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                      Saluzzo e i braccianti che dormono per strada: interviene il mondo agricolo

                      Con l’inizio di giugno – secondo stime della Caritas – sarebbero arrivati a Saluzzo (in Piemonte) e zone limitrofe, circa 3.500 migranti stagionali di origine africana per raccogliere la frutta. Lavoratori che riescono ad arrivare nel comune piemontese grazie all’apertura delle frontiere e della mobilità interregionale. Persone che possono essere impiegate anche per pochi giorni, e in modo discontinuo, nel ciclo della raccolta. Ma di queste, circa 1.300 potrebbero non avere un posto dove passare la notte a causa della chiusura – dovute alle misure anti-covid – di strutture pubbliche e dell’alloggio ricavato dall’ex caserma Filippi “Prima accoglienza stagionali”. E così, mentre alcune associazioni torinesi e braccianti sono scesi in piazza, c’è chi afferma che nonostante le evidenti difficoltà, non sia giusto generalizzare perché molti imprenditori stanno lavorando per garantire un tetto ai braccianti stagionali. Tetto che già solitamente nel saluzzese viene dato per oltre il 70% degli stagionali dall’azienda seppure non ci sia alcun obbligo in tal senso. Ma se è ormai evidente che questi lavoratori ultra-temporanei non hanno la possibilità di provvedere autonomamente all’alloggio, è altrettanto vero che servirebbe un piano nazionale per affrontare e gestire la situazione, non lasciando gli imprenditori agricoli a loro stessi

                      Dalla Redazione

                      braccianti

                      Da La Stampa Cuneo del 15 giugno 2019

                      Saluzzo, un comune da 17 mila abitanti, è uno dei distretti frutticoli più importanti del nord Italia, dove si coltivano principalmente mele, pesche, kiwi e piccoli frutti e impiega 7.000 lavoratori stranieri in modo continuativo ai quali se ne aggiungono circa 3.000 per il periodo estivo, più altri italiani disoccupati che quest’anno hanno preso parte alla raccolta grazie agli appositi portali.

                      Quest’anno, però, a causa dell’emergenza sanitaria causata dal Covid-19, le strutture pubbliche e i punti organizzati da Coldiretti, che fino ad ora hanno dato una parziale risposta all’esigenza di alloggio degli stagionali, non potranno riaprire. In più, sempre a Saluzzo, non è stato attivato il centro di Prima accoglienza stagionali (Pas), realizzato negli anni scorsi principalmente dal Comune di Saluzzo e dalla Regione Piemonte, e che aveva portato alla realizzazione di più di 300 posti letto nell’ex caserma Filippi. Come se non bastasse, è stata poi esclusa la possibilità dell’accoglienza diffusa in altri paesi della zona, come fa sapere la testata la via libera perché non è possibile garantire il distanziamento sociale.

                      Già l’anno scorso ad agosto erano molti i braccianti stagionali accampati sulla strada e già al tempo la stampa locale e nazionale ne aveva parlato sollevando la questione. Quest’anno però potrebbero essere di più, proprio a causa della mancanza degli alloggi e servizi dovuta alle misure anti-Covid. Ad oggi, sembrerebbero già un centinaio i lavoratori stagionali che dormono in questi giorni in accampamenti informali e soluzioni emergenziali di accoglienza, del tutto inadeguate, ma sono destinati a crescere, sottolinea la Caritas: circa 1.300 su 3.500 braccianti stagionali.

                      Così, mentre le associazioni locali con le istituzioni faticano a trovare rapide soluzioni perché – affermano – c’è bisogno di un’azione nazionale più omogenea ed efficace, le prime manifestazioni si sono già fatte sentire. Il 18 giugno i migranti sono scesi in piazza con un presidio contro il razzismo, lo sfruttamento e gli alloggi chiusi a Saluzzo. “Casa per tutti, strada per nessuno. Signor Sindaco vogliamo una casa!” il motto della protesta che ha visto tensioni e scontri con le forze dell’ordine. Gli interventi dei manifestanti erano incentrati sulla richiesta di proposte concrete: strutture abitative adeguate nel rispetto delle misure anti-covid, misure anti-caporalato, condizioni di lavoro con orari rispettati e rispettabili, paghe minime  e contributi previdenziali.

                      È altrettanto vero però che non bisogna generalizzare e che sono molti gli imprenditori che cercano di trovare una soluzione: il 70% degli stagionali agricoli vengono ospitati dalle aziende nonostante l’assenza di alcun obbligo formale. “Non ci sono altre valide alternative all’ospitalità in azienda – ha affermato  Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Cuneo e Piemonte -. Questo i nostri imprenditori lo hanno capito molto bene e, fin da subito, si sono dimostrati capaci di adeguarsi alla situazione eccezionale generata dal Covid-19, investendo risorse proprie nell’accoglienza. Come associazione abbiamo sollecitato le imprese a favorire, per quanto possibile, la sistemazione degli stagionali presso le loro strutture e abbiamo apprezzato la decisione della Regione di aprire il bando, nato anche dopo le  nostre indicazioni, che concede ai Comuni fondi per noleggiare strutture per la sistemazione temporanea degli stagionali nelle aziende agricole”. Infatti, la Giunta regionale ha stanziato una dotazione iniziale di 97.000 euro per elargire, con il tramite dei Comuni che potranno eventualmente integrare con una propria quota, un contributo economico per ogni container installato per permettere agli stagionali di avere un tetto sopra la testa vicino a dove lavorano. L’esatto importo sarà poi definito solo a consuntivo a fronte della disponibilità economica e del numero di richieste pervenute. Le modalità di installazione sono state definite in un apposito disciplinare che molti Comuni hanno già approvato come allegato al proprio regolamento edilizio.

                      Inoltre, è stato delineato un protocollo sanitario per la gestione dei braccianti stagionali nelle aziende agricole, e non solo, dal comitato di gestione dell’Ente Bilaterale Agricolo Territoriale di Cuneo con le organizzazioni di categoria, i sindacati dei lavoratori e le autorità sanitarie: “Troviamo che il protocollo sia funzionale – ha sottolineato Igor Varrone, direttore Cia-Agricoltori Italiani Cuneo – concertato tra le varie rappresentanze, creato anche con il fine di garantire la massima sicurezza per datori di lavoro e lavoratori. Il documento, se seguito nel modo corretto, assicura la tutela delle aziende. Essendo Cia tra i soggetti proponenti e firmatari, siamo a disposizione delle strutture agricole per ogni approfondimento. Si tratta di un lavoro importante che si collega al “Tavolo frutta del Monviso”, in quanto le aziende del comparto danno ospitalità per tutelare gli stagionali anche al di fuori dal lavoro”.

                      “Certo è che sarebbe necessario utilizzare un efficace strumento pubblico per l’incontro a distanza tra domanda e offerta di manodopera, come in parte viene fatto con la piattaforma “Io lavoro in agricoltura”, sviluppata dalla Regione Piemonte. Altrimenti – sottolinea su Avvenire Virginia Sabbatini, referente dell’équipe di Saluzzo Migrante nata dal progetto Presidio di Caritas – si rischia di proseguire con un sistema insostenibile, che può offrire spazio a fenomeni di sfruttamento quali il caporalato e produce un costo sociale ingente per il territorio, rendendo impossibile la programmazione degli arrivi e degli alloggi”.

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