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                      Pomodoro cinese: è invasione? Botta e risposta tra Coldiretti e ANICAV

                      L’allarme di Coldiretti, secondo cui l’aumento del 43% nelle importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina rappresenta una minaccia dal punto di vista commerciale e della salute, ha fatto parlare molto nei giorni scorsi. Al centro delle preoccupazioni, il fatto che l’attuale normativa non preveda l’obbligo – per concentrati e sughi pronti – di indicare in etichetta l’origine del pomodoro. Obbligo che vale invece per passate, polpe e pelati. Non si è fatta attendere la risposta di ANICAV, che osserva come il consumo nazionale di concentrato di pomodoro sia pari a poco più dell’1,5% del mercato dei derivati del pomodoro, essendo in larga parte rilavorato e rispedito all’estero. Intanto il Ministro Martina  promette maggiori controlli e più informazione per tutelare agricoltori e consumatori

                       

                      di Massimiliano Lollis

                       

                      È di qualche giorno fa l’allarme di Coldiretti, che in un comunicato diramato in occasione della divulgazione dei dati Istat relativi al commercio estero da Paesi extracomunitari a gennaio 2017, ha denunciato un aumento del 43% nelle importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina, per un totale di circa 100 milioni di chili nel 2016. L’associazione dei coltivatori ha osservato come negli ultimi tempi siano sempre più numerosi i fusti in arrivo dalla Cina carichi di concentrato di pomodoro da rilavorare e confezionare come italiano “poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro”. Con un balzo record del 22,3% delle importazioni, superiore a quello delle esportazioni (+19,7%), sarebbe quindi concreto il rischio che il concentrato di pomodoro cinese venga spacciato come made in Italy sui mercati nazionali ed esteri.

                       

                      Ancora una volta i coltivatori ribadiscono la necessità di una maggiore trasparenza, ipotizzando l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, cosa che nel nostro Paese al momento vale unicamente per la passata di pomodoro ma non per il concentrato o per i sughi pronti. E proprio un’etichetta di questo tipo sarebbe fortemente voluta dall’84% degli italiani, stando ai risultati di una recente consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Mipaaf.

                       

                      Ma perché i pomodori cinesi dovrebbero preoccuparci? Oltre al fattore commerciale, che secondo Coldiretti rappresenta una minaccia per molti produttori italiani, c’è il rischio per la salute, considerato che la Cina sarebbe il primo Paese per numero di notifiche da parte dell’UE per prodotti alimentari contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge. Al tempo stesso, mentre le importazioni dall’estero aumentano, l’Italia sta per diminuire la produzione nazionale, ritenuta eccessiva dalle industrie di trasformazione.

                       

                      Di fronte a un allarme di questo tipo, l’industria italiana del pomodoro non poteva certo rimanere a guardare. A pochi giorni di distanza è arrivata la risposta dell’ANICAV (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali), che in una nota ha precisato che “Il consumo italiano di concentrato di pomodoro è pari a poco più dell’1,5% del mercato dei derivati del pomodoro”, e che invece “passate, polpe e pelati rappresentano il 98,5% del pomodoro che arriva sulle nostre tavole, ed è tutto italiano”.  Si tratta infatti di prodotti che è possibile ricavare solo da pomodoro fresco, che per questo motivo deve essere lavorato entro 24/36 ore dalla raccolta. Lavorare prodotto fresco proveniente da altri Paesi sarebbe infatti impossibile, sia per la distanza che per l’impatto sui costi.

                       

                      L’Italia importa circa 200 mila tonnellate di concentrato di pomodoro all’anno da diversi mercati mondiali

                      Impossibile, quindi, ingannare il consumatore sull’origine del prodotto: “ipotizzare che tali derivati possano essere ottenuti da un semilavorato, quale il concentrato cinese” sostengono gli industriali, “è come pensare di poter trasformare una bottiglia di vino in trenta grappoli d’uva”.

                       

                      Le importazioni straniere di concentrato però ci sono, e sono notevoli. Lo rileva la stessa ANICAV: “importiamo circa 200.000 tonnellate di concentrato di pomodoro da diversi mercati mondiali, quali la Cina, gli USA, la Spagna, il Portogallo e la Grecia, ma lo rilavoriamo e ne esportiamo più del doppio”. Il prodotto finito, dopo il “trattamento” italiano, sarebbe quindi destinato essenzialmente al mercato estero, generando un volume di affari di circa mezzo miliardo di euro e qualche migliaia di occupati.

                       

                      Intanto sul tema è intervenuto anche il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, che rispondendo a una interrogazione parlamentare, pur facendo presente che le importazioni non sembrano influire sull’ampiezza delle superfici italiane investite a pomodoro destinato alla trasformazione in prodotti tipici (pelato, polpa, concentrato), ha ricordato che il Ministero è “al lavoro con l’intera filiera del pomodoro nazionale al fine di tutelare il reddito dei nostri agricoltori, valorizzare le produzioni nazionali e dare la massima informazione ai consumatori”. Il ministro ha poi ricordato che “per valorizzare il prodotto italiano, con il collegato agricolo approvato nel 2016 sono state introdotte disposizioni in materia di prodotti derivati dalla trasformazione del pomodoro, definendo meglio la denominazione dei prodotti”.

                       

                      “In ogni caso” ha concluso il ministro, “per evitare la fraudolenta introduzione e commercializzazione nel nostro Paese di falsi concentrati di pomodoro Made in Italy, oltre a intensificare i controlli in tutte le fasi della filiera, i competenti organi di controllo monitorano costantemente anche i flussi d’introduzione di prodotti provenienti dai Paesi extra europei”. Il tutto nel segno di una maggiore tracciabilità del concentrato di pomodoro.

                       

                      Oltre alle considerazioni dell’ANICAV, che per quanto esaurienti sembrano non prendere in considerazione il rischio che ne può derivare per l’immagine del made in Italy sui mercati esteri, in un contesto che dal punto di vista di molti resta ancora poco trasparente, tenere gli occhi aperti su provenienza dei prodotti ed etichette sembra essere quindi l’unica bussola nella scelta di prodotti più sicuri e sani.

                       

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