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                      Pomodoro da mensa? Pavan: “Quello snack è la tendenza. Ma ci vuole anche il gusto”

                      Tomatoes are displayed at the Australian booth of the so-called Green Week (Gruene Woche) Agriculture and food Fair in Berlin on January 20, 2012. Romania is the fair's guest country. AFP PHOTO / ODD ANDERSEN (Photo credit should read ODD ANDERSEN/AFP/Getty Images)

                      Conquistare il consumatore, partendo da una riscoperta del gusto. Ecco la sfida sui cui si concentrerà il nuovo mandato di Massimo Pavan, neo eletto coordinatore del Comitato di prodotto del Pomodoro da mensa di Ortofrutta Italia. L’imprenditore chioggiotto ci ha dato un quadro della campagna attuale, fra concorrenza straniera e gli agenti esterni (la virosi prima e il gelo poi) che hanno già compromesso oltre il 30% della produzione. Secondo Pavan, che nel settore ha un’ampia esperienza, la strada da perseguire non è la quantità, e nemmeno il prezzo, ma la qualità. Il consumatore va conquistato, ma anche educato e guidato nella scelta delle diverse varietà di pomodoro oggi presenti sul mercato. Magari con consigli utili sui migliori utilizzi in cucina. La tendenza? Il pomodoro a bacca piccola. La migliore coltivazione? Quella sotto serra. Al bando invece il fuori suolo, “l’Italia non ne ha bisogno”

                       

                      di Carlotta Benini

                       

                      È Massimo Pavan il nuovo coordinatore del Comitato di prodotto del Pomodoro da mensa di Ortofrutta Italia, l’organizzazione interprofessionale riconosciuta recentemente dal Ministero delle Politiche, agricole, alimentari e forestali come organo di rappresentanza di un settore tra i più vocati ed eccellenti dell’agroalimentare italiano. Un settore che deve tuttavia fare fronte a diverse problematiche, in primis alla concorrenza dei Paesi dell’Africa nord sahariana, dove i bassi costi della manodopera consentono di immettere sul mercato un prodotto più competitivo di quello italiano in quanto a prezzi. E che, non da ultimo, risente dell’andamento climatico sfavorevole delle ultime due annate, compresa quella in corso. Abbiamo fatto una chiacchierata con il neo eletto coordinatore del Comitato del Pomodoro da mensa. Originario di Chioggia, dove da anni lavora alla guida di Pef (ex Pevianifrutta), storica azienda di famiglia specializzata nella produzione e nel confezionamento di ortaggi, Pavan è anche socio amministratore di un’azienda agricola a Ispica (Ragusa) che partecipa alla OP Valleverde, della quale è vicepresidente. È inoltre impegnato alla vicepresidenza dei Consorzi di valorizzazione dell’IGP della Carota novella di Ispica e dell’IGP del Pomodoro di Pachino.

                       

                      Come sta andando la campagna, dopo le gelate di gennaio?

                      Prima del gelo, il comparto è stato colpito da un problema perfino più grave: un attacco di virosi, che si è abbattuto sugli impianti tra settembre e ottobre. Numerose serre sono state danneggiate, specie nel vittoriese; la zona di Pachino è stata meno colpita, ma in generale si contano danni importanti. Diverse serre sono state estirpate e quindi ripiantate, in alcuni casi la virosi ha colpito anche il secondo impianto, costringendo i produttori a una nuovo abbattimento della coltivazione.

                       

                      Cosa ha scatenato il virus?

                      Il vettore è un insetto, una farfallina bianca contro cui attualmente non si conoscono metodi di difesa. Si è diffusa probabilmente a causa delle temperature troppo miti dell’annata 2015/2016. Il virus ha causato perdite su tutte le varietà di pomodoro, il ciliegino è stato compromesso all’80%, coinvolgendo anche altri ortaggi come le zucchine.

                       

                      Se la scorsa annata è stata caratterizzata da un inverno troppo mite, la stessa cosa non si può certo dire per quella in corso: avete una stima dei danni per il gelo?

                      Un bilancio reale ce l’avremo solo a luglio, ma già si parla del 30-35% della produzione persa a causa di entrambi i fattori, la virosi e le gelate. Temo purtroppo che la percentuale sia destinata a crescere.

                       

                      I prezzi oggi si sono stabilizzati?

                      Sì, oggi viaggiamo su valori nella norma, per tutti gli ortaggi. Per il ciliegino si parla ad esempio di 1,30-1,40 euro al chilo. Ci auguriamo però che non scendano, perché in quel caso sarà difficile pensare di coprire i costi di produzione.

                       

                      A sinistra Massimo Pavan, neo coordinatore del Comitato del Pomodoro da mensa (Copyright: Fm)

                      Quali sono le varietà di pomodoro su cui investire, oggi?

                      Ciliegino, datterino, mini plum: c’è un crescente interesse verso le bacche di piccola dimensione. Il consumatore si fa sedurre dall’aspetto, ma vuole anche un riscontro al palato: ecco allora che diventa sempre più necessario, oggi, tornare a lavorare sul gusto. In passato, per andare incontro alle esigenze della grande distribuzione, ci siamo concentrati sul calibro, sulla consistenza del prodotto e sulla sua resistenza, mettendo da parte il sapore. In parte forse è stato un errore, a cui occorre rimediare.

                       

                      In America stanno mettendo a punto una ricetta biotech (leggi qui) in grado di restituire al pomodoro il suo aroma originario. Cosa ne pensa?

                      Ben vengano iniziative di questo tipo! Dobbiamo riconquistare il consumatore con il gusto e non solo con l’aspetto estetico.

                       

                      Oltre alla Sicilia, quali sono le zone più vocate al pomodoro nel nostro Paese?

                      Nel Lazio si sta sviluppando molto la produzione di pomodoro da mensa. Anche nel veronese ci sono nuovi areali dove si sta facendo una produzione in serra interessante. E poi c’è la Puglia, che fa un ottimo prodotto, sia in serra che sotto rete. La coltura protetta, in definitiva, è la soluzione ideale per il pomodoro da mensa.

                       

                      E il fuori suolo? Come vede queste tecniche di coltivazione?

                      Personalmente non sono molto favorevole: abbiamo bisogno di tornare alla terra e ai veri sapori del territorio. Un pomodoro prodotto fuori suolo, ha le stesse caratteristiche sia che cresca in Sicilia, che a Bolzano. Capisce che la cosa è ben differente, se parliamo di terreno.

                       

                      I pomodori di tendenza? Ciliegini, datterini, mini plum: quelli piccoli conquistano il consumatore

                      Perché c’è sempre più attenzione verso questo metodo, allora?

                      Perché dà una maggiore resa per ettaro, con una conseguente riduzione dei costi di produzione. Ma, a dispetto di quanto si possa pensare, non è naturale, nè ecosostenibile. Il substrato su cui crescono le piante è fatto generalmente di panetti di fibra di cocco, nei quali vengono aggiunte, attraverso l’acqua, le sostanze nutritive di cui la pianta ha bisogno. Al termine del loro ciclo di vita, questi panetti pongono anche il problema dello smaltimento, in quanto conservano un’altissima concentrazione di sostanze chimiche. A mio avviso, l’Italia non è costretta a perseguire questa strada.

                       

                      Cosa intende?

                      Abbiamo un terreno meraviglioso, che dà frutti unici grazie a una biodiversità straordinaria, che solo il nostro Paese ha. Dobbiamo valorizzare il gusto, il territorio, la tipicità, non i volumi per ettaro. Abbiamo i terreni più vocati per produrre un pomodoro di qualità, dal sapore autentico e dall’identità unica: restituiamo queste caratteristiche al consumatore. Se ci appiattiamo nella globalizzazione, abbiamo finito di lavorare.

                       

                      Dunque sono queste le linee guida su cui si svilupperà il suo nuovo mandato?

                      Prima voglio partire da dati certi, coinvolgendo anche le varie associazioni di categoria, per avere una fotografia fedele di quella che è la produzione di pomodoro da mensa in Italia. Per capire cosa stiamo producendo, in che direzione stiamo andando e se quello che stiamo facendo è giusto per consumatore. In base ai dati poi faremo delle analisi per dare un indirizzo alla produzione. In seconda battuta è necessario anche informare maggiormente il consumatore, educarlo per sfatare i luoghi comuni.

                       

                      Un esempio?

                      Le serre: non è vero che la coltivazione protetta è meno naturale di quella in campo aperto. Al contrario: sotto serra si riesce a creare un micro ambiente di difesa dagli agenti esterni che permette di ridurre del 70% l’utilizzo sostanze chimiche rispetto al prodotto in pieno campo.

                       

                      Sono previste anche campagne di comunicazione ad hoc?

                      A maggio e giugno, quando avremo il picco produttivo, faremo una campagna istituzionale nella grande distribuzione, organizzata dal Comitato e sostenuta dal Mipaaf. Il ‘Mese del pomodoro italiano’, già proposto con successo lo scorso anno, coinvolgerà i punti vendita della Gdo con affissioni e altro materiale promozionale che vuole richiamare l’attenzione del consumatore sulla territorialità, la tipicità e la qualità del pomodoro italiano. In futuro vorremmo proseguire con iniziative ‘customer oriented’, per fare conoscere le diverse varietà di pomodoro presenti oggi sul mercato e i loro migliori utilizzi in cucina.

                       

                       

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