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                      Fruitimprese, il settore invidia il vino ma gli manca rappresentatività

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                      Si è tenuta a Roma il 20 aprile la 68.ma assemblea di Fruitimprese. Cosa è emerso? Niente di particolarmente nuovo: l’Italia si conferma fanalino di coda in termini di crescita, competitività e capacità di attrarre investimenti tra le cosiddette economie avanzate, a causa di una politica incapace e assente – come Martina che ha dato buca per l’ennesima volta; il settore ortofrutta reclama le attenzioni politiche che ha il vino ma allo stesso tempo è diviso in una miriade di associazioni – nella stessa Fruitimprese mancano aziende di primo piano; nonostante tutto grazie al nostro innato individualismo condito da ottima creatività il settore tiene e raggiunge casi di eccellenza riconosciuti nel mondo

                       

                      di Eugenio Felice

                       

                      Russia-fruitimprese-17Cronaca. Un centinaio di imprenditori hanno partecipato il 20 aprile a Roma alla 68.ma assemblea di Fruitimprese, l’associazione delle imprese ortofrutticole italiane nata negli anni ’40 del secolo scorso e presieduta oggi da Marco Salvi. Avrebbe dovuto partecipare il ministro Martina ma ha dato buca (non avevamo dubbi) per impegni legati alle imminenti primarie del Partito Democratico. Unico politico presente Leonardo Di Gioia, assessore Agricoltura Regione Puglia, che dopo un veloce saluto è ripartito subito per la sua regione. Sostanzialmente la politica ha confermato la sua natura e la distanza dal mondo dell’ortofrutta: i mali dell’Italia del resto sono direttamente collegati alla inefficienza e corruzione della “casta”.

                       

                      Scenario. E passiamo quindi alla relazione introduttiva dell’assemblea, quella di Andrea Goldstein di Nomisma (scarica la relazione) che ha fotografato lo stato di salute dell’Italia. In 40 minuti ha spiegato con dati e grafici quello che tutti sappiamo: il nostro Paese è messo male, il Pil non cresce, non riusciamo ad attrarre investimenti, non siamo competitivi, non abbiamo voce in capitolo nelle scelte comunitarie cambiando i nostri rappresentanti ad ogni (breve) governo, abbiamo la maggiore pressione fiscale del mondo, un debito pubblico che è esploso, infrastrutture carenti per non dire pronte a crollare come i cavalcavia. La slide più significativa è quella del “triplete”: siamo la maglia nera a livello di crescita nel G20, nel G7 e nell’Ue-25.

                       

                      Mercati. Dall’ottimismo di Nomisma si è passati all’analisi sul comparto ortofrutticolo di Marco Salvi (scarica la relazione). Lo scenario descritto dal presidente di Fruitimprese, nonostante i dati record del 2016 sulla bilancia commerciale, è un bollettino di guerra: la Russia rimane chiusa e se riaprirà sarà un mercato completamente cambiato e avviato all’autosufficienza; gli Stati Uniti di Trump minacciano nuovi dazi mettendo a rischio gli 86 milioni di euro che vale per la nostra ortofrutta quel mercato; le primavere arabe hanno reso instabile buona parte del Nord Africa che era diventato uno dei maggiori mercati di sbocco; la Brexit comporterà inevitabilmente nuovi dazi e meno risorse per la PAC anche se i danni non sono ancora misurabili.

                       

                      Prospettive. Se molti mercati si sono chiusi, altri si stanno aprendo. Il recente caso del Messico è un segnale positivo, le prossime barriere a cadere dovrebbero essere quelle della Cina per le mele e le pere. Ci sono altri mercati interessati alle nostre produzioni ortofrutticole, in particolare nel Sudest Asiatico, che però rimangono ancora chiusi per motivi fitosanitari. Marco Salvi ha trattato anche il tema del caporalato: “No allo sfruttamento del lavoro ma non criminalizziamo le aziende”. E infine l’invito alla politica: “Non siamo figli di un dio minore, è necessario un tavolo permanente tra i vari soggetti della filiera e i ministeri competenti, sull’esempio di quanto fa il settore vitivinicolo, che impiega peraltro meno manodopera essendo più meccanizzato”.

                       

                      Le conferme. Sono quelle che ci restano dall’assemblea di Fruitimprese. La prima è che la politica è il peggior male dell’Italia. La seconda è che da anni si ripete il ritornello del fare sistema ma i risultati finora sono modesti: in Italia le varie OP e AOP sono servite solo a prendere i contributi comunitari. La terza è che il settore non ha una rappresentanza unica e questo costituisce una debolezza sia nei cofronti della politica che dei mass media: la stessa Fruitimprese rappresenta solo una parte delle aziende ortofrutticole italiane, poi ci sono ai vari livelli molte altre associazioni. Finché gli operatori rimarranno dei grandi solisti nei salotti di Bruno Vespa continueranno a parlare di zucchine d’oro o di caporalato e nei ministeri di vino.

                       

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