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                      Uk, grocery e ortofrutta tra Brexit e Covid: il punto dell’esperto

                      Il Regno Unito è da tempo un vero e proprio “laboratorio” del mondo Gdo e grocery grazie all’alto tasso di innovazione che lo contraddistingue. Ma è soprattutto negli ultimi anni che una serie di sconvolgimenti a livello locale e globale – leggasi Brexit e Covid-19 – e grandi manovre commerciali – la vendita di Asda da parte di Walmart e la crescita esponenziale dei discount e del mondo dell’home delivery, ad esempio – hanno comportato un cambiamento senza precedenti delle abitudini dei consumatori, anche nell’ortofrutta. Joseph Shaw Roberts, esperto della società di ricerche di mercato Kantar, intervistato da Produce Business, traccia una panoramica. Ecco alcuni dei punti affrontati

                      di Massimiliano Lollis

                      Grocery

                      Grocery, Gdo e ortofrutta: in che direzione stanno andando i consumatori? A cercare di rispondere a questa e ad altre domande è Joseph Shaw Roberts, a capo del Produce Team di Kantar, che offre consulenza e ricerche a oltre 70 aziende del settore ortofrutta attive in Uk, intervistato da Produce Business. Prima di tutto occorre capire quanto sia cambiato negli ultimi cinque anni. “Il contesto – osserva Roberts – è cambiato in modo significativo: nel 2016 i supermercati pesavano per il 61,6% della spesa grocery, mentre nel 2021 la stima è scesa al 53,5%. Stiamo facendo la spesa sempre più online e nei discount, e questo ha inevitabili ripercussioni sull’ortofrutta: il risultato è che i grandi retailer inseguono Aldi sul prezzo, e ciò finisce per svalutare molte categorie di prodotti ortofrutticoli”.

                      A contribuire all’evoluzione del contesto e delle abitudini di consumo è senza dubbio la pandemia: “Nel 2021 – spiega Roberts – ci siamo portati dietro molte abitudini dei lockdown vissuti nel 2020. Passare più tempo a casa ha certamente fatto crescere la domanda di generi alimentari, con spese meno frequenti ma più sostanziose, e la predilezione per l’e-commerce a discapito dei supermercati di grande formato. È proprio l’e-commerce ad aver registrato la crescita maggiore: nel 2021 la popolazione britannica che ha fatto ricorso alle vendite online è salita al 39%: l’11% in più rispetto al 2019″.

                      La pandemia ha avuto riflessi anche sulla fedeltà dei consumatori ad una insegna: “Le catene della Gdo che sono state le più veloci ad adottare misure di distanziamento e che hanno garantito la continuità dei prodotti sugli scaffali sono quelle che hanno registrato i tassi maggiori di soddisfazione e lealtà da parte dei consumatori”. Inoltre, il rallentamento dovuto alla pandemia delle vendite delle soluzioni pronte al consumo, il cosiddetto food-to-go, ha portato le insegne a valorizzare maggiormente il reparto ortofrutta.

                      Per quanto riguarda le scelte di consumo in ambito ortofrutta, Roberts sottolinea che la pandemia ha premiato il confezionato, il biologico e la fascia premium: “Fin dall’inizio della pandemia, la preoccupazione dei consumatori su igiene e restrizioni nella quantità di articoli che si potevano acquistare hanno influito pesantemente sullo sfuso, fino ad arrivare al confezionamento di 20mila tonnellate di ortofrutta inizialmente prevista come sfusa. A questo si è aggiunta una maggiore domanda e spesa di prodotti biologici e premium: trend che negli ultimi tempi si sono però attenuati”.

                      Impossibile non rivedersi in molti degli aspetti sottolineati dall’esperto, segno che quelle dovute alla pandemia siano davvero dinamiche globali e facilmente riscontrabili nel nostro Paese. C’è però un altro grande fattore di cambiamento, in questo caso tipicamente britannico: la Brexit. Secondo Roberts, è dal 2017 che nel Paese si sono iniziate a riscontrare dinamiche recessive, con l’indice di fiducia dei consumatori ai minimi storici, meno ricorso alla ristorazione fuori casa, più spese al discount e la proliferazione delle vertical farm. Pur essendo eventi diversi, la pandemia e la Brexit hanno entrambe portato allo stesso risultato: portare la fiducia dei consumatori ai minimi storici. Se però la Brexit lo ha fatto spingendo i consumatori verso opzioni più economiche e il risparmio, la pandemia lo ha fatto portando a una crescita record delle vendite alimentari domestiche.

                      grocery

                      Jim Prevor, editore di Produce Business ed esperto dell’ortofrutta Usa (Foto: Produce Business Uk)

                      Quale l’impatto della tecnologia sui consumi? “Oggi le vendite online – spiega Roberts – sono una parte significativa della nostra spesa, essendo cresciute dal 7% del 2016 al 13% del 2021. Questa accelerazione non sarebbe mai avvenuta senza la pandemia“. È poi possibile tracciare alcuni trend nelle vendite online di ortofrutta: “Compriamo più biologico e premium – spiega -, leggermente più verdura rispetto alla frutta, e con grande attenzione alla qualità degli articoli ordinati”. Tecnologia significa attori sempre più attivi sul fronte logistico e robotico – come ad esempio Ocado e Amazon – e la tecnologia senza casse, oggi adottata da diverse insegne del Regno Unito. Ma l’esperto non crede che il suo impatto sulle vendite sarà significativo, perlomeno nel breve periodo: “Potrebbe dare agli store di formato convenience lo stimolo di cui hanno bisogno per crescere, dopo gli inizi difficili prima della pandemia e dopo la crescita iniziale a marzo/aprile 2022. Penso però sia ancora troppo presto per fare previsioni sul loro impatto sulle abitudini di acquisto: sospetto che l’effetto sulle vendite sarà modesto rispetto a quanto vissuto negli ultimi due anni”.

                      Passando infine ai trend di consumo maggiormente in voga – dal vegan alle opzioni healthy e al tema sempre caldo della sostenibilità – pare che questi oggi abbiano un influsso tutto sommato limitato sulle vendite di ortofrutta: “Verrebbe da pensare – osserva Roberts – che le recenti tendenze in fatto di alimentazione, pubblicizzate dai media, abbiano portato le vendite di frutta e verdura alle stelle, ma la realtà è che i cambiamenti sono ancora relativamente piccoli, e gran parte della spesa dei consumatori è andata in cibi pronti surgelati ad alto valore aggiunto. I prodotti biologici sono a un punto cruciale. Avendo guadagnato molti consumatori durante la pandemia, il mercato sta lottando per tenerseli stretti, mentre le preoccupazioni per l’aumento dei prezzi influenzano la spesa dei consumatori. Tuttavia, le soluzioni bio fanno ancora breccia nel cuore dei consumatori che si reputano più sostenibili, che rappresentano il 29% della popolazione britannica per un mercato da 37 miliardi di sterline. Chi offre ortofrutta locale o garantita da certificazioni etiche, lo dovrebbe comunicare chiaramente al consumatore”.

                      C’è poi l’inflazione che pesa sulle abitudini di consumo: “La reazione dei consumatori – osserva – è polarizzata: i due segmenti più performanti nel mercato del grocery nelle ultime 12 settimane al 20 febbraio sono quello premium e quello economy, il che rappresenta bene la situazione sociale che si presenta al termine della pandemia. Nell’ortofrutta il quadro è però diverso: in gran parte perché è l’ortofrutta il campo di battaglia su cui i retailer combattono per la percezione del miglior valore. Il mercato ortofrutticolo in Uk ha visto un’inflazione dell’1% nello stesso periodorispetto al 5% del mercato grocery in generale, e quindi non ha visto una reazione così pronunciata da parte dei consumatori”.

                      Su questo ultimo aspetto si concentra il commento dell’editore di Produce Business – nonché guru dell’ortofrutta e grocery a livello mondiale – Jim Prevor: “Che incredibile miscuglio! Da un lato, le vendite non soffriranno come in altri reparti e potrebbero persino aumentare perché il valore relativo dei prodotti aumenta quando gli altri reparti aumentano i prezzi. Dall’altro lato, i retailer si rifaranno sugli spedizionieri per cercare, disperatamente, di mantenere i loro margini. Non è un bel vedere. In un contesto in continua evoluzione – si chiede Prevor – quanto è preparata l’industria dell’ortofrutta ad adattarsi alle esigenze dei diversi tipi di vendita al dettaglio che si stanno delineando?

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