per tutti i prodotti dell’agroalimentare e praticamente per tutto ciò che viene venduto al dettaglio dai grandi gruppi distributivi.
Per dire no a questo capitalismo low cost e al motto di “acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico”, è nato nel 2016 in Francia il movimento C’est qui le patron?! – La marque du consommateur, come reazione a un settore del latte che ormai era giunto allo stremo, soffocato da prezzi troppo bassi e incapaci di coprire i costi di produzione. È quello che succede anche in Italia, basti pensare alle coreografiche proteste dei pastori sardi del 2019, che peraltro non hanno portato a nulla di concreto a parte qualche articolo di giornale e servizio in televisione. Ebbene, in tre anni cosa è successo in Francia? Secondo un’indagine Nielsen la marcia dei 10 mila, questo il numero dei soci che hanno aderito all’iniziativa, guidata da Nicolas Chabanne, ha saputo ispirare le scelte quotidiane di acquisto di oltre 14 milioni di consumatori, vale a dire quasi il 20% della popolazione.
“Un risultato straordinario, se pensiamo che viene dal basso, dagli stessi consumatori, senza la spinta di campagne pubblicitarie a pagamento”, ci spiega Enzo Di Rosa, fondatore di Chi è il padrone?! – La marca del consumatore, la costola italiana, nata nel 2019, di quello che potremmo definire ormai un movimento globale, presente oggi in 3 continenti e 9 Paesi: Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Belgio, Grecia, Stati Uniti, Marocco e, appunto, Italia. “Ci arrivano richieste da ogni parte del mondo. È una rivoluzione pacifica di milioni di consumatori a sostegno di agricoltori e allevatori. Crediamo e sosteniamo un consumo critico, consapevole e responsabile. Il cibo negli anni ha perso buona parte della sua valorialità, divenendo una commodity il cui prezzo è stabilito non da chi lo produce, ma da chi lo vende al consumatore finale”.
In Francia C’est qui le patron?! – La marque du consommateur è partita con il latte e in soli tre anni è arrivata a 160 milioni di litri di latte equamente remunerati agli allevatori. L’assortimento è arrivato a 30 prodotti a sostegno di oltre 3 mila famiglie di agricoltori e allevatori. Tra i prodotti a marca del consumatore d’oltralpe ci sono il pollo, la baguette, lo yogurt, le salsicce, il vino, le sardine, la farina, il burro, il miele, la cioccolata, alcuni tipi di formaggio, la pizza, la pasta, il succo di mela, le buste di insalata. Il sito web è votato alla completa trasparenza. Per ogni prodotto si trova una scheda con tanto di prezzo, qualità nutrizionali, stabilimento di produzione, insegne dove trovare il prodotto. Nel sito ci sono anche i prodotti di prossima commercializzazione, come il prosciutto, la salsa di pomodoro, le confetture e le patate.
E in Italia? A un anno dalla nascita del movimento, arrivano già i primi risultati concreti. Si parte il 25 giugno con tre tipi di pasta – spaghetti, fusilli e penne – presso la rete vendita di Carrefour, primo distributore ad aver sposato l’iniziativa nel nostro Paese. Ma è solo l’inizio, l’associazione guidata da Enzo Di Rosa si è già confrontata con buona parte della distribuzione moderna italiana, quindi questa nuova marca, che promette di essere gustosa, sana e rispettosa dei lavoratori e dell’ambiente, la troveremo presto anche presso altre insegne. Il prezzo? 1,07 euro per la confezione da 500 grammi 100% carta riciclabile e certificata FSC (la finestra in realtà è stampata e riproduce fedelmente quello che c’è all’interno). Come qualità siamo al top: trafilatura in bronzo, essicazione tradizionale a bassa temperatura, grano 100% italiano da agricoltura sostenibile.
Altro aspetto non secondario: la semola viene prodotta dal mulino annesso al pastificio a garanzia della totale tracciabilità della pasta. Ancora, il pastificio scelto è Sgambaro di Treviso, il primo in Italia ad ottenere nel 2003 la certificazione “100% Grano Duro Italiano” e “Km zero”. Infine, ciò che più conta per il mondo agricolo: i produttori di grano ricevono per i primi 3 anni un prezzo garantito di 400 euro a tonnellata, che è superiore del 35% rispetto alla media di mercato, una remunerazione che permette loro di vivere serenamente e investire nella propria attività. Ma non è tutto: 1 centesimo di euro per chilo è destinato ai produttori per incentivarli alla transizione all’agricoltura biologica e un altro centesimo di euro viene destinato a persone e famiglie in condizione di fragilità economica. Le caratteristiche della pasta sono state decise e votate da 3.558 consumatori. Il risultato del voto e le specifiche sono pubblicati nel sito.
Se la pasta è ai nastri di partenza, ci sono altri prodotti già in lavorazione: il latte, le uova e la salsa di pomodoro. Sono sempre i consumatori a decidere, attraverso il sito web, quali prodotti mettere in assortimento e, per ognuno di essi, i criteri qualitativi, l’origine, il metodo di coltivazione e di allevamento, il tipo di confezione, la giusta remunerazione al produttore e il prezzo finale di vendita consigliato. I produttori selezionati che aderiscano ai valori espressi, si impegnano a realizzare i prodotti secondo i criteri definiti dall’associazione in appositi disciplinari, garantendo altresì la tracciabilità dell’intera filiera, “from farm to fork”. I prodotti saranno venduti direttamente dai produttori a marchio “Chi è il padrone?! La marca del consumatore” nei canali della distribuzione moderna e tradizionale.
E l’ortofrutta? “È senz’altro nei nostri programmi ma arriverà in un secondo step, dopo quelli che potremmo considerare i prodotti di base”, ci spiega Enzo Di Rosa. “Vogliamo prima far conoscere la marca e i suoi valori agli italiani. Non vogliamo che le possibili basse rotazioni vadano a penalizzare prodotti come le fragole che hanno una shelf-life decisamente corta”. E in effetti in Francia, dove il progetto è già avviato da tre anni, l’ortofrutta è già parte integrante dell’assortimento. Le fragole sono state le prime, con prezzi da 4,35 euro per il cestino da 250 grammi. Poi è stata la volta delle insalate in busta, una referenza sola, che cambia due volte l’anno in base alla stagione, sempre scelta dai consumatori, nel formato 200 grammi, venduto a 1,75 euro a pezzo. Niente male se pensate che da Eurospin ad aprile la busta di insalata mista da 200 grammi era in vendita a 79 centesimi. E, sempre in Francia, arriveranno il prossimo ottobre anche le patate.
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