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                      Pratiche commerciali sleali e mercato sbilanciato. De Castro: “L’Art. 62 non ha funzionato”

                      Articolo 62
                      L’Articolo 62 – ovvero la normativa italiana in tema di rapporti all’interno della filiera e termini di pagamento per le cessioni di prodotti agricoli e alimentari – torna sotto ai riflettori a Fruit Logistica 2020 con un evento organizzato all’interno dell’Italian Fruit Village per parlarne con rappresentanti istituzionali ed esperti. Ospite d’eccezione Paolo De Castro, coordinatore S&D Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo e relatore della direttiva europea contro le pratiche commerciali sleali, entrata in vigore il 30 aprile 2019 e in attesa di venire recepita dal parlamento italiano. “L’Articolo 62 – osserva De Castro – è un’ottima legge, ma evidentemente non ha funzionato avendo affidato la funzione di authority all’Antitrust. La mia proposta – sottolinea – è quella di affidare questo ruolo a un’autorità nazionale che abbia i numeri: esiste già e si chiama Ispettorato Controllo Qualità (ICQ) e può contare su 2 mila persone”

                      di Massimiliano Lollis 

                      Direttiva

                      Da sinistra: Antonio Costantino (Confagricoltura Salerno), Marco Salvi (Fruttimprese), il giornalista Lorenzo Frassoldati, Paolo De Castro (Parlamento Europeo) e Massimiliano Giansanti (Confagricoltura)

                      L’Articolo 62, la normativa italiana in tema di rapporti all’interno della filiera e termini di pagamento per le cessioni di prodotti agricoli e alimentari, è stato al centro di un evento dal titolo “Art. 62 – La concorrenza, opportunità per le aziende?” organizzato all’interno dell‘Italian Fruit VillageFruit Logistica 2020. La norma vedeva la luce quasi un decennio fa – nel 2012 – per difendere i produttori agricoli sul fronte dei pagamenti – stabilendo un termine tassativo di 30 giorni per i pagamenti delle merci deteriorabili e di 60 giorni per tutte le altre – e nella lotta contro le pratiche commerciali scorrette. All’epoca il provvedimento era stato accolto positivamente da Confagricoltura, che lo aveva valutato come utile per gli agricoltori alla luce dei suoi principi ispiratori, pur chiedendone una revisione. Oggi, dopo quasi 10 anni e con un contesto socio-economico completamente diverso, è giunto il momento di fare il punto per valutarne gli effetti. 

                      Prima di tutto c’è l’attuale situazione di “sbilanciamento” nei rapporti di forza tra Gdo e mondo della produzione agricola, come osserva il primo dei relatori, Antonio Costantino, presidente di Confagricoltura Salerno: “Negli ultimi anni le catene della Gdo hanno accresciuto il rapporto di forza nei confronti dei produttori attraverso la creazione di strutture sempre più aggregate, forti e potenti. Il risultato per i produttori è uno scarso potere contrattuale. È importante – sottolinea – che il mondo agricolo si organizzi, perché attraverso un’aggregazione di filiera si possono equilibrare i rapporti di contrattazione con la grande distribuzione europea”.

                      È in questo contesto che nasce la direttiva (UE) n. 2019/633 contro le pratiche commerciali sleali, in gestazione da anni, entrata in vigore lo scorso 30 aprile e ora in attesa di venire recepita nel nostro ordinamento. Le nuove misure bandiscono le pratiche sleali quali: i ritardi nei pagamenti per prodotti consegnati, le cancellazioni unilaterali tardive o modifiche retroattive dell’ordine, il rifiuto dell’acquirente di firmare un contratto scritto con il fornitore e l’uso improprio di informazioni riservate. All’evento di Berlino era presente Paolo De Castro, coordinatore S&D Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo e relatore della direttiva. “Poche settimane fa – osserva – il Consiglio dei ministri ha deliberato il recepimento della direttiva. Ora la palla passa al parlamento nazionale, che avrà la possibilità di aumentare gli “spazi di manovra” della direttiva aggiungendo altre pratiche sleali alle 16 codificate nella direttiva. Sono però settimane cruciali – sottolinea – e bisogna fare molta attenzione poiché la fantasia dei parlamenti nazionali in questo frangente è nota, oltre al fatto che si tratta di una direttiva profondamente osteggiata da una parte della filiera”.

                      A questo punto risulta quindi naturale chiedersi che cosa non abbia funzionato nella normativa italiana esistente in materia, l’Articolo 62 per l’appunto. “L’Articolo 62 – sottolinea De Castro – è un’ottima legge poiché ha previsto il problema dei pagamenti nella catena di fornitura portandoli a 30 giorni, ma non ha funzionato a causa di un errore di partenza: avere affidato il ruolo di authority nazionale all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ovvero l’Antitrust, che chiaramente è un ente di altissimo livello ma non ha i mezzi per gestire il flusso di richieste”. La dimostrazione, secondo De Castro, sarebbe nel fatto che in cinque anni sarebbero state sporte solo tre denunce all’Antitrust giungendo solo in un caso alla condanna. Cifre che, paragonate alle 350 denunce registrate ad esempio in Francia nel solo ultimo anno, appaiono anomale. “La mia proposta – scandisce De Castro – è quella di affidare questo ruolo a un’autorità nazionale che abbia i numeri: esiste già e si chiama Ispettorato Controllo Qualità (ICQ) che fa capo al Mipaaf e può contare su 2 mila persone”.

                      Affinché nel settore agricolo si sviluppi una concorrenza sana è necessario che ci sia la collaborazione di tutti, Gdo compresa. “Tutti i retailer in Europa – spiega De Castro – hanno collaborato alla definizione di questa direttiva, seppure in modo non propriamente entusiastico. Le strutture italiane sono state meno aggressive, ma non si sono distinte rispetto agli omologhi europei. Ma al di là di questi aspetti, quello che oggi è necessario è creare un vero clima di collaborazione tra produttori e Gdo, come avviene in Francia e in Regno Unito”. Per quanto riguarda infine l’efficacia prevista della direttiva, De Castro si dimostra ottimista pur invitando alla cautela: “La direttiva può essere senz’altro uno strumento importante che può segnare un cambiamento di epoca se usata bene. Però – mette in guardia – dobbiamo essere bravi ad applicarlo senza dimenticare che anche questa, come tutte le novità, va prima testata”.

                      “Le ultime due indagini promosse da Adm – osserva Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura – dimostrano come la creazione di valore aggiunto nella filiera sia cambiata: cinque anni fa gli anelli deboli erano l’industria e l’agricoltura, mentre quest’anno sono l’agricoltura e la Gdo. L’agricoltura rimane quindi l’anello debole. Per questo – sottolinea – sono convinto che prima di tutto sia fondamentale fare squadra in filiera: ben venga la direttiva e maggiori controlli e verifiche sull’Articolo 62, ma auspichiamo un patto tra tutti gli attori della filiera, una grande alleanza per l’impresa agricola nazionale, poiché solo così potremo trovare delle soluzioni evitando la frammentazione. Oggi le imprese chiedono stabilità di prezzo e di condizioni di conferimento: è necessario sedersi attorno a tavolo e partire dai regolamenti comunali e nazionali per creare le giuste condizioni per la creazione di valore”.

                      Creazione di valore – e di mercato – che nel settore ortofrutticolo tedesco si riesce già ad ottenere in modo efficiente, come suggerisce Marco Salvi, presidente di Fruttimprese: “Perché Fruit Logistica – chiede – è la fiera più grande? Perché si tiene nel più grande mercato d’Europa: attenzione, non il più grande produttore, ma il più grande mercato. Siamo nella capitale del Paese che ha avuto la capacità di far crescere i più grandi retailer e distributori al mondo, da Lidl in poi. Come si diceva, nel nostro contesto nazionale invece c’è uno sbilanciamento enorme tra produzione e distribuzione, mentre all’anello debole, ai produttori agricoli, viene chiesto sempre di più. Questa direttiva è una grande opportunità per provare a cambiare la mentalità più che i rapporti di forza, nella convinzione che nella filiera ognuno abbia il suo ruolo: la parte agricola deve occuparsi della produzione, mentre la distribuzione deve dimostrare che è efficace e riesce a valorizzare il prodotto”.

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