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                      Ambruosi & Viscardi, dopo 15 mesi di proteste riassorbe 140 lavoratori

                      Il sindacato autonomo Si Cobas aveva portato alla luce la vicenda di 140 lavoratori stranieri con cui era stato interrotto il rapporto di lavoro alla Ambruosi & Viscardi, azienda marchigiana tra i leader delle insalate di quarta gamma. Erano seguite delle proteste, iniziate a fine 2018 e protrattesi per oltre un anno, di cui hanno parlato anche i media locali e nazionali con titoli ad effetto come “L’insalata dello sfruttamento”. Gli operai avrebbero denunciato anche turni di lavoro massacranti, da oltre 15 ore al giorno. La società, dal canto suo, replica di aver sempre agito nella piena legalità. A gennaio 2020 i lavoratori hanno ripreso a lavorare nello stabilimento di Sant’Elpidio a Mare grazie a un nuovo accordo sindacale. “Non sono più nostri lavoratori diretti, ma operano in azienda tramite un’agenzia del lavoro che li ha riassunti, con condizioni che soddisfano tutti”, spiega l’amministratore delegato Nicola Ambruosi. Ora il clima sarebbe “sereno”: la vicenda pare una storia a lieto fine

                      Dalla Redazione

                      Ambruosi & Viscardi

                      Turni di lavoro massacranti, da oltre 15 ore al giorno, anche la domenica, per poi essere estromessi dall’azienda nel momento in cui si è sollevata la protesta a difesa dei diritti. Una protesta iniziata a ottobre 2018 (qui l’articolo de Il Resto del Carlino), che si è protratta per circa 12 mesi (manifestazioni ci sono state anche lo scorso dicembre) per concludersi a inizio gennaio 2020, quando i lavoratori sono tornati a lavorare in azienda, a seguito di un nuovo accordo sindacale. La vicenda è quella di 140 lavoratori della Ambruosi & Viscardi, azienda marchigiana con quartier generale a Sant’Elpidio a Mare, in provincia di Fermo, tra gli operatori di riferimento in Italia nel comparto delle insalate di quarta gamma – quelle in busta, lavate e pronte al consumo – con un fatturato annuo che si aggira intorno ai 30 milioni di euro.

                      I 140 operai – quasi tutti di origine indiana e pachistana, impiegati in azienda da molto tempo, alcuni anche da più di dieci anni – sarebbero stati allontanati dopo le proteste guidate dal sindacato autonomo Si Cobas, che si è fatto portavoce dei loro diritti, come riporta l’8 gennaio 2020 il sito Dinamopress, con il titolo ad effetto “L’insalata dello sfruttamento“. I loro racconti sulle dinamiche alla catena di montaggio, si legge invece sul noto sito di attualità FanPage, parlano di turni sfiancanti e di poco tempo persino per andare in bagno. A testimonianza della vicenda, FanPage riporta anche alcune tabelle con gli orari di lavoro riferiti dagli operai della Ambruosi & Viscardi al sindacato autonomo Si Cobas: si nota con stupore che tra il 2017 e il 2018 sarebbero state superate non di rado le 300 ore di lavoro al mese (più del doppio rispetto a quelle di un regolare operaio agricolo).

                      Come ha reagito, di fronte a queste denunce, l’azienda marchigiana? A dicembre 2019 la Ambruosi & Viscardi, tramite le parole del legale Diego Silvestri, si è dichiarata assolutamente operante nella legalità. “Chi si riferisce a noi come a dei caporali, o peggio degli schiavisti, non sa di cosa parla. Basta leggere le buste paga e le retribuzioni degli operai, assolutamente dignitose e non certo da ‘schiavisti’ come alcuni vogliono far credere – è la replica dell’azienda ripresa da FanPage -. Abbiamo sempre garantito la massima trasparenza e rispettato gli orari di lavoro previsti dalla legge”. Secondo l’azienda, le accuse mosse dal Si Cobas non hanno mai avuto alcuna base di fondamento. Non solo, le tabelle orarie mostrate dal sindacato e riportate da alcuni siti di informazione sarebbero false: gli operai fanno turni regolari di 6,5 ore al giorno, e le loro buste paga sono tutt’altro che da sfruttamento. Guardando bene gli stessi documenti che circolano su alcuni siti, si vede infatti che gli importi mensili superano i 1.600-1.700 euro.

                      La vicenda ha avuto comunque, a quanto pare, un lieto fine. A fine 2019 è stato quindi trovato un accordo con un’agenzia del lavoro, che ha riassorbito tutti e 140 gli operai con un contratto stipulato in accordo con il Si Cobas, per impiegarli nuovamente alla Ambruosi & Viscardi. “Non sono più nostri lavoratori diretti, ma operano in azienda tramite l’agenzia del lavoro che li ha riassunti, con condizioni che soddisfano tutti – spiega Nicola Ambruosi, amministratore delegato della Ambruosi & Viscardi -. L’operazione è andata più che a buon fine, noi siamo molto contenti e i ragazzi sono altrettanto soddisfatti”. Oggi quindi alla Abruosi & Viscardi si respira un clima sociale positivo. Ce lo conferma un referente del sindacato Si Cobas, che assicura: “Ora situazione in azienda è tranquilla, i contratti sono stati rinnovati a tempo indeterminato tramite l’agenzia del lavoro e dal 7 gennaio gli operai hanno ripreso a lavorare regolarmente in azienda, con rinnovata motivazione e in serenità”.

                      “Ci hanno accusato di caporalato, ma noi non ci siamo mai piegati a queste mosse ai limiti dell’estorsione, perché operiamo nella piena trasparenza e legalità – conclude Nicola Ambruosi -. Ospitiamo visite ispettive periodiche che non hanno mai riportato irregolarità, abbiamo in essere accordi con le associazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, con le quali non abbiamo mai avuto alcun tipo di problema. Siamo un’azienda tra i leader del mercato della quarta gamma, siamo presenti sugli scaffali della Gdo in tutto il Paese, e i risultati che conseguiamo ogni giorno si fondano sul massimo rispetto del lavoro etico e del benessere aziendale”.

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