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                      Padova, l’ombra del caporalato sulla strage dei braccianti lungo la Postumia

                      Il 20 maggio lungo la statale Postumia a San Pietro in Gu (Pd) una Fiat Multipla con a bordo sei giovani braccianti africani si è schiantata contro un camion, in un incidente fatale che è costato la vita a quattro di loro. I passeggeri sono stati riconosciuti dalla polizia scientifica tramite le impronte digitali: erano tutti clandestini. Uno dei due sopravvissuti racconta dettagli agghiaccianti sulle condizioni di lavoro nei campi. L’auto incidentata sembra avesse i freni guasti ed è intestata a una cooperativa in liquidazione indagata per caporalato. Il Veneto insieme alla Lombardia è la regione del Nord più colpita dal fenomeno del lavoro irregolare, una piaga che vale 5,6 miliardi l’anno

                      Dalla Redazione

                      caporalato

                      Braccianti “fantasma”, sono loro che hanno perso la vita nel tragico incidente avvenuto venerdì 20 maggio nel padovano, lungo la statale Postumia all’altezza di San Pietro in Gu. Erano in sei a bordo di una Fiat Multipla con i freni malmessi che, scendendo da un cavalcavia, si è schiantata frontalmente contro un camion nel tentativo di evitare una colonna d’auto. Quattro dei sei giovani africani clandestini hanno perso la vita, sono stati identificati a seguito delle indagini della polizia scientifica di Padova, che ha prelevato le loro impronte digitali: avevano tra i 20 e i 26 anni ed erano tutti privi di permesso di soggiorno, lavoravano nei campi vicino al luogo dell’incidente.

                      Anche i due sopravvissuti sono lavoratori irregolari, si tratta del 32enne Mounim Zohair e del 40enne Abdelwahid. Il primo vive in Italia da circa un anno e mezzo; ieri è stato dimesso dall’ospedale di Cittadella dove si trovava ricoverato in via precauzionale, mentre il collega è ancora ricoverato con ferite alle gambe.

                      I sei braccianti fantasma vivevano tutti a Cologna Veneta (Verona), dove ha sede la cooperativa Emma Group a cui è intestata la Fiat Multipla su cui viaggiavano, come riporta  il Corriere del Veneto.

                      Nel 2019 Emma Group era finita al centro di un’indagine della Guardia di Finanza per caporalato e adesso risulta in liquidazione, mentre il suo legale rappresentante marocchino, dopo aver scontato 7 mesi in carcere, è libero e sotto processo per caporalato e sfruttamento della manodopera clandestina. La prossima udienza davanti al Tribunale collegiale di Verona è in programma l’11 ottobre, le accuse contestate sono gravi e si basano sui racconti inquietanti di lavoratori che, stando alle indagini della Guardia di Finanza, “venivano usati nei campi nei come schiavi”.

                      Anche dalle parole di uno dei due superstiti dell’incidente di San Pietro in Gu emergono particolari inquietanti. “La mattina mentre andavamo al lavoro avevamo già evitato due incidenti perché i freni dell’auto funzionavano poco, tanto che per fermarci ci toccava utilizzare anche il freno mano”, racconta Mounim Zohair all’Arena di Verona, come si legge in un articolo pubblicato oggi nella cronaca locale. Il veicolo ha 18 anni di vita e risulta regolarmente assicurato, ma saranno le indagini della polizia stradale di Padova ad appurare eventuali irregolarità al sistema frenante. La polizia dovrà anche chiarire come sia possibile che i giovani braccianti lavorassero, seppur irregolarmente, attraverso una cooperativa in liquidazione. O forse era solo il veicolo a essere intestato a quest’ultima, mentre gli accordi per lavori erano gestiti da altre società. “Noi venivamo contattati da un cugino dell’ex proprietario della cooperativa Emma Group che era finito anche in carcere qualche anno fa – continua il 32enne marocchino sull’Arena -. A volte lavoravamo sette giorni su sette per 10 ore al giorno. Non facevamo nessuna pausa e la paga si aggirava sui 5-6 euro all’ora. Non rifiutavo mai di andare perché chi lo faceva dopo rischiava di non essere più chiamato. Guadagnavo circa mille euro al mese”.

                      I lavoratori gravemente sfruttati nel Veneto sono oltre 5.500, sottolinea il Corriere del Veneto, vengono pagati 3 o 4 euro l’ora per turni che d’estate arrivano anche a 13-14 ore al giorno, secondo i dati rilevati dal “V Rapporto Agromafie e Caporalato” dell’Osservatorio Placido Rizzotto. L’incidenza del lavoro irregolare in Italia vale 79 miliardi di euro e il Veneto contribuisce con 5,6 miliardi, che equivarrebbero al 3,8% del Pil regionale. “Una piaga favorita dal fatto che su 10 mila permessi di soggiorno rilasciati in un anno solo 900 sono stati concessi per motivi di lavoro – rivela al Corriere Silvana Fanelli, Cgil Veneto -. Eppure adesso non solo l’agricoltura, ma anche l’industria e il turismo hanno nuovamente bisogno di manodopera”.

                      “Ormai lo sfruttamento e il caporalato in Veneto hanno varcato i confini dell’agricoltura, per trovare terreno fertile negli appalti delle aziende industriali, nell’agroalimentare, nel manifatturiero, nella logistica, nell’edilizia, nel volantinaggio – le fa eco Giosuè Mattei, segretario generale Flai Cgil, sempre intervistato dal Corriere del Veneto -. La nostra regione insieme alla Lombardia è la più colpita al Nord, nel quale sono in corso 143 procedimenti giudiziari, per aumento del 28%”.

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