Dalla Redazione
Si parla di “scontro in valle” tra Melinda e il Comitato Difesa della Salute sulle colonne del quotidiano L’Adige (leggi qui l’articolo). Da una parte il CDS spinge per una conversione più decisa al biologico al fine di fare meno trattamenti chimici nei meleti, che sono quasi una monocoltura in Val di Non e Val di Sole. Il CDS ha contato 37 trattamenti chimici finora nel solo 2020 per un totale di 70 kg per ettaro che moltiplicato per i quasi 7.000 ettari che fanno capo a Melinda diventano poco meno di 500 tonnellate riversate sul territorio. “C’è molta strada da fare. La produzione biologica in Trentino è ferma al 4,1%. Siamo ultimi in Italia per superficie ma primi per consumo di pesticidi. Ma cambiare si può. Basta volerlo”, dichiara il CDS, sottolineando che in Svizzera ci sono zone, come la Val Poschiavo, dove il 100% della produzione è biologica.
Melinda però non ci sta e, attraverso il suo direttore generale Paolo Gerevini, replica al Comitato Difesa della Salute: “La produzione di mele bio non arriverà mai al 50% e questo perché il mercato del biologico a livello di consumi è ancora una nicchia: in Italia, dove vendiamo il 75% delle nostre mele, vale appena il 4-5%, in Paesi più evoluti nei consumi come la Scandinavia arriva al 15%, non aspettiamoci che si possa arrivare al 50%, questo non accadrà mai”. D’altronde, sottolinea Gerevini: “L’attenzione al territorio è massima e c’è impegno a livello di diversificazione varietale. Nei pressi di scuole, asili e luoghi sensibili in generale vengono coltivate varietà più resistenti che richiedono meno trattamenti. Le varietà in questione sono Isaac, Kissabel, Galant, più un’altra che non ha ancora un nome commerciale. Per quanto riguarda il biologico, a regimo avremo 350 ettari bio su un totale di 6.700″.
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