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                      Pesche e nettarine, nel veronese la produzione è calata del 50 per cento

                      pesche
                      Le produzioni sono passate da 890mila quintali del 1985 ai 370mila del 2014; le superfici coltivate a pesco e nettarine sono dimezzate passando da 5.400 ettari del 1985 a 2.720 ettari del 2014: una riduzione del 50%. A ciò si aggiungono i prezzi alla produzione, mai così bassi come nel 2014 (0,25 EUR/kg) a fronte di costi di produzione doppi

                       

                      pescheNegli ultimi quindici anni la superfici coltivata a pesco e nettarine è calata in Italia del 20%, arrivando a 80mila ettari. Parallelamente è diminuita anche la produzione, del 7%, assestandosi a 15 milioni di quintali. Insomma, mentre i consumi di frutta in Europa segnano trend di crescita, quello delle pesche è stagnante e non fa intravedere cambiamenti importanti nel prossimo futuro. Una dinamica registrata anche nel veronese dove, stando a quanto riportato dal quotidiano L’Arena, le produzioni sono passate da 890mila quintali del 1985 ai 370mila del 2014; le superfici coltivate a pesco e nettarine sono dimezzate passando da 5.400 ettari del 1985 a 2.720 ettari del 2014: una riduzione del 50%. A ciò si aggiungono i prezzi alla produzione, mai così bassi come nel 2014 (0,25 EUR/kg) a fronte di costi di produzione doppi. Quest’anno i prezzi medi delle pesche e nettarine rilevati dall’Ismea sono leggermente superiori (+4.6%) a quelli del 2014, ma comunque molto al di sotto dei costi di produzione, mediamente di 0.45 EUR/kg, nonostante il prodotto sia qualitativamente superiore.

                       

                      Di contro si registra una vera invasione di frutta straniera con le importazioni che negli ultimi 15 anni sono aumentate del 37% e la progressiva riduzione dei consumi da parte delle famiglie. La soluzione? Occorre intervenire per promuovere i consumi sul mercato interno e per sostenere le esportazioni. E poi c’è l’aggregazione, l’unica arma disponibile dell’agricoltore assieme all’organizzazione della filiera per coordinare la diffusione ed il consumo delle pesche, per definire e contenere le troppe varietà presenti, per fornire indicazioni sulle tecniche colturali, sui disciplinari e sugli standard qualitativi che devono essere applicati. “La pesca veronese per distinguersi”, si legge nell’articolo, “dovrà avere delle caratteristiche peculiari e andranno comunicate in maniera efficace lungo la filiera fino al consumatore finale. L’organismo interprofessionale (Oi) delle pesche stenta a decollare. Occorre un vero confronto tra i rappresentanti della produzione e della distribuzione per coordinare azioni condivise. Tuttavia non è ipotizzabile un dialogo con la distribuzione (Gdo) se i produttori non sono tra loro coordinati”.