Nuovi materiali, macchinari, processi e tecnologie per una corretta gestione della sicurezza alimentare e della sostenibilità del comparto food: al centro il packaging, come elemento fondamentale dell’innovazione in questo ambito. Se n’è parlato venerdì 17 dicembre al Campus di Scienze degli Alimenti, nell’ambito del workshop “Next Generation Food Packaging”, che si è svolto in mattinata nell’Aula Magna del polo universitario cesenate. Cuore del workshop è stato un confronto fra mondo produttivo e mondo della ricerca sul tema dell’imballaggio come elemento fondamentale per la sostenibilità e la sicurezza alimentare. Le sue evoluzioni in termini tecnici e produttivi sono state descritte dal CIRI-Agro (*), il Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale Agroalimentare dell’Università di Bologna, che svolge e coordina attività di ricerca e formazione professionale volte a potenziare i rapporti con l’industria e con il mondo produttivo. Il settore imprenditoriale è stato invece rappresentato da alcune realtà (*) che collaborano attivamente con i laboratori di ricerca industriale del CIRI, che hanno illustrato delle case history di successo nella progettazione e utilizzo di confezioni alimentari innovative ed eco-friendly.
Una di queste case history è l’imballaggio Attivo di Bestack, il packaging “intelligente” che il Consorzio dei produttori italiani di imballaggi in cartone ondulato per ortofrutta ha brevettato insieme all’Università di Bologna: si tratta di una speciale confezione in grado di allungare la vita di scaffale di frutta e verdura, riducendo significativamente gli sprechi. Considerando il consumo annuale di ortofrutta in Italia (pari a circa 6,2 milioni di tonnellate), si parla di 600 mila tonnellate di prodotti ortofrutticoli (ovvero quasi il 10% di frutta e verdura messe nel carrello dagli italiani) che ogni anno potrebbero evitare di finire nella spazzatura grazie all’utilizzo di questo packaging.
“È sempre crescente la sensibilità da parte dei consumatori nei riguardi degli imballaggi, soprattutto perché è l’aspetto più visibile che rimane dopo il consumo del prodotto – dichiara il rettore dell’Università di Bologna Giovanni Molari -. La giornata di oggi ci fornisce una panoramica sulle migliori soluzioni di packaging: dalla scelta dei materiali, alle tecnologie e al design, per poter avere la maggiore sostenibilità possibile e arrivare dai campi alla tavola senza sprechi. L’imballaggio sostenibile deve soddisfare innanzitutto i requisiti per cui è progettato nello svolgimento delle sue funzioni primarie: deve preservare cioè la qualità senza contaminare l’alimento, svolgendo anche un ruolo attivo nel conferire maggiore durabilità al prodotto”.
Il direttore generale del Consorzio Bestack Claudio dall’Agata al workshop al Campus degli Alimenti ha portato il racconto di una collaborazione – quella con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari (Distal) dell’Università di Bologna – che ha preso il via nel 2011 e che ha portato alla realizzazione del brevetto di un imballaggio in cartone per ortofrutta Attivo che mantiene la frutta buona per più tempo e riduce lo spreco, al servizio di tutta la filiera ortofrutticola. “Azienda e ricerca: si è creato un tandem, in tutti questi anni, con il quale abbiamo percorso una strada costellata di soddisfazioni e importanti risultati – esordisce il direttore di Bestack a proposito della collaborazione con il Distal -. L’azienda, lungo questo percorso, ha messo in campo la sua conoscenza del mercato, la competenza nel leggere le esigenze del domani e la capacità di cogliere gli elementi competitivi per futuri sviluppi del settore. La ricerca, dal canto suo, ha messo a disposizione esperienza e know-how, rigore scientifico e un approccio super partes nello studio e nella sperimentazione in un ambito, quello del packaging, prima di questa esperienza inesplorato”.
La collaborazione fra il Consorzio Bestack e il Distal si è sviluppata e consolidata nel tempo. “L’Università – prosegue Dall’Agata – è stata un partner fondamentale nell’assistere il Consorzio nell’applicazione di scala del progetto dell’imballaggio Attivo, e in particolare nella quantificazione dei benefici che questa speciale confezione può portare lungo la filiera, dal campo alla tavola. Questo è un nodo centrale. L’innovazione infatti ha un senso solo se tiene conto del contesto applicativo di riferimento. Se il beneficio resta qualcosa di aleatorio, avvalorato da dati scientifici ma privo di un riscontro nella realtà, l’innovazione, anche la migliore, resta inapplicabile”.
Tornando dunque al rapporto ricerca-impresa, cuore del workshop, la chiave di una partnership di successo, per Bestack, si basa su tre punti cardine: trovare un’innovazione, quantificarne i benefici nella realtà e verificare che questi benefici siano chiari e distribuiti tra tutti gli attori della filiera. Allora si può parlare, come nel caso dell’imballaggio Attivo, di un brevetto democratico, realizzato da tutte le aziende socie del Consorzio e al servizio del settore ortofrutticolo italiano. Un’innovazione che crea competitività nei mercati internazionali e che porta sostenibilità economica e ambientale, a vantaggio di tutti, produttori, distributori e anche consumatori. Perché comprare un frutto che, grazie al packaging, ha una maggiore vita di scaffale, significa avere più tempo per mangiare cibo buono e fresco, riducendo così la quantità di scarti che finiscono nella spazzatura, anche a livello domestico.
“Credo che ci sia ancora un forte materiale inespresso nel rapporto università-impresa- conclude il direttore generale di Bestack -. Oggi per lo più facciamo progetti di approfondimento specifico, mentre sappiamo che le scelte aziendali sono frutto di processi multisettoriali e multifunzionali che interessano gruppi di lavoro composti da referenti di diverse funzioni in azienda. L’Ateno di Bologna è al vertice nell’offerta formativa in termini di disciplinarietà. I diversi dipartimenti potrebbero dialogare maggiormente tra loro per offrire alle aziende progetti di innovazione e sviluppo applicativo completi, chiavi in mano, per tutte le funzioni che coinvolgono. Significherebbe favorire commistioni di approcci e relazioni tra competenze diverse e replicare in progettazione le dinamiche aziendali”.
Il workshop, moderato dal giornalista Cristiano Riciputi, ha visto la partecipazione del rettore dell’Università di Bologna Giovanni Molari, del sindaco di Cesena Enzo Lattuca, dell’assessore della Regione Emilia-Romagna Paola Salomoni, del presidente del Clust-ER Regionale AGRIFOOD Massimo Ambanelli, del presidente di Ser.In.Ar./Tecnopolo di Forlì-Cesena Dario Maio e della direttrice operativa di Art-ER Marina Silverii.
* Questi gli interventi del confronto tecnico fra imprese e ricerca:
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