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                      Ottimismo sulla batteriosi del kiwi: conviverci è possibile

                      Una importante risposta alle ipotesi che fino a ieri erano semplici deduzioni o intuizioni derivate dalla conoscenza di altri batteri: è questo, in sintesi, il risultato del progetto di ricerca e sperimentazione sulla Batteriosi del kiwi condotto in Emilia Romagna negli ultimi due anni

                      Screen Shot 2014-06-10 at 6.39.06 PMCoordinato dal CRPV (Centro Ricerche Produzioni Vegetali) e cofinanziato da Regione Emilia Romagna, Organizzazioni dei Produttori Ortofrutticoli, banche e altri organismi privati di servizi, tutti legati alla filiera produttiva del kiwi, il progetto si poneva essenzialmente l’obiettivo di studiare a fondo la malattia e individuare le tecniche migliori per contrastarla.

                      Provocato dal batterio Pseudomonas syringae pv. actinidiae (Psa), il cancro dell’actinidia è comparso in Italia nel 2008 nell’area di maggior diffusione di questa specie, ovvero il Lazio, e si è poi diffuso in altre zone del Centro Nord tra cui la Romagna, particolarmente vocata per questo frutto. Contemporaneamente, la batteriosi si è propagata rapidamente in tutti i Paesi del mondo produttori di kiwi causando la quasi completa estirpazione della varietà gialla Hort 16A, più sensibile, e mettendo a dura prova, in molte aree, anche la tradizionale cultivar verde Hayward, ancora oggi la più coltivata.

                      “Grazie a questa iniziativa, che rappresenta un esempio virtuoso di lavoro di squadra a cui hanno partecipato in modo sinergico istituzioni pubbliche, cooperative, agricoltori, tecnici e ricercatori, abbiamo ottenuto informazioni estremamente utili per affrontare con maggiore consapevolezza la prevenzione e la difesa del kiwi dal PSA” – dichiara Maria Grazia Tommasini, coordinatrice del progetto per CRPV. “In particolare – prosegue Tommasini – abbiamo potuto approfondire alcuni importanti aspetti epidemiologici di Pseudomonas syringae pv. Actinidiae relativi ad esempio all’influenza del polline e dei frutti nella disseminazione del batterio: mentre i frutti non manifestano presenza di Psa alla raccolta e pertanto non rappresentano un rischio, il polline può rappresentare un veicolo di diffusione della malattia. Il progetto ha anche confermato la capacità di sopravvivenza del batterio come ospite occasionale su altre colture e specie infestanti, senza dare origine a sintomi. Interessanti prospettive sembrano essere offerte da antagonisti isolati da impianti di kiwi infetti e su cui gli studi stanno proseguendo. In merito alle pratiche agronomiche, l’irrigazione, entro i limiti della normale restituzione idrica, sembra non avere particolari effetti sullo sviluppo del batterio, influenzato invece dalla fertilizzazione ed in particolare da alcuni microelementi come lo zinco, su cui si sta ulteriormente indagando”.

                      “Se da un lato i risultati di due anni di ricerca confermano l’importanza di una corretta gestione agronomica per prevenire e contenere questa malattia – sottolinea Tommasini – dall’altro evidenziano che sul fronte della difesa stiamo attraversando una fase di work in progress nella quale, comunque, alcuni prodotti come i rameici ed il Bion (Acibenzolar-S-methil) continuano a ricoprire un ruolo importante nella lotta al PSA”.

                      Gli studi sulle tecniche vivaistiche per la conservazione del materiale di fonte sono stati efficaci e materiale sicuro è disponibile presso il Centro Attività Vivaistiche di Tebano. Le indagini sulla micropopagazione hanno evidenziato un elevato grado di sopravvivenza e patogenicità del batterio nel tempo pur senza sintomi, anche con dosaggi molto ridotti del patogeno. Risulta quindi fondamentale partire per la moltiplicazione da materiale sano e controllato nelle diverse fasi fino al trasferimento in campo.

                      In sintesi, il progetto di ricerca realizzato dall’ottobre 2011 al settembre 2013 ha consentito di conoscere più in dettaglio la dinamica infettiva del batterio che colpisce il kiwi provocando conseguenze particolarmente gravi fino alla morte delle piante e alla conseguente estirpazione dei frutteti, fenomeno purtroppo verificatosi in diverse aree produttive italiane e di altri Paesi.
                      In Emilia Romagna, la malattia ha registrato una certa diffusione anche se l’azione di monitoraggio portata avanti dai tecnici delle Organizzazioni dei Produttori ha permesso di raggiungere un buon livello di controllo in quanto gli espianti decretati dal Servizio Fitosanitario dalla comparsa della malattia al 2013 hanno interessato in tutto 153 ettari. Da sottolineare poi l’importanza del sostegno, non solo tecnico e politico ma soprattutto economico, garantito dalla Regione Emilia Romagna che dal 2010 al 2013 ha distribuito alle aziende colpite dalla batteriosi circa 2 milioni e 300 mila euro per risarcire l’abbattimento di piante di actinidia (tra frutteti e vivai), permettendo così di superare la fase critica.

                      “In questi due anni – sottolinea il direttore di CRPV, Alvaro Crociani – abbiamo fatto importanti passi avanti nella conoscenza della Batteriosi del kiwi e degli strumenti migliori per prevenirla e contenerla. Restano però ancora molti aspetti da approfondire e dubbi da chiarire. A questi interrogativi cercherà di rispondere il nuovo progetto “Ricerche su PSA del kiwi e PPV delle drupacee”, che proseguirà l’attività di ricerca in questo campo per altri due anni. Sempre coordinato dal CRPV e cofinanziato in particolare dalla Regione Emilia Romagna, cercherà di fornire le indicazioni per consentire una convivenza, seppur non semplice, con la batteriosi prevedendo che non sarà possibile debellarla completamente”.

                      Contemporaneamente, anche il nuovo Programma Regionale di Sviluppo Rurale 2014-2020 contribuirà a gettare un “raggio di luce” su questa terribile malattia. “A tale proposito – dichiara il presidente Giampiero Reggidori – il CRPV si pone come elemento attivo e protagonista a supporto della nuova programmazione agricola regionale rimarcando il proprio ruolo di primo piano nella raccolta delle esigenze di ricerca e sperimentazione grazie alla professionalità, all’esperienza ed al forte legame con il mondo della produzione”. “La ricerca da sola non basta a rendere più solido e competitivo un settore economico, tanto più quando si parla di agricoltura: serve una filiera dell’innovazione che parta dal produttore e torni al produttore – prosegue Reggidori”. “Il compito di CRPV – conclude il presidente – è essenzialmente quello di rendere più fluida questa filiera ponendosi come intermediario tra le esigenze della produzione e gli enti pubblici. Una caratteristica ideale per rispondere alla nuova indicazione comunitaria in tema di innovazione agricola. La parola d’ordine dei PSR è infatti sinergia ed i beneficiari delle risorse (95 milioni di euro in Emilia Romagna contro i 35 del periodo 2007-2013) potranno essere soprattutto i cosiddetti Gruppi Operativi, aggregazioni di agricoltori, ricercatori, broker per l’innovazione e associazioni. CRPV si sente in linea con questo profilo ed è pronto a rispondere alla richiesta europea”.