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                      ‘Tomatofish’, la coltivazione in acquaponica dei pomodori a impatto 0

                      Dall’istituto tedesco Leibniz nasce una sinergia produttiva tra acquacoltura e agricoltura. Si chiama Tomatofish e, come suggerisce il nome, è un sistema di produzione in acquaponica che, grazie a un doppio sistema di ricircolo, permette di utilizzare l’acqua dei pesci, ricca di nutrienti, per la coltivazione in idroponica di pomodori. Le piante, a loro volta, purificano l’acqua, che viene quindi reimmessa in circolo per la crescita delle specie ittiche. Dimostrato che funziona sui pomodori, il progetto – finanziato dall’UE – potrebbe essere applicato anche a insalate, verdure, erbe e altri tipi di piante da colture idroponiche. E potrebbe essere diffuso su larga scala, per produzioni sicure e a emissioni zero

                       

                      Dalla Redazione

                       

                      Il professore tedesco Werner Kloas (copyright: ec.europa.eu)

                      Non è un pomodoro a forma di pesce, né tantomeno un pesce che si ciba di pomodoro, bensì un innovativo metodo di coltivazione sostenibile che, applicato su larga scala, potrebbe portare importanti vantaggi economici e ambientali. Si chiama Tomatofish ed è il progetto ambizioso messo a punto dall’istituto tedesco Leibniz per l’ecologia delle acque e la pesca nelle acque interne, con il finanziamento dell’Unione Europea. Permette di produrre pomodori in acquaponica, ovvero in un sistema di acquacoltura in cui i rifiuti prodotti dagli allevamenti ittici forniscono i nutrienti per la crescita idroponica delle piante. Queste, immerse in liquidi, sabbia o ghiaia, a loro volta purificano l’acqua, liberandola dalle sostanze nocive come l’ammoniaca.

                       

                      L’istituto Leibniz ha avviato la ricerca nel 2007, quando il professor Werner Kloas, coordinatore del progetto, per la prima volta sentì parlare di un sistema di acquaponica per carpe e cetrioli. “L’approccio che collegava i due sistemi era nuovo, uno per il pesce e l’altro per la coltivazione idroponica delle piante, mediante una valvola unidirezionale che trasferiva l’acqua delle carpe ai cetrioli coltivati in idroponia”, spiega il professore in un’intervista di qualche mese fa sul sito della Commissione Europea

                       

                      Dove stava la novità? L’acquaponica solitamente consiste di un singolo sistema di ricircolo che trasferisce l’acqua dal pesce alle piante e poi nuovamente al pesce, con alcuni svantaggi derivanti ad esempio dal fatto che il pesce e le piante necessitano di pH diversi e i livelli di nitrati in un singolo sistema di ricircolo sono talmente bassi che non si riesce a coltivare nient’altro che insalate ed erbe.

                       

                      Tomatofish potrebbe funzionare anche per insalata, erbe e altri tipi di colture in idroponica

                      “Il vantaggio di un doppio sistema di ricircolo consiste nella possibilità di gestire entrambe le parti separatamente, per ottenere il massimo della produttività”, continua Kloas nella sua intervista.

                       

                      Per testare il nuovo sistema di coltivazione lo staff di Kloas ha scelto la tilapia, un pesce molto diffuso nel mondo e più adatto delle carpe perché a crescita molto veloce. L’ortaggio scelto per il test sono appunto i pomodori, che rappresentano “una sfida più interessante rispetto ai cetrioli, in quanto hanno bisogno di più nutrienti”.

                       

                      Il sistema di coltivazione in acquaponica è risultato talmente innovativo, che la Commissione Europea ha deciso di finanziare il progetto.

                       

                      Quali potrebbero essere, ora, gli ulteriori sviluppi? Tomatofish è un sistema altamente sostenibile che potrebbe essere esteso a ogni varietà ittica, fatta eccezione per i gamberetti, a causa del loro basso rendimento in rapporto al volume. E se funziona sui pomodori, allora funzionerà benissimo anche con l’insalata, le verdure, le erbe e altri tipi di piante da colture idroponiche.

                       

                      E potrebbe essere applicato su larga scala, per produzioni sicure e a emissioni zero. “Le dimensioni del più piccolo impianto di produzione sostenibile sarebbero di circa 5 mila metri quadri – conclude Kloas – e diversi impianti di questo tipo, collegati assieme in un’unica grande serra, costituirebbero un sistema commercialmente fattibile”.

                       

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