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                      Uva, anche quella siciliana piange. Grappoli a rischio di finire al macero

                      Non è solo l’uva pugliese a soffrire per i rincari in atto e una deflazione che determina un gap fra i prezzi all’origine e sullo scaffale del +500% e oltre: anche il distretto siciliano di Canicattì, culla della varietà Italia, piange. Oggi produrre un chilo di uva costa 60 centesimi, ai produttori ne vengono riconosciuti solo 40. E per contro sui banchi del supermercato l’oro giallo siciliano arriva a costare 5 euro. A queste condizioni il raccolto dell’uva frena e il prodotto rimasto sulle viti rischia di marcire o finire all’industria per pochi centesimi. E la situazione non è migliore nel distretto di Mazzarrone

                      Dalla Redazione

                      uva Canicattì

                      “L’oro in Sicilia viene buttato via”. Questa l’amara conclusione del servizio Rai che ieri ha dato voce ai produttori di uva da tavola Igp del distretto di Canicattì, culla della varietà Italia, che con migliaia di ettari di vigneto alimenta l’economia di una ventina di comuni nel comprensorio agrigentino e nisseno. “Oggi quintali di grappoli sono triturati in una tenaglia fra caro energia e costi delle materie prime alle stelle – racconta il servizio del TGR Sicilia andato in onda il 20 ottobre – e rischiano di finire al macero o di andare all’industria dei succhi per pochi centesimi”

                      I produttori di uva infatti non stanno raccogliendo il prodotto, perché le condizioni di mercato non sono più remunerative: produrre un chilo di uva Italia costa 60 centesimi, ai produttori ne vengono riconosciuti solo 40. E per contro sui banchi del supermercato l’oro giallo siciliano viene pagato letteralmente a peso d’oro, un chilo arriva a costare 5 euro. “E questo influisce in maniera determinante sulla contrazione dei consumi” dichiara un produttore di fronte alle telecamere Rai.

                      Costi di produzione alle stelle e prezzi di bassi in campagna – insieme ai fattori climatici che stanno compromettendo il raccolto – mettono quindi in ginocchio gli imprenditori agricoli siciliani, che sono montati in protesta i giorni scorsi e che minacciano di lasciare i grappoli a marcire sui vigneti. I sindaci del Consorzio dell’Uva da Tavola di Canicattì Igp sono scesi nelle vigne a dare solidarietà ai produttori e si sono uniti per lanciare un appello al Governo: “Serve un aiuto diretto per salvare un distretto produttivo che dà lavoro a 15 mila persone”, dichiara un primo cittadino alla Rai.

                      La situazione è critica non solo per l’uva Italia di Canicattì, anche il distretto di Mazzarrone piange: a fine settembre, come riporta un altro servizio del TGR Sicilia – è rimasto invenduto l’80% del prodotto.

                      Grappoli non raccolti nei 12 mila ettari di Igp di Mazzarrone su 6 comuni fra le province di Catania e Ragusa: “Siamo al lastrico dice un produttore” alle telecamere Rai. I costi di produzione qui sono ancora più alti: si è passati da 55 centesimi a un euro al chilo per produrre il pregiato nettare degli dei. Per le aziende significa perdita netta determinata dal prezzo di vendita, che non consente di recuperare gli investimenti.

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