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                      Spreco alimentare, stretta UE: -30% nella vendita e nel consumo entro il 2030

                      Tagliare gli sprechi alimentari entro il 2030 del 10% nella trasformazione e nella produzione e del 30% nella vendita al dettaglio e nel consumo, tra ristoranti, servizi alimentari e famiglie. Sono gli obiettivi obbligatori nazionali proposti dalla Commissione europea in una nuova riforma mirata della direttiva sui rifiuti

                      Dalla Redazione

                      Spreco alimentare

                      Ogni anno nell’Unione Europea quasi 59 milioni di tonnellate di cibo – vale a dire 131 chilogrammi per abitante – diventano rifiuto, per una perdita economica stimata di 132 miliardi di euro. Di fronte a questi numeri preoccupanti, che ci dicono chiaramente quanto ancora siamo lontani dagli obiettivi dell’agenda Onu 2030, che vorrebbe che entro in prossimi sette anni riuscissimo a livello globale a dimezzare lo spreco di cibo, una prima stretta arriva dall’UE. Il gabinetto von der Leyen ha infatti annunciato i giorni scorsi una nuova riforma mirata, all’interno della direttiva sui rifiuti, che propone come obiettivo obbligatorio di ogni Stato membro di tagliare gli sprechi alimentari entro il 2030 del 10% nella trasformazione e nella produzione e del 30% (pro capite) nella vendita al dettaglio e nel consumo, tra ristoranti, servizi alimentari e famiglie.

                      La legislazione comunitaria prevede già che gli Stati membri attuino programmi nazionali di prevenzione e riduzione dei rifiuti alimentari in ogni fase della catena di approvvigionamento, ma finora la quantità di rifiuti “non è diminuita abbastanza”, comunica la Commissione Europea. Secondo il primo monitoraggio Eurostat del 2020, il 53% dei rifiuti alimentari proviene dalle famiglie, il 7% dal commercio all’ingrosso e al dettaglio e il 9% dai ristoranti e dai servizi di ristorazione, mentre il restante 31% si divide tra produzione primaria (11) e lavorazione/produzione di alimenti (20). Uno spreco che ha anche “un enorme impatto ambientale”, stimato a 252 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, ovvero circa il 16% delle emissioni totali di gas serra del sistema alimentare dell’Unione. “Se lo spreco alimentare fosse uno Stato membro, sarebbe il quinto più grande emettitore di gas serra“, è il paragone fornito dalla Commissione Ue, che ha ricordato l’impatto anche sulle risorse naturali e l’uso del suolo, come riporta EuNews.

                      Per questo Bruxelles spinge i 27 Stati membri a “intraprendere azioni ambiziose e a sostenere i cambiamenti comportamentali”, ma anche a rafforzare la collaborazione tra gli attori dell’intera catena del valore alimentare. Tra le migliori pratiche identificate ci sono i meccanismi di governance che coordinano gli sforzi di riduzione dei rifiuti (come in Francia, Germania e Paesi Bassi), l’integrazione della prevenzione dello spreco alimentare nei programmi scolastici e l’agevolazione della donazione di cibo “attraverso misure legislative e incentivi fiscali” alla ridistribuzione delle eccedenze alimentari.

                      Sarà proprio il monitoraggio del 2020 la base di riferimento per valutare i progressi futuri, con una revisione formale da fissare “entro la fine del 2027” per verificare la possibilità di accelerare, visto che l’Ue e gli Stati membri, come già sottolineato, hanno sottoscritto l’obiettivo di sviluppo sostenibile Onu sul dimezzamento dello spreco alimentare entro il 2030.

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