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                      Agroalimentare, fiore all’occhiello del made in Italy. Ma è al 14esimo posto in Ue per ricavi medi

                      Nonostante sia un settore chiave per il Paese, l’Italia è 14esima in Europa per ricavi medi delle imprese agroalimentari e al 15esimo posto per produttività. Lo evidenzia l’analisi di The European House-Ambrosetti realizzata in occasione dell’8ª edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage”. dai dati emerge che le aziende sono colpite soprattutto da inflazione energetica e delle materie prime e dalla mancanza di manodopera. Bene l’innovazione: siamo tra i primi cinque Paesi in Ue per la robotica agricola e i brevetti, ma gli investimenti pubblici sono sotto la media del continente

                      Dalla Redazione

                      Agroalimentare The European House-Ambrosetti

                      L’agroalimentare è al primo posto per il valore aggiunto (67 miliardi) che genera nell’economia tra i settori industriali chiave del Paese, ma sconta ancora una frammentazione eccessiva e ricavi medi limitati (3 milioni di euro) che lo posizionano al 14esimo posto sui 27 Paesi UE per dimensione media delle imprese del settore (5,3 milioni euro media UE) e al 15esimo per produttività. È quanto emerge dall’analisi di The European House-Ambrosetti realizzata in occasione dell’8ª edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage”, che rileva come l’Italia sia ultima tra le quattro grandi economie europee per dimensione media, raggiungendo solo un terzo dei ricavi medi delle imprese tedesche e la metà di quelle spagnole.

                      “L’elevata frammentazione dell’industria food & beverage italiana  – commenta  Valerio De Molli, managing partner & Ceo di The European House-Ambrosetti – è un fattore critico che ne limita la competitività e la proiezione internazionale. Il campione di 500 aziende a cui abbiamo sottoposto una survey ad aprile 2024 sostiene che la limitata dimensione aziendale sia il principale ostacolo alla crescita dell’export agroalimentare italiano. Inoltre, l’inflazione alimentare che a fine 2022 ha raggiunto l’11,8%, in un Paese come l’Italia che è colpito da perdite economiche pro-capite dovute ai cambiamenti climatici quasi il doppio superiori rispetto alla media europea, è un elemento che mette sotto pressione l’intera industria agroalimentare italiana, oggi primo settore manifatturiero del Paese per valore aggiunto generato con oltre 66 miliardi”.

                      Italia al 16esimo posto nel “Food Sustainable Transition Index”

                      Nonostante la filiera agroalimentare valga quasi 67 miliardi di euro, il suo valore aggiunto sul Pil è pari al 3,8%, contro una media europea del 4,1%, secondo l’analisi di The European House-Ambrosetti. L’Italia, come accenanto poco fa, si colloca così al 12esimo posto tra i paesi dell’Unione e anche in termini di produttività la stastistica non migliora: 15esimo, posto con una media di 45 mila euro per addetto, inferiore alla media UE-27 di 52mila. La correlazione tra dimensione aziendale e produttività è positiva e crescente: se la filiera italiana volesse raggiungere la produttività media della top-10 dei Paesi più produttivi in UE (da 45 mila euro per addetto a 80 mila euro per addetto), dovrebbe più che triplicare la dimensione media delle imprese del settore (da 3,0 milioni di euro medi per azienda a 10,1 milioni di euro).

                      “Proprio dalla ricerca realizzata quest’anno per l’8° Forum Food&Beverage di Bormio – ha sottolineato Benedetta Brioschi, partner Tehaabbiamo introdotto il ‘Food Sustainable Transition Index’, uno strumento in grado di fornire una visione di insieme sul livello di sostenibilità e circolarità della filiera agroalimentare italiana nel confronto europeo, analizzando quattro pilastri che indagano lo stato dell’arte di questa transizione: sostenibilità economica, ambientale, sociale e dell’innovazione. Nel complesso, l’Italia si posiziona al 16esimo posto sui 27 Paesi UE nel Food Sustainable Transition Index 2024. Dal posizionamento emerge un’elevata vulnerabilità della filiera agli impatti climatici (25ª posizione nel pilastro della sostenibilità ambientale), che necessiterà di misure ingenti di adattamento e mitigazione a livello Paese; la buona notizia è che il Paese può contare su un ottimo posizionamento nel pilastro dell’innovazione (7ª posizione), su cui fare leva per rafforzare il livello di sostenibilità dell’intera filiera”.

                      Robotica agricola e brevetti: Italia al top per l’innovazione

                      Gli investimenti pubblici in Italia destinati alla ricerca e sviluppo del settore agricolo arrivano a 5,2 euro pro-capite, il 17esimo posto nell’Unione, dove mediamente vengono investiti 7,6 euro per persona. Tra le prime quattro economie UE – Germania, Francia e Spagna – l’Italia si colloca in ultima posizione. Nonostante lo “stallo” degli investimenti, come evidenziato dall’analisi TEHA, il nostro Paese è tra i primi cinque in UE per valore generato dal mercato della robotica agricola, con ricavi pari a 1.600 euro per ogni milione generato dall’agricoltura, il doppio del valore europeo. L’Italia, inoltre, è quinta per richieste di brevetti nel settore alimentare: 69 contro una media europea di 39.

                      “In Italia  – conclude De Molli – è necessario lavorare sulla sostenibilità della filiera agroalimentare, con un’attenzione particolare a mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici, a rafforzare la sostenibilità economica attraverso un consolidamento del settore e ad educare i consumatori su comportamenti ancora più virtuosi in ambito alimentare. È essenziale un’azione integrata di tutti gli attori, comprese le istituzioni, per colmare il divario con le economie europee più avanzate intervenendo su tutte le fasi della filiera con un approccio integrato, che utilizzi l’innovazione tecnologica come leva abilitante, considerando anche il buon posizionamento nell’Indice e le eccellenze del comparto agroalimentare nazionale”.

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