di Eugenio Felice
Ne è passato di tempo da quando eravamo sui banchi dell’Università. Una quindicina d’anni. Dei tanti insegnamenti non è che sia rimasto molto, bisogna ammetterlo, più che altro un modo di pensare, una certa cultura d’impresa. Tra questi però ce n’è uno: differenziare il rischio su più clienti, averne uno che fa il grosso del fatturato è un’enorme debolezza. Quindi si può colpevolizzare la Coop, o meglio Coop Italia e Centrale Adriatica – perché di Coop ce ne sono anche altre – per aver fatto “saltare per aria un fornitore che fatturava mediamente 5 milioni di euro, rispettava il capitolato e aveva 25 dipendenti”, come ha scritto Milena Gabanelli su Corriere della Sera di venerdì 22 gennaio? L’articolo tra l’altro ha tutte le imprecisioni di chi non è dentro all’argomento, ma questi sono dettagli.
[Leggi l’articolo di Milena Gabanelli: “Le Coop pretendevano lo sconto”]
Intanto è curioso guardare il sito della Celox Trade, ancora on line (clicca qui), dice che il suo business è – o meglio era – l’importazione di ortaggi biologici dal nord Africa. Di pere, oggetto del contendere con Coop, non si parla da nessuna parte. Curiosa anche la pagina del Corriere in cui è uscito l’articolo della Gabanelli: se non si sta attenti non lo si nota proprio: nessuna insegna Coop in vista, solo uno scheletro di 10 mila anni fa trovato in Kenia. Timore reverenziale? Mancava in archivio una foto di Coop? Inserito all’ultimo momento in fretta e furia? Mah… Poi diciamolo, se la Celox Trade di Fortunato Peron – lo ricordiamo alle varie fiere di settore nel codazzo dei politici di turno con il suo sigaro in bocca – era così Coop dipendente non è colpa di Coop: è pieno di aziende, anche piccole, che servono Coop ma anche altre catene distributive.
[La nota stampa di Coop in risposta all’articolo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera]
Coop Italia sabato 23 gennaio ha voluto rispondere alla Gabanelli con una nota stampa, che potete scaricare integralmente cliccando nel link qui sopra, in cui si afferma che: “Le prime comunicazioni di Coop a Celox (un grossista di pere), nella vicenda della riduzione della fornitura, risalgono a ottobre 2012 dove al fornitore era stata chiaramente anticipata la volontà da parte di Coop di superare il rapporto per operare più direttamente con fornitori espressione diretta dei produttori agricoli; Coop voleva accorciare la filiera, riducendo i costi non necessari e dando così più valore ai produttori diretti (agricoltori) e ai consumatori. È una strategia che Coop ha sempre perseguito. (…) Il rapporto con Celox tuttavia è proseguito fino al 2014 proprio perché Coop voleva dare il tempo necessario al fornitore per gestire l’impatto di una cessazione del rapporto”.
[Leggi anche l’articolo de Il Giornale: “Così la Coop renziana rovina i produttori”]
Coop Italia ha fatto ricorso urgente e si vedrà come andrà a finire. Certamente le Coop in questione non hanno più colpe della maggior parte delle catene distributive operanti in Italia che da molti anni a questa parte chiedono contributi vari per nuove aperture e sconti per le immancabili promozioni a quella che è ovviamente la parte debole, un sistema “drogato” come lo ha definito lo stesso Francesco Pugliese, presidente di ADM, l’Associazione della Distribuzione Moderna di cui fa parte anche il sistema Coop. Se allora bisogna ravvisare, comunque vadano a finire le cose, l’aspetto positivo della sentenza dell’Antitrust, questo è che ora le catene distributive staranno molto più attente nel perfezionare i contratti di fornitura. Più chiarezza, per lavorare con più serenità.
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