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                      ’Ndrangheta: colpo ai clan Forastefano. Tra le vittime il Gruppo Mazzoni

                      La maxi indagine della polizia durata tre anni ha portato il 16 febbraio all’ordinanza di misure cautelari nei confronti di 17 soggetti appartenenti o comunque vicini al clan di ‘ndrangheta Forastefano di Cassano all’Ionio (CS) accusati di numerosi reati di stampo mafioso. Tra le aziende vittime della cosca di ‘ndrangheta Forastefano c’è anche la Cico-Mazzoni di Tresigallo, il colosso dell’ortofrutta attivo anche in alcuni ‘feudi’ calabresi del clan, come la piana di Sibari, in provincia di Cosenza. I responsabili della Mazzoni hanno però avuto la forza e il coraggio di dire no alla richiesta di ‘pizzo’, riporta il Resto del Carlino, sottraendosi così al meccanismo ritorsivo a cui la cosca voleva piegarli attraverso minacce ed estorsioni

                      Dalla Redazione

                      'ndrangheta Mazzoni

                      La maxi operazione contro la ‘ndrangheta in Calabria condotta dalla polizia e coordinata dal procuratore distrettuale Nicola Gratteri ha dato un duro colpo alla famiglia criminale Forastefano. In tutto sono 17 le persone poste sotto ordinanza cautelare grazie all’inchiesta denominata “Kossa” (dalla antica denominazione di Cassano) che ha ricostruito l’attuale operatività della cosca dei “Forastefano”, rigeneratasi dopo gli interventi giudiziari del 2008, attraverso il consolidamento del proprio programma di penetrazione nel tessuto economico della Sibaritide, in particolare nel settore agroalimentare e in quello dei trasporti avvalendosi della “forza dell’intimidazione tipica dell’associazione mafiosa”.

                      Il filone dei controlli della squadra mobile di Cosenza non si ferma però in Calabria ma raggiunge Tresigallo (FE). Il motivo? La Cico-Mazzoni: la nota azienda ortofrutticola infatti gestiva un’imponente attività agricola nella Piana di Sibari, proprio all’interno dell’area controllata dai Forastefano. “Il controllo  – riporta La Nuova Ferrara – avveniva tramite mazzette, che le persone adibite alla gestione dei terreni per conto di Mazzoni versavano annualmente al clan. Vicenda confermata da intercettazioni e dichiarazioni raccolte nel corso delle indagini, condotte dalla squadra mobile di Cosenza guidata dal vicequestore Fabio Catalano e dal Servizio centrale operativo della polizia, con la direzione dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dal pm antimafia Alessandro Riello”.

                      Stando a quanto emerge dalle carte dell’inchiesta, il capoclan Pasquale Forastefano e i suoi uomini avrebbero cercato di estorcere alla Mazzoni somme di denaro in cambio di protezione per la loro attività. Per farlo, secondo le accuse, avrebbero fatto pressioni sul rappresentante legale Mauro Bonamini e l’amministratore delegato Mario Mazzoni della società ferrarese. In un’occasione, riporta l’ordinanza del gip di Catanzaro Paola Ciriaco, gli uomini del clan, “evocando allusivamente la compagine mafiosa di cui facevano parte e facendone percepire la capacità di tutelare l’integrità della struttura imprenditoriale” o “la capacità di ritorsione”, avrebbero cercato di costringere Bonamini a pagare 10 mila euro in cambio di protezione per un magazzino della Mazzoni a Cammarata di Castrovillari. Un tentativo di estorsione che però quella volta non è andato a segno, proprio grazie al netto rifiuto di Mario Mazzoni. Dalle carte trapela poi un’altra richiesta di denaro ai vertici della società: 35 mila euro per ‘comprare’ protezione ed evitare ritorsioni in riferimento al periodo compreso tra il 2016 e il 2018.

                      “La famiglia criminale Forastefano opera nella Sibaritide e non esita a usare le armi. Una famiglia – ha affermato il procuratore di Catanzaro Gratteri – dal pedigree di ferocia, per avere insanguinato per anni interi ambiti e territori della provincia di Cosenza e che aveva l’ossessione del controllo del territorio, non solo sul piano fisico, ma anche economico”. Per ottenere i loro obiettivi economici – riporta la Nuova Ferrara -, la famiglia criminale si rivolgeva a professionisti compiacenti, che li aiutavano a fare di conto e a trovare le migliori strategie legali per aggirare le leggi.

                      Cico-Mazzoni non era la sola vittima. Dalle indagini sono emerse altre azioni criminose: le vessazioni subite dal titolare di un’azienda di trasporti spogliato dei mezzi di lavoro e sostituito nei rapporti che aveva con la Bartolini a beneficio di un’impresa controllata dalla cosca; le estorsioni subite dai titolari di imprese locali indotti a versare il pizzo (fra queste anche un’impresa vincitrice di un appalto al Comune di Cassano, costretta a cedere la commessa in subappalto a ditta collegata al clan). E poi ancora truffe ai danni dell’Inps attraverso le indennità percepite tramite braccianti fittiziamente reclutati, ma mai realmente impegnati nei lavori segnalati alla stessa Inps.

                      Con l’ordinanza è stato disposto anche il sequestro preventivo di terreni, fabbricati, quote societarie, imprese individuali e autovetture riconducibili a membri della famiglia Forastefano o ai loro prestanome, per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro. “In questa indagine – afferma Nicola Gratteri, procuratore capo della Dda di Catanzaro – non ci sono stati collaboratori di giustizia, ed è stata ancora più difficile, ma abbiamo capito che era importante agire, perché questa famiglia di ‘Ndrangheta aveva l’ossessione del controllo del territorio, – ha detto ancora Gratteri – e si interessava al mondo dell’agricoltura perché è un settore molto redditizio, per i contributi europei e regionali, e anche per la possibilità di assumere operai, che poi voteranno e ci sarà il ritorno sulla richiesta del voto. E poi si organizzano le imprese per il trasporto dei prodotti verso il Nord. La ‘Ndrangheta che si evolve e cresce – ha aggiunto – entrando nell’imprenditoria ha bisogno del mondo delle professioni – ha concluso Gratteri – che ha abbassato di molto l’etica, la morale, ed è prono ai servigi all’imprenditoria mafiosa”.

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