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                      Morte nei campi di Paola Clemente, assolto l’imprenditore agricolo per cui lavorava

                      Luigi Terrone, amministratore della Ortofrutta Meridionale, è stato assolto in primo grado dall’accusa di omicidio colposo avvenuta a seguito della scomparsa della bracciante Paola Clemente, deceduta a luglio 2015 mentre lavorava nei campi dell’azienda ad Andria. Secondo il giudice del Tribunale di Trani “il fatto non sussiste”. Non sono della stessa opinione i sindacati

                      Dalla Redazione

                      Si è conclusa con l’assoluzione dell’imputato la vicenda giudiziaria legata al decesso della bracciante Paola Clemente, scomparsa per un malore il 13 luglio del 2015, all’età di 49 anni, mentre lavorava nelle campagne di Andria (leggi qui). Luigi Terrone, amministratore della Ortofrutta Meridionale, è stato assolto in primo grado dall’accusa di omicidio colposo: secondo la giudice monocratica del Tribunale di Trani “il fatto non sussiste”.

                      Con la caduta delle accuse è stata disposta anche la restituzione dei beni sequestrati all’imprenditore barese, per il quale il pm Lucia Moramarco aveva chiesto la condanna a quattro anni di reclusione. Tuttavia il giudice ha ritenuto che gli elementi emersi durante il processo non fossero sufficienti a emettere una sentenza di condanna, come riporta il Corriere di Bari.

                      Secondo l’accusa Terrone sarebbe responsabile della tragedia avvenuta nei campi di Andria, in quanto spettavano alla società Ortofrutta Meridionale “gli obblighi di prevenzione e protezione dei lavoratori somministrati”. Per il pubblico ministero invece non sarebbe stata fatta un’adeguata valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori e non sarebbero stati adottati i provvedimenti in materia di primo soccorso. In tal modo si sarebbe determinato un grave ritardo nella chiamata dei soccorsi causando la morte della bracciante.

                      La sentenza emessa dal Tribunale di Trani non convince i sindacati, secondo cui “nessuno può negare un fenomeno così diffuso come il caporalato, non solo nel settore agricolo”.  “Non possiamo far altro che attendere il deposito delle motivazioni per analizzare il percorso logico giuridico seguito dal giudicante – dicono i segretari generali della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, e della Flai Cgil regionale, Antonio Gagliardi, come riporta Collettiva -. Se c’è un intermediario che lucra sulla fatica di tante persone, stranieri e non, è perché ci sono imprenditori senza scrupoli che provano a massimizzare profitti comprimendo diritti e salari attingendo manodopera da circuiti irregolari”.

                      Al di là della sentenza, la vicenda di Paola Clemente ha senza dubbio contribuito alla legge 199 contro il lavoro nero e il caporalato, istituita nel 2016, che ha segnato uno spartiacque “offrendo strumenti importanti di contrasto a queste forme insopportabili di violazione della dignità di lavoratori e lavoratrici”, concludono da Cgil.

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