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                      Siccità: crisi idrica per i principali bacini italiani. Agricoltura in difficoltà

                      Il Po è in severa siccità, l’Adige registra i livelli più bassi da 94 anni ad oggi, il Lago Maggiore è a -40%: la crisi idrica si fa sempre più forte in Italia, complici la scarsità di piogge, la mancanza di riserve di neve sui monti e l’innalzamento delle temperature medie (fino a 5 gradi in più solo a maggio nella zona del veronese). Una crisi idrica che mette a rischio fino al 50% della produzione agricola e zootecnica del Bacino padano, tra i più importanti d’Italia. Inoltre, l’emergenza coinvolge anche famiglie e industrie dell’area, con l’ipotesi di razionamenti, compreso il comparto turistico, ora in piena stagione balneare

                      Dalla Redazione

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                      Po in severa siccità

                      I livelli dei fiumi e dei laghi italiani continuano a peggiorare: complici le alte temperature, la mancanza di pioggia e le poche riserve di neve sui monti, in questi giorni si registrano numeri in picchiata per quanto riguarda le riserve idriche, che coinvolgono sia l’uso domestico che l’agricoltura. Il fiume Po è in severa siccità, con valori così bassi che non si vedevano da 70 anni: oltre alla sua portata limitata ciò che preoccupano sono la carenza di precipitazioni e le temperature più alte di circa 2-3 gradi (in alcuni casi anche 4 gradi).

                      Una crisi idrica che mette a rischio fino al 50% della produzione agricola e zootecnica del Bacino padano, tra i più importanti d’Italia. Inoltre, l’emergenza coinvolge anche famiglie e industrie dell’area, con l’ipotesi di razionamenti, compreso il comparto turistico, ora in piena stagione balneare. Tra le soluzioni più immediate, gli agricoltori potrebbero dover fare i turni d’irrigazione e i cittadini accettare di non avere acqua di notte. Il fiume Po, arrivato anche a -8,08, desta quindi grosse preoccupazioni, fino alla Pianura di Ferrara con il Bacino più importante d’Italia da 600 milioni di metri cubi nel 2021, vitali per un intero ecosistema e non solo per l’agricoltura, che qui è rappresentata da più di 6 mila aziende per 170 mila ettari di terreno.

                      Se ci spostiamo lungo l’Adige, questo da giovedì è ufficialmente in “severità idrica”, come ha confermato l’Osservatorio permanente delle risorse idriche del Nord Est. In effetti in numeri sono pesanti: l’Adige oggi ha una portata inferiore del 60%, prendendo in considerazione ben 94 anni di rilevamenti. Il crollo è avvenuto negli ultimi otto mesi, complici le piogge ai minimi da 28 anni a questa parte. Maggio, mese in cui l’Adige registrava una portata inferiore del 57%, è stato il mese più caldo e asciutto degli ultimi 30 anni, con massime fino a 5 gradi sopra la media e precipitazioni che hanno regalato solo la metà delle piogge attese.

                      Anche i grandi laghi sono ai minimi dell’ultimo mezzo secolo. Un problema non solo per l’agricoltura e gli usi domestici: anche la produzione di energia idroelettrica è ferma e i bacini alpini sono stati messi a disposizione del settore agricolo. Infatti, dei tre più grandi, il lago di Como ha un riempimento al 53%, il Maggiore ha un riempimento al 34%, e non sono previste precipitazioni significative nel breve e medio periodo. Per questo motivo, il Consorzio Est Ticino Villoresi ha dichiarato lo stato di emergenza idrica per la stagione irrigua 2022 e il Consorzio del Ticino, che regola il lago Maggiore, ha comunicato la necessità di operare una riduzione del 50% delle portate concesse ai gestori dei canali. Il lago di Garda, con un riempimento al 66%, è quello che ha più scorte, tant’è che, nonostante il no dei consorzi di bonifica dell’Alto e Medio mantovano, sono iniziati i prelievi di acqua dal Garda verso il Po per far fronte al grave deficit idrico cui versa il grande fiume.

                      Numeri in discesa libera si registrano non solo al Nord ma anche al Sud, stando ai livelli bassi di fiumi come il Palantone, il Sesia e i Bacini dal Parma al Trebbia, il Tevere e l’Arno, l’Ombrone e il Garigliano, ma anche agli invasi di Basilicata, Puglia, Sardegna.

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