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                      È sempre più critica la situazione nel Mar Rosso, dove il gruppo di miliziani yemeniti Houthi prosegue gli attacchi contro le navi porta-container dei principali operatori mercantili e petroliferi del mondo. Colossi come MSC, Hapag-Lloyd, Maersk e BP hanno annunciato di sospendere, in via precauzionale, tutti i trasporti nel Canale di Suez – dal quale transita circa il 15% del traffico marittimo mondiale – per deviare invece fino al Capo di Buona Speranza. Un “cambio di rotta” che costerà caro, con conseguenze certe su tempi di navigazione, premi assicurativi e prezzo del greggio, che schizza a 77,95 dollari al barile

                      Di Massimiliano Lollis

                      Trasporti Suez

                      La rotta del Mar Rosso è sempre più calda. Gli attacchi che i miliziani yemeniti Houthi, forti del sostegno iraniano, portano avanti, oramai da giorni, contro le navi commerciali e non che attraversano lo stretto di Suez, stanno spingendo sempre più operatori mercantili e petroliferi tra cui MSC, Hapag-Lloyd, Maersk e BP a evitare il Canale, che rappresenta ancora la rotta più breve tra Europa e Asia e dal quale circola normalmente circa il 15% del traffico marittimo mondiale.

                      L’alternativa è la circumnavigazione dell’Africa deviando fino al Capo di Buona Speranza: un “cambio di rotta” che costerà caro, comportando ritardi, aumento dei prezzi del greggio e dei premi assicurativi.

                      Come riporta il Financial Times, nelle ultime settimane sono aumentati notevolmente gli attacchi portati avanti dal gruppo Houthi con l’ausilio di droni e missili, in risposta – stando a quanto rivendicato dal gruppo – alle azioni militari di Israele contro Hamas a Gaza. Da metà novembre a oggi se ne contano già 11. Nel mirino dei miliziani ci sono le navi porta-container e le petroliere, ma non solo: domenica scorsa è finita sotto attacco perfino la portaerei statunitense USS Carney, che ha risposto al fuoco abbattendo 14 droni.

                      Sull’onda delle tensioni, lo scorso 18 dicembre il colosso del greggio britannico BP – British Petroleum, grande produttore di petrolio in Iraq e di gas in Oman – ha dichiarato la sospensione temporanea di tutti i transiti attraverso il Mar Rosso, comprese le spedizioni di petrolio, gas naturale liquido e altre forniture energetiche.

                      Una decisione che, osserva tra gli altri Associated Press, dall’azienda viene descritta come “precauzionale”, alla luce della preoccupazione per la sicurezza del personale a bordo delle navi, ma che ha già avuto conseguenze sui prezzi del petrolio. Prezzi che, riporta il Financial Times, lunedì scorso sono schizzati verso l’alto, con il Brent di riferimento internazionale che è salito dell’1,8% a 77,95 dollari al barile.

                      La risposta degli Stati Uniti e dei suoi alleati, specialmente all’indomani dell’annuncio della BP, non si è fatta attendere. L’avvio di una coalizione internazionale – battezzata, come riporta il Financial Times, “Operation Prosperity Guardian” – è stato annunciato dal segretario alla difesa Usa Lloyd Austin. L’operazione navale – che molto probabilmente vedrà la partecipazione del nostro Paese in qualità di membro Nato – avrà lo scopo di contrastare l’azione del gruppo Houthi.

                      Intanto, si calcola che a causa delle deviazioni delle navi per evitare Suez, i tempi di percorrenza delle navi da Shanghai a Rotterdam stiano aumentando di almeno una settimana, a fronte di una tratta in genere di circa 27 giorni. A questa tipologia di disagio si aggiungono i costi assicurativi, che aumentano ovviamente in ragione del maggior rischio da mettere in conto nell’attraversare l’area.

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