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                      Strategia Glocal per McDonald’s: sempre più Italia nel Big Mac

                      Ogg il 70% dei prodotti utilizzati nei 500 fast food del gruppo sono di orgine italiana e si arriverà al 90%. Il nuovo accordo con Amadori e i prossimi step su patate e formaggi. Lo scouting sulle pmi. Nelle insalate la selezione è caduta sulla Fratelli Greco di Cosenza; nella frutta sulla ferrarese Macè

                       

                      Da Repubblica.it

                       

                      110455058-1059c50e-747c-4b75-9a77-764fc6dc6be6“Oggi i fornitori italiani di McDonald’s Italia coprono il 70% del nostro fabbisogno. Cinque anni fa erano al 35%. Puntiamo ad arrivare al 90% entro un paio di anni. Ci stiamo lavorando, parlando con diversi produttori nelle filiere della frutta, del formaggio. E l’accordo appena siglato con Amadori per cui il gruppo diverrà il fornitore del 100% del nostro fabbisogno di polli, passando dalle attuale 5 mila tonnellate a 9 mila, va esattamente in questa direzione”, Roberto Masi, ad di McDonald’s Italia non è certo a corto di argomenti se si tratta di commentare quanto è successo in Cina que-st’estate, quando nelle forniture dei locali ristoranti di Big Mac sono state trovate carni avariate di un produttore cinese, anche se filiale di una società Usa, che forniva anche altre catene di ristorazione veloce. Una evenienza che in Italia si vuole rendere impossibile non solo con i controlli ma soprattutto in virtù della strategia che McDonald’s Italia si è data da cinque anni: puntare sul made in Italy. L’obiettivo non è solo la qualità della materia prima e l’accorciamento della catena logistica. C’è dell’altro: è anche investire nel proprio marchio e farlo percepire come una parte del made in Italy, radicarsi nel territorio e avvicinarsi alle famiglie portando qualità e sapori italiani nei menu. Un’operazione lanciata da Roberto Masi e che ora si sta consolidando come una strategia che sta ridisegnando
                      l’anima stessa dei fast food americani per eccellenza in terra italiana e anche europea. Spiega Masi: “Quando noi diciamo che, per esempio, Cremonini, ci fornisce il 100% delle nostre carni, non diciamo tutto: l’accordo è infatti che Cremonini ci fornisca carni italiane, ossia non comprate all’estero. La stessa cosa con il pane che ci viene fornito da un produttore di Modena che si rifornisce da mulini locali. Usiamo farine italiane per l’80%, di più non si può perché le produzioni locali non sostengono dodici mesi l’anno di fornitura. L’accordo con Amadori prevede che le 5 mila tonnellate di carne di pollo preparata e confezionata che ci forniranno in più a regime tra due anni deve provenire da allevamenti italiani. E’ per questo che gli accordi richiedono tempo, non sono immediatamente attuabili: le aziende devono investire in nuove linee di confezionamento ma devono anche trattare con gli allevatori per le aumentate quantità”. Lo stesso sta accadendo con le patate, che oggi McDonalds’ Italia compra in Austria. “Stiamo trattando con coltivatori italiani la tipologia del prodotto e le quantità – spiega ancora Masi -Anche qui ci vorrà un paio di anni prima che le nuove colture diano frutto”. Con l’accordo di questi giorni McDonald’s Italia diventa il terzo cliente in assoluto per Amadori, ma in altri casi la società ha di fatto decretato il successo di piccole e medie aziende che grazie ai contratti di lungo periodo con i Big Mac tricolori sono cresciute di dimensioni. Quello di Mcdonald’s è un vero e proprio scouting sulle pmi italiane. Da qui è stata selezionata la Ottolina, che oggi produce il caffè per le macchine espresso dei 230 McCafè italiani e inizia a vendere anche oltre confine. Nelle insalate la selezione è caduta sulla Fratelli Greco di Cosenza; nella frutta sulla ferrarese Macè, che fa capo alla famiglia Pivetti. Sul latte è stata stretta una partnership con la Centrale del latte di Brescia. Le torte surgelate sono prodotte dalla Bindi di San Donato Milanese. Fino ad arrivare alle brioche della napoletana Fre System, un’azienda ex Iri rilevata da una famiglia locale e che produce in esclusiva per i Mc Cafè e che ora la stessa McDonald’s Italia sta esportando nelle altre filiali europee. Quello dell’export delle filiere di fornitori di McDonald’s non è una novità. Cremonini fornisce l”80% della carne consumata nei McDonald’s russi e nei paesi baltici e il 25% di quella venduta in Francia. E la capacità della filiale italiana di Big Mac di veicolare oltre confine le eccellenze delle pmi nostrane non si limita solo all’alimentare: una azienda brianzola, la Alias, realizza i mobili da esterno per tutte le terrazze e gli spazi aperti dei McDonald’s italiani e ora anche di tutti quelli europei. Complessivamente il valore totale della “spesa” annua di Mc-Donald’s Italia viaggia sui 4-500 milioni e alimenta un fatturato complessivo che nel 2013 per la prima volta ha superato il miliardo di euro. Aumentare di 20 punti la quota dei prodotti made in Italy significa aggiungere un centianio di milioni ulteriori di acquisti in Italia. “E per noi la qualità della materia prima che utilizziamo è fondamentale. Per questo ci proponiamo come partner di lungo periodo ai produttori agricoli: non siamo come la grande distribuzione che cerca di comprare sempre al miglior prezzo – continua Masi – Dobbiamo lavorare assieme: quando sono arrivato, per esempio, le mele venivano comprate in Repubblica Ceca. Ora arrivano tutte dal trentino, così come le pesche nettarine che vengono esclusivamente dall’Emilia. Ma per arrivare a questi risultati bisogna lavorare intensamente. Spiegare ai produttori i nostri standard qualitativi e le tipologie di coltivazioni: dietro c’è insomma un’idea e questo non può svilupparsi se non all’interno di progetti pluriennali. Ne stiamo parlando anche con il ministero dell’Agricoltura “. Masi può farlo anche forte dei risultati che presenta ai suoi azionisti americani: i ricavi sono cresciuti negli anni passati a una media annua del 6-8%. Quest’anno si fermeranno al 3% ma in un anno di blocco dei consumi delle famiglie è ben più che accettabile e sufficiente a convincere gli americani che in Italia si può ancora investire: anche quest’anno si apriranno un cinquantina di nuovi fast food. Per natale prossimo toccheranno quota 500.