di Eugenio Felice
“Frutta esotica? Sì, made in Italy“. Titola l’articolo su due pagina in coda all’edizione di dicembre 2020 della rivista mensile di Altroconsumo, l’associazione a tutela e difesa dei consumatori più diffusa in Italia, con 290 mila soci (tra cui chi scrive). L’articolo contiene delle schede tecniche di alcuni frutti esotici – annona (?), avocado, litchi, mango, papaya, passion fruit – escludendo peraltro i due frutti tropicali più consumati al mondo: la banana e l’ananas. La banana, per inciso, viene prodotta anche in Sicilia, per quanto con volumi del tutto insignificanti, quindi non capiamo come mai la sua esclusione dall’articolo. Forse non rientra nel progetto La Spesa Che Sfida finanziato dal ministero dello Sviluppo economico – MISE? Un progetto piuttosto ambizioso, che vorrebbe “insegnare a fare la spesa” e di cui l’articolo in questione è una delle forme di espressione.
Per fare la spesa però bisogna che sugli scaffali del fruttivendolo, del supermercato o dell’ambulante quella frutta esotica made in Italy sia disponibile. Invitare gli italiani a comprare avocado & co. coltivati nel Meridione è fuorviante perché stimola una domanda che non potrà essere soddisfatta oggi se non in quantitativi del tutto insignificanti. La domanda di frutta esotica made in Italy è già enormemente maggiore rispetto all’offerta disponibile e i produttori del Sud stanno già investendo per accrescere le produzioni di avocado, mango, papaya, litchi, etc. e non hanno alcun bisogno, adesso, della pubblicità statale. Quindi questa operazione è a nostro avviso del tutto senza senso, uno spreco di soldi per i contribuenti italiani. Oltre che errata, come quando si scrive, nel sommario sotto al titolo, che il kiwi è un frutto tropicale quando invece cresce, come le mele, nei climi temperati.
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