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                      Melone, “ottima reputazione, ma attenzione ai prezzi”: il summit di Nunhems

                      In Italia le superfici dedicate a melone sono passate negli ultimi dieci anni da 18 mila a 16 mila ettari e nell’annata più difficile di sempre, il 2023, la produzione è stata per la prima volta sotto le 500 mila tonnellate, anche e soprattutto per i problemi climatici. Tuttavia il melone piace, soprattutto ai giovani, gode di un’ottima reputazione e regge più degli altri prodotti ortofrutticoli al calo inesorabile dei consumi. Ma attenzione a non spingere troppo sui prezzi: nei primi otto mesi del 2023, infatti, a fronte di un prezzo medio schizzato al +23% gli acquisti si contraggono del 14%: questo lo scenario emerso al primo summit del Melone organizzato da Nunhems Italy – BASF Vegetable Seeds a Bologna

                      di Carlotta Benini

                      In sala c’erano tutti i principali produttori di melone italiani. Una platea di competitor, in sostanza, uniti nel nome dell’innovazione, che si sono incontrati per fare il punto sul comparto e trovare insieme nuove strategie per affrontare un mercato in continua evoluzione, in un’ottica “vincere-vincere”, citando lo spunto lanciato al convegno dall’esperta di change management. A guidare il cambiamento è Nunhems ItalyBASF Vegetable Seeds, che martedì 24 ottobre ha organizzato a Bologna, all’hotel I Portici, il primo Summit nazionale dedicato al melone. A dare il benvenuto agli ospiti è stata Claudia Iannarella, consumer and customer manager Italy di BASF Vegetable Seeds, che ha moderato brillantemente l’evento tenendo viva l’attenzione. I saluti finali invece sono stati affidati a William Cavalieri, country sales manager Italy di BASF-Nunhems, che tirando le fila ha sottolineato come la collaborazione all’interno della filiera sia la chiave per vincere le nuove sfide.

                      Ad aprire i lavori del convegno è stato Mirko Barbieri, regional head EMEA East di BASF-Nunhems, che ha illustrato le innovazioni genetiche messe in campo negli ultimi 20 anni dall’azienda, leader globale nel breeding varietale, nella filiera del melone. Innovazione che va a favore del produttore (varietà sempre più produttive e resistenti), della distribuzione (obiettivo aumento della shelf life, anche per la vendita all’estero) e del consumatore finale (focus su qualità estetica e organolettica e gusto, per fidelizzarlo e riportalo all’acquisto).

                      Summit melone Barbieri copyright FM

                      Mirko Barbieri, regional head EMEA East di BASF-Nunhems (copyright: Fm)

                      Dopo una digressione dal tema prettamente tecnico con Daniela Sensini, direttrice generale di Facciamo31, che ha lanciato degli spunti in fatto di mentalità imprenditoriale e di come cambiarla in ottica vincente a livello di filiera (il segreto, svela, “è essere empatici, ovvero capire cosa è importante non solo per noi stessi, ma anche per l’altro”), sul palco è salita Elisa Macchi, direttrice del CSO Italy, che ha fatto una fotografia della produzione di melone in Italia.

                      Superfici e volumi in calo

                      Il CSO ha svolto un’indagine campionaria sulle superfici coltivate in un campione significativo di aziende, soci e non soci. Dai dati rilevati emerge che negli ultimi dieci anni, in Italia, le superfici dedicate a melone sono passate da 18 mila a 16 mila ettari e nell’annata più difficile di sempre, il 2023, la produzione è stata per la prima volta sotto le 500 mila tonnellate, anche e soprattutto per i problemi climatici che si sono verificati nella primavera, con le piogge abbondanti e violente che hanno ritardato e ridotto la produzione. Passando alle aree produttive, la Lombardia, regione leader, dal 2016 vede una tendenziale riduzione delle superfici, che nel 2023 si attestano a 2.460 ettari (-30% nel periodo), mentre il raccolto quest’anno è stato di poco superiore alle 60 mila tonnellate (-14% sul 2022). In Veneto si osserva una sostanziale stabilità degli investimenti fino al 2021, poi calo delle superfici nelle ultime due annate (gli ettari passano da 970 nel 2021 a 800 nel 2023) e nel 2023 rese inferiori a quelle medie, con una produzione che segna il -20% sul 2022. In Emilia Romagna le superfici sono stabili negli ultimi anni, con 1.100 ettari coltivati, ma in calo rispetto al passato quando la coltura di melone si estendeva su 1.300 ettari. Anche qui nel 2023 causa meteo la produzione registra un -25% rispetto allo scorso anno.

                      Summit melone Macchi copyright FM

                      Elisa Macchi, direttrice del CSO Italy (Copyright: Fm)

                      In Campania, dove la coltura protetta rappresenta oltre il 70% degli impianti, le superfici registrano un calo progressivo, con la zona di Battipaglia che vede il calo maggiore: qui gli ettari di melone oggi sono meno di 400. In Sicilia nel 2023 sono 4.300 gli ettari di melone, anche nell’isola le superfici sono in continua contrazione, specie negli ultimi anni. In controtendenza la Puglia: il calo di superfici c’è, ma è più contenuto rispetto alle aree del Nord, e oggi in questa regione si contano circa 1.700 ettari dedicati a melone. Stesso discorso per il Lazio, dove le superfici sono stabili o in lievissima crescita: nel 2023 si contano poco meno di 1.200 ettari. Marginale infine la produzione di melone in Basilicata, sostanzialmente stabile negli anni, con un balzo però nel 2023, quando gli ettari passando da 400 a quasi 450.

                      Nel 2023 i prezzi schizzano al +23%

                      Dal 2018 gli acquisti al dettaglio di melone si attestano sulle 160 mila tonnellate, secondo le rilevazioni del CSO Italy. In un contesto generale di progressivo e inesorabile calo dei consumi, il melone regge più di altri prodotti alla crisi: nel 2022 infatti gli acquisti delle famiglie sono scesi del 3,7% sull’anno precedente, a fronte di un calo dell’8% della frutta in generale. “Il melone infatti gode di un’ottima reputazione, ma attenzione ai prezzi – avverte Elisa Macchi -: il prezzo medio al dettaglio nel 2022 è salito del 16%, a fronte di una crescita del prezzo medio della frutta del 5%”. Se il trend resta questo, anche i consumatori più fedeli, obbligati a fare i conti con il proprio portafoglio, potrebbero allontanarsi dall’acquisto. Lo dicono già i numeri del 2023: da gennaio ad agosto si registra un calo significativo degli acquisti di melone, che si contraggono del 14%, a fronte di un prezzo medio che fa un ulteriore balzo in avanti e segna un +23%.

                      Il 77% della produzione di melone oggi è destinato alla GDO, con i supermercati che rappresentano il 48% del canale, gli iper l’11% e i discount in crescita al 16%. Si erodono progressivamente le quote del mercato tradizionale. L’indice di penetrazione, vale a dire la percentuale di famiglie che lo acquistano almeno una volta nell’anno, è intorno al 60% e dai trend rilevati sembra un prodotto amato in particolare dai giovani: le famiglie in cui c’è almeno un componente under 15, infatti, dal 2021 al 2022 hanno aumentato gli acquisti dell’8%, mentre per gli altri nuclei famigliari si registra un calo dei consumi del 6%.

                      E poi uno sguardo al biologico: la produzione è passata dal 9% al 12%, con una forbice di prezzo che nel 2022 risulta inferiore rispetto al convenzionale. Se il melone convenzionale infatti vede aumenti di listino del 18%, il prezzo medio di quello bio segna un +7%.

                      Le rilevazioni nella GDO italiana effettuate dal CSO Italy si sono svolte a Roma, Bologna e Milano. In generale, come detto, si registra un forte incremento del prezzo a partire dal 2022, con un balzo ancora più importante nel 2023. La maggioranza delle referenze presenti in Gdo sono di melone retato (75% nel 2023), ma c’è una tendenza alla diminuzione, mentre cresce il liscio, che nel 2023 rappresenta il 25% con un prezzo medio che sfiora il 3,50 euro al chilo, contro i circa 2,80/kg del retato. Altra tendenza rilevata: sul melone la pressione promozionale è più incisiva rispetto alla media degli altri prodotti ortofrutticoli.

                      Claudia Iannarella, consumer and customer manager Italy di BASF Vegetable Seeds (copyright: Fm)

                      Le referenze di origine italiana sui banchi della GDO nel 2023 sono il 70%, con una tendenza a una sempre minore importazione di prodotto dall’estero. Cresce anche la presenza della private label: nel 2023 il 17% del melone commercializzato in GDO è a marca del distributore.  Infine, in un contesto in cui i marchi commerciali sono a decine, cresce l’IGP, nello specifico quello del melone Mantovano, che dopo annate più timide, da tre anni a questa parte è fisso al di sopra del 10%.

                      Il Summit Melone di Nunhems si è concluso con un intervento di Salvo Garipoli, direttore di SG Marketing, che ha commentato i dati rilevati dal CSO facendo un focus sulle strategie di vendita e con una tavola rotonda che ha visto protagonisti quattro buyer della Gdo (vedi articolo dedicato).

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