L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA
                      L'INFORMAZIONE PROFESSIONALE PER IL TRADE ORTOFRUTTICOLO
                      L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA

                      Produttori sardi schiacciati dai costi e strozzati dalla Gdo: la denuncia di CNA

                      Per non aumentare i prezzi, la grande distribuzione fa pagare i rincari ai piccoli produttori. A lanciare l’allarme è CNA Agroalimentare Sardegna, che sottolinea come le aziende agricole dell’isola, già in sofferenza per gli aumenti insostenibili dei costi di produzione, a cui hanno fatto seguito le complicazioni della guerra in Ucraina e il blocco dei trasporti della scorsa settimana, non trovino margine di dialogo con la grande distribuzione, che non è disposta a rivedere i listini. Così i produttori, specie quelli più piccoli, rischiano di non riuscire a sopravvivere

                      Dalla Redazione

                      Produttori Sardegna pomodoro

                      “Non c’è pace per l’agroalimentare sardo. Non è bastata la pandemia a generare problemi enormi soprattutto sul fronte del canale Horeca. Non bastavano i danni causati nell’ultima settimana, dal blocco dei porti nei principali scali marittimi regionali, per le imprese del fresco e non solo. Non bastava il rincaro sproporzionato di materie prime ed energia, che hanno avuto ripercussioni pesantissime sul costo finale dei prodotti alimentari. Ci si mette anche la GDO a peggiorare la situazione”. Con queste parola CNA Agroalimentare Sardegna denuncia una situazione ormai diventata insostenibile, in cui le aziende agricole dell’isola, già schiacciate dall’aumento insostenibile dei costi di produzione, non vedono riconoscersi prezzi adeguati dalla grande distribuzione, rischiando così di non riuscire a sopravvivere.

                      “Le microimprese fornitrici delle insegne della Distribuzione Moderna chiedono adeguamenti dei propri listini, la maggior parte dei quali sottoscritti in tempi non sospetti e con costi di produzione ben inferiori a quelli attuali. Ma tutti o quasi riscontrano una forte resistenza con la controparte”, dichiara CNA Sardegna.

                      Gli aumenti incontrollati di energia, gas e carburanti, oltre che di quasi tutte le materie prime alimentari tra le più importanti nella dieta mediterranea, come il grano, i formaggi, la carne, erano già iniziati nella prima metà del 2021 e si sono via via significativamente incrementati senza battute d’arresto. Tra le voci più evidenti ci sono la farina, il mais, i cereali in generale, che hanno segnato impennate sino al 100%. Ma anche burro, latte in polvere, carne, formaggi, verdure hanno registrato aumenti tra il 50 e l’80%.

                      A questi si aggiungono tutti i prodotti non alimentari, ma indispensabili per l’operatività dell’azienda e per presentare il prodotto a scaffale, come per esempio, il packaging. Cartoni, film, pellicole di imballaggio e persino le pedane per la movimentazione delle merci hanno subito aumenti dal 60 al 80%.

                      I problemi erano già palesi l’estate scorsa, ma si sono acuiti con il conflitto in Ucraina, complici le immancabili speculazioni del caso. Dopo un primo periodo in cui i trasformatori hanno cercato di gestire gli aumenti assorbendo e sopportando direttamente i maggiori costi, senza applicare rialzi, è stata giocoforza necessaria la decisione di proporre ritocchi dei listini nella vendita diretta, quanto nella contrattazione con la Grande Distribuzione. Ma fornitori della GDO, soprattutto i più piccoli, che hanno poco potere contrattuale, stanno incontrando resistenze enormi in questo senso.

                      “Dalla seconda metà del 2021 la situazione è precipitata perché gli aumenti dell’energia e del gas, già prima del conflitto in Ucraina erano diventati insostenibili. Il risultato è che le imprese di trasformazione si trovano schiacciate tra il fornitore di materie prime, che continua ad aumentare il costo del prodotto e la Grande Distribuzione che contesta il maggior prezzo – spiega il presidente CNA Agroalimentare Sardegna Alessandro Mattu -. Gli aumenti richiesti dalle imprese di trasformazione sono mediamente sopra il 10%, ma l’incremento ammesso dalle principali insegne della Distribuzione Moderna è, nella migliore delle ipotesi, inferiore alla metà. Certe volte la risposta è un diniego completo, altre è di distribuire l’incremento su un arco temporale molto ampio, di diversi mesi: un termine troppo lungo, che rischia di portare molte aziende alla chiusura”.

                      “C’è inoltre da dire – aggiunge Mattu – che per ogni vendita le aziende perdono circa il 50%, perché i produttori si stanno comunque facendo carico della differenza nell’aumento dei costi, che non stanno cercando di ribaltare completamente sul consumatore. Stanno invece cercando di assorbire l’aumento con una riduzione dei loro margini, ma a quanto pare nemmeno questo basta”. Il paradosso quindi è che chi ha contratti in essere alle condizioni precedenti alla crisi attuale, deve sperare che le richieste di prodotto da parte del cliente siano minime. La speranza, paradossale, è che si debba produrre e vendere poco per limitare il danno. “Meglio lavorare meno, che rischiare il fallimento”.

                      Copyright: Fruitbook Magazine