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                      Metro Italia, 40 milioni per l’alimentare di prossimità

                      metro lascia inghilterra investe in italia
                      Il calo dei consumi spinge il gigante del cash & carry a ristrutturare il business: store più piccoli e centrali nelle sittà turistiche. Un piano da 40 milioni

                      metro

                      Metro si rilancia in Italia con un piano di investimenti da 40 milioni di euro per ristrutturare i grandi punti vendita esistenti e per aprire dei nuovi e più piccoli store nel centro di città come Roma e Milano. Sembra un azzardo di questi tempi ma il gigante tedesco della distribuzione all’ingrosso, pioniere del sistema di vendita “cash and carry” (“paga e porta via”) per i professionisti delle partite Iva, ha inserito l’Italia tra gli 8 Paesi europei «promettenti» con Germania, Francia, Russia, Polonia, Turchia, Spagna e Portogallo. «Per noi l’Italia rappresenta un mercato strategico per la sua marcata vocazione turistica ed enogastronomica che rende i consumi fuori casa una voce di peso nel Pil nazionale», spiega Philippe Palazzi, presidente e ad di Metro Italia Cash & Carry, che gestisce 49 store in 16 regioni, 4.500 dipendenti, 1,2 milioni di clienti e un fatturato di 1,7 miliardi di euro. Il piano di rilancio dell’azienda deve, però, fare i conti con la generale contrazione dei consumi che pesa sulle vendite: in particolare nel comparto non food il giro di affari è sceso di oltre il 2%. In questo scenario il gruppo tedesco ha messo a punto un programma ad hoc per l’Italia chiamato “Butterfly 2015” che prevede una virata verso il mercato alimentare. Settore che, seppure in lieve calo, si rivolge principalmente ai clienti “horeca” (hotel, ristoranti, catering) con cui oggi la società realizza il 60% del fatturato.
                      Nasce da qui la decisione di lanciare un nuovo format, “Casa Horeca”: negozi più piccoli (2-3mila metri quadri) ubicati in prossimità dei grandi centri urbani con vocazione turistica e allestiti con un ampio assortimento di prodotti locali (300 su 1200 referenze). La formula è di focalizzarsi al 90% sugli ordini telematici con ritiro nel punto vendita e sulle spedizioni a domicilio, dove i margini sono maggiori. Il primo store è stato inaugurato a Roma Salaria un anno fa, il secondo sarà aperto a Milano entro il 2015. E’ un nuovo modello di business che ha registrato nei primi 12 mesi di attività un incremento del 50% delle vendite rispetto al 2012. Nel frattempo, Metro Italia ha ristrutturato i punti vendita classici -Cinisello Balsamo, Roma Aurelia, Torino e Genova – puntando sull’ampliamento dell’area dei prodotti freschi e sul potenziamento del servizio di consegna. I risultati non si sono fatti attendere: «Nel 2013 i clienti “delivery” sono stati oltre 8mila con una crescita del 20% rispetto all’anno precedente», puntualizza Palazzi. Il piano di rilancio di Metro Italia passa anche attraverso la trasformazione di 8 punti vendita critici: Bari, Bolzano, Catania, Verona, Padova, Lecce, Bolzano, Mestre e Pordenone. Un’operazione non indolore che ha portato al taglio di 260 posti di lavoro. «E’ stata una scelta difficile, ma era l’unica via percorribile per garantire un futuro sostenibile all’azienda e per evitare una eventuale chiusura dei punti vendita », spiega l’ad. Nelle prime 5 città, la strada intrapresa si chiama “Metro Piazza Affari”. E si traduce in un ritorno al “cash and carry” duro e puro e in una diminuzione di circa il 14% del prezzo su tutti i prodotti. Il progetto pilota, testato nello store di Sambuceto (Pescara), ha prodotto nei primi due mesi (luglio e agosto scorsi) un aumento delle vendite del 13% rispetto al 2012. Ora, Metro sta replicando il piano anche a Bari, Catania, Padova, Lecce e Verona. Mentre a Bolzano e a Mestre, secondo l’azienda, questa non è una soluzione idonea: qui la strategia prevede un forte ridimensionamento del comparto non food e l’aumento della produttività della superficie di vendita disponibile. A Pordenone, infine, la modalità del risanamento non è stata ancora decisa.

                      Fonte: http://www.repubblica.it/