L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA
                      L'INFORMAZIONE PROFESSIONALE PER IL TRADE ORTOFRUTTICOLO
                      L’INFORMAZIONE INDIPENDENTE PER PROFESSIONISTI E APPASSIONATI DI ORTOFRUTTA

                      di Anna Parello, consulente di marketing e comunicazione per l’ortofrutta

                      Packaging (4,2), materiali informativi (3,8), volantino (3,5), addetti alle vendite (3,5), supporti digitali (3,5), in store promotion (3,4), TV e radio (3), Social/web (2,9), Mail/newsletter (2,8). Questa la top list degli strumenti di comunicazione con cui i consumatori ritengono utile ricevere le informazioni sull’ortofrutta secondo l’indagine appositamente condotta e presentata da SG Marketing a Marca in un convegno sui valori da comunicare in reparto (n.d.r. i numeri tra parentesi rappresentano il voto attribuito a ciascun elemento, dove 1 è “per niente utile” e 5 “molto utile”).

                      ortofrutta

                      Una slide che deve fare riflettere produttori e distributori e guidare le scelte strategiche di comunicazione, magari insieme

                      Chi è pratico di indagini di mercato è consapevole della distanza che a volte esiste tra il dichiarato in un’intervista e l’operato nella realtà, ma i dati parlano chiaro e forte e dicono che le persone (RA e consumatori) attribuiscono maggior utilità alle informazioni che ricevono tramite strumenti tangibili, diretti, fisici, in particolare avuti sul punto vendita, ovvero proprio nel luogo d’acquisto e nel momento della scelta.

                      Senza nulla voler togliere alla comunicazione sui Social, che consente di parlare alle persone lungo tutto il Path to Purchase, l’indagine fa emergere l’importanza attribuita dal consumatore all’informazione avuta in maniera diretta nel momento più prossimo all’acquisto. Gli strumenti indicati come più utili sono, infatti, nell’ordine packaging, materiali informativi, volantino, addetti vendita, in store promotion, con l’unica eccezione dei supporti digitali, pari merito con 3,5 a volantino e addetti vendita

                      Tali strumenti sono presidiati e utilizzati efficacemente? Del packaging si parla da almeno due anni a 360 gradi. Emerso alla ribalta tra necessità da pandemia (rapidità d’acquisto e igiene) e richieste di sostenibilità, se ne è parlato anche nel workshop a Marca, dove Salvo Garipoli di SG, Elisabetta Pellegrini di Coop Italia e Rossella Brenna di Unes hanno fatto considerazioni del tutto condivisibili anche su volantino e materiali informativi, cartellonistica del pdv inclusa. Linguaggio semplice, leggibilità, creatività, contenuti sono i must non sempre rinvenibili girando tra i reparti ortofrutta della DM (e tra le mani le confezioni) o sfogliando un volantino (leggi qui).

                      Passando alle informazioni date in reparto dagli addetti F&V, quanti sono in grado di dare informazioni corrette su stagionalità, origini vocate, metodi di produzione, benefici nutrizionali, tracciabilità per stare ai temi indicati dalla ricerca consumer di SG, che evidenzia il gap tra info desiderate e trovate? Chi tra i retailer ha provato ad anticipare le domande dei propri clienti per formare adeguatamente il personale? Penso per esempio ai consigli da dare per scegliere il prodotto (senza rovinare la merce in esposizione o rilavare le insalate di IV gamma!) o a come mondare certi prodotti o alla modalità di conservazione a casa, sempre nell’ottica di evitare sprechi.

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                      La formazione, peraltro, avrebbe il merito, non solo di preparare gli addetti all’ascolto e all’aiuto dei clienti, ma anche di migliorare la gestione della merce a punto vendita, con impatto positivo in termini di servizio, offerto, riduzione dello sfrido e miglioramento del layout espositivo. Se il turn-over del personale non è alto, la formazione non rappresenta un costo, ma un investimento con un interessante ritorno economico e di fidelizzazione. Nei reparti classici a vendita assistita l’addetto è maggiormente formato e meglio capace di rispondere ai quesiti dei clienti (un plauso va a Magazzini Gabrielli, che ha attivato il reparto F&V servito nei suoi super store). L’informazione al cliente è direttamente proporzionale alla formazione del personale, elemento su cui tanto si potrebbe fare in ortofrutta anche coinvolgendo i fornitori in ottica category. In questo il settore mele è decisamente avanti. Assomela, per esempio, utilizza il co-finanziamento UE del progetto di promozione Know Apple ottenuto ai sensi del Reg UE 1144/14, organizzando tra le varie attività anche sessioni informative per i responsabili di reparto ortofrutta. Con VIP, VOG e Melinda nel progetto la qualità della formazione sul mondo mela è garantita; obiettivo “Arrivare al consumatore finale attraverso in-formazione dedicata agli operatori del settore”.

                      ortofrutta

                      E poi ci sono le In store promotion. Penalizzate da 2 anni di pandemia, sarebbe strategico rilanciarle e estenderle a nuovi prodotti (non per forza da far assaggiare sul pdv) e nuovi operatori. Chi l’ha detto che l’in store è sinonimo di degustazione? Serve a spiegare, raccontare, coinvolgere, far annusare, toccare, non per forza mangiare sul momento (la pandemia per esempio ha spinto il sampling, altro strumento di promozione e comunicazione potente, molto trascurato). Chi l’ha detto che l’in store debba nascere sempre come iniziativa del produttore? Le insegne, oltre a fare promozioni intese come offerte sul prezzo, potrebbero cominciare a fare promozioni per costruire valore, spiegare i prodotti di stagione, le proprie linee Km 0, Residuo 0, Private Label, bio, Locale. Ovviamente delle iniziative in tal senso non mancano, ma c’è ancora troppa timidezza nell’uso di tale strumento, che se ben usato è potente per creare consapevolezza nel consumatore, vendere e fidelizzare.

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                      CEDIGROS

                      Una in store promotion (non solo in GDO, anche nei Mercati Ortofrutticoli all’ingrosso e in qualsiasi location) per funzionare deve attirare le persone e creare ricordo. Due gli elementi cardine: la creatività dei materiali e il format dell’attività (cosa comunico, come lo comunico, come coinvolgo il consumatore, cosa lascio, cosa chiedo, come prolungo la relazione fuori dal pdv). Anche per l’utilizzo di tale strumento si distinguono le aziende del mondo mela, certamente facilitate dalla maggior presenza di brand, che più di altre categorie hanno ben compreso l’importanza della relazione fisica diretta col pubblico tanto consumer quanto trade (grossisti e dettaglianti). Il costo contatto di una in store è ovviamente diverso da quello di attività indirette, ma diverso è anche il ritorno, specie se si pianifica un format originale. Penso al recente format individuato da AOP Luce per la Melannurca Campana IGP, in cui la promoter lavora accanto a una sorta di mini melaio ricostruito in reparto, aiutata nel suo racconto del “dietro le quinte” dal video in loop che mostra operai in campo intenti a girare le mele per la fase dell’arrossamento. In store efficaci (ma anche allestimenti scenografici dedicati) hanno ricadute positive sia in termini di vendite aggiuntive sia di fidelizzazione dei clienti al prodotto e all’insegna, con benefici per produttore, distributore e consumatore. Ispirazioni per comunicare l’ortofrutta?

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