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                      Puglia, dove si muore nei campi tra uva e pomodori, sotto un sole cocente

                      caporalato
                      Tre casi denunciati nell’ultimo mese. Sottopagati, senza diritti, con contratti spesso inesistenti o in “grigio”. Ora i ministeri del Lavoro e delle Politiche Agricole hanno promesso una stretta sui controlli contro il caporalato

                       

                      caporalatoTre decessi in meno di un mese, nelle campagne pugliesi. Tutti e tre morti sotto un sole cocente, con in mano un contratto che di regolare aveva poco. Abdullah Mohammed, sudanese di 47 anni, morto per infarto a Nardò (Lecce) mentre raccoglie pomodori. Paola, tarantina, 49 anni, morta ad Andria in una vigna: pagata 30 euro a giornata nonostante il contratto nazionale stabilisca che siano almeno 52. E Zaccaria, tunisino, 52 anni e quattro figli, da trenta in Italia, morto pure lui per infarto a Polignano dopo aver finito di caricare cassette di uva su un tir. Diritti? Neanche l’ombra, stando all’inchiesta pubblicata oggi dal Corriere della Sera. Si lavora senza contratto, in nero, come Abdullah. O in grigio, con buste paga in cui è dichiarato un salario doppio o triplo di quello realmente percepito. Oppure, se si muore come Paola, è sufficiente il responso dei medici del 118, «cause naturali», affinché il pm nemmeno apra un’inchiesta.

                       

                      Eppure sembra che il lavoro sui campi funzioni così, in Puglia, dove i lavoratori agricoli iscritti negli elenchi anagrafici sono 185 mila e quelli arruolati nelle campagne non sono meno di 250 mila. Dove su 40 mila aziende agricole con meno di cinque dipendenti, le Direzioni territoriali del lavoro (gli ex Ispettorati, soppressi nel 1997) hanno effettuato solo 1.818 ispezioni. Dove le leggi regionali non sono abbastanza forti per tutelare i lavoratori, dove troppe aziende poi se ne approfittano, perché tanto anche se non applicano i contratti, i finanziamenti pubblici li incassano ugualmente. Negli ultimi mesi è emerso che i caporali preferiscono le donne italiane agli uomini stranieri, poiché i secondi ormai si ribellano quando le condizioni di lavoro diventano molto pesanti. E nonostante a Lecce sia entrato nel vivo un processo contro il caporalato, il fenomeno è ancora esteso, vivo e vegeto.

                       

                      Dopo la denuncia delle tre morti, i ministeri del Lavoro e delle Politiche Agricole hanno promesso una stretta sui controlli contro il caporalato: “La Direzione Generale per l’attività ispettiva del Ministero del Lavoro ha dato indicazione alle Direzioni interregionali e territoriali del lavoro di coinvolgere i responsabili dei servizi prevenzione delle ASL nelle attività di vigilanza già programmate e sulla base di intese preventive o prassi consolidate”.