di Massimiliano Lollis
Che l’emergenza Covid-19 avvicini sempre più consumatori all’e-commerce pare un’ovvietà. In effetti, anche nel nostro Paese, molti di coloro che oggi affollano e talvolta intasano le “code virtuali” delle varie piattaforme di spesa a domicilio, fino a qualche mese fa non si sarebbero mai sognati di comprare su internet un litro di latte, un casco di banane o un sacchetto di mele. Ma è facile prevedere che gli effetti di questa emergenza potranno essere molto più profondi, finendo perfino per trasformare componenti importanti di interi settori produttivi, come quello del retail. Per quanto riguarda il grocery retail a stelle e strisce, un contributo interessante proviene in questi giorni da Brittain Ladd, “guru” del retail Usa e, come si definisce lui stesso, consulente, business leader e autore, nonché tra i primi a prevedere la storica acquisizione di Whole Foods Market da parte di Amazon.
Per Ladd, il Covid-19 segna uno spartiacque. Prima dell’emergenza coronavirus le catene di supermercati Usa avevano un obiettivo fondamentale: concentrarsi sul migliorare l’esperienza di acquisto dei clienti all’interno dei propri negozi (la cosiddetta esperienza in-store). “Presunti esperti di retail e analisti del grocery – scrive Ladd in un suo recente articolo – sostenevano che l’unico modo che le catene di supermercati avevano per competere con Amazon era puntare sull’esperienza in-store. Io – sottolinea – non ero d’accordo. Credevo allora, e credo ancora oggi, che ciò che i clienti vogliono davvero è una maggiore velocità e semplificazione dell’esperienza di acquisto”.
Già nel 2015 Ladd scriveva che nei prossimi anni i supermercati e altri retailer fungeranno sempre più da enormi “vending machine” aperti 24 ore su 24 e 365 giorni all’anno grazie all’utilizzo di tecnologia avanzata che permetterà di gestire gli ordini online delle vendite e-commerce all’interno dello store. Il negozio vicino a casa diventa così il luogo dove ritirare il prodotto che si è ordinato online, o dal quale partirà l’ordine del prodotto che abbiamo richiesto a domicilio. Per Ladd l’emergenza coronavirus non può che accelerare questo processo e avere un impatto notevole sull’intero mondo distributivo. “Il Coronavirus – scrive Ladd – accelererà gran parte di questo processo per il fatto che, secondo gli esperti, il Covid-19 potrebbe diventare una malattia stagionale. Quindi che faremo? – si chiede Ladd – Chiuderemo tutti i punti vendita al dettaglio ogni volta che il Coronavirus colpirà? Se è così, abbiamo bisogno di poter contare su un ecosistema di negozi, centri per l’evasione degli ordini e per la consegna dell’ultimo miglio, e supply chain che possano funzionare in modo impeccabile in qualsiasi condizione. Quello che è certo – sottilinea Ladd – è che nulla sarà più come prima, i retailer dovranno trasformarsi“.
Ladd, che prevede che l’attuale emergenza sanitaria porterà ad un’ondata di licenziamenti nel settore, e che crede che il governo non dovrebbe sostenere le catene più deboli, già in crisi ben prima del Covid-19, è convinto che oggi i retailer Usa si siano resi conto che il loro modello di business va ripensato, che non abbia più senso possedere negozi solo per tenerli aperti 8 o 12 ore al giorno, e che gestire gli ordini e-commerce da grandi centri logistici posti a chilometri di distanza dai clienti sia una strategia semplicemente sbagliata.
Un fattore importante di trasformazione può essere l’adozione di un sistema di MFC, acronimo di “Micro-fulfillment center”, termine che possiamo tradurre come “Micro-centro di evasione ordini”, e che fondamentalmente descrive un sistema di gestione robotico pensato per evadere gli ordini online e gestire in modo automatizzato le consegne a domicilio e i servizi di Click and Collect. Sistemi robotizziati MFC nel settore del grocery sono già ampiamente diffusi e in crescita in tutto il mondo, con un laboratorio importante nel Regno Unito, dove in realtà come Ocado Zoom svolgono un ruolo primario. Per Ladd l’emergenza Covid-19 spingerà sempre più retailer ad adottare la tecnologia dei MFC per gestire i propri ordini online, specialmente per servire aree urbane densamente popolate.
Per Ladd, che cita in particolare le soluzioni tecnologiche dell’azienda AutoStore, il sistema può essere declinato nel mondo del retail Usa con l’installazione di un MFC all’interno di un punto vendita di un supermercato, in un’area separata dall’area di vendita: in questo modo, l’ordine fatto da un cliente online viene gestito in completa autonomia dal sistema, che prepara e consegna la spesa al cliente in modalità Click and Collect (ritiro al punto vendita) o a domicilio, con consegna grazie al supporto logistico di una terza parte. Ma il MFC può perfino diventare il nucleo centrale di un nuovo modello di convenience store, dove il sistema gestisce le richieste dei clienti esattamente come una gigantesca “vending machine”.
Per Ladd, servizi di spesa a domicilio come Instacart e GoPuff dovranno adottare il sistema dei MFC trasformando il proprio modello di business se vorranno garantirsi una crescita in futuro. “Il loro attuale modello (In-store fulfillment, n.d.r.), quello che utilizza addetti che si aggirano nelle corsie del supermercato per prelevare dagli scaffali gli articoli ordinati online dai clienti – spiega Ladd – è probabilmente uno dei peggiori modelli di business esistenti (in Italia lo usa ad esempio Esselunga con il servizio “Esselunga a Casa”, n.d.r.). Inoltre, con l’aumento dei volumi delle vendite di generi alimentari online, l’aumento del numero di addetti non farà altro che infastidire i clienti dei negozi fisici, che già si lamentano di dover fare lo slalom tra gli addetti quando fanno la spesa”. Un MFC di AutoStore, spiega Ladd, può gestire automaticamente fino al 90% delle referenze, lasciando solo il 10% di queste – per es. uova e gelati – alla gestione “umana”. “Si tratta di un grande risparmio in termini di forza lavoro, e al tempo stesso di un’accelerazione della velocità per il cliente”. Secondo Ladd, se Instacart acquisisse e installasse diverse centinaia di MFC AutoStore in tutto il paese, potrebbe trasformarsi in un importante rivenditore indipendente di generi alimentari online e aprire negozi ad insegna Instacart.
Ma non ci sono solo i retailer. Secondo Ladd anche realtà come PepsiCo potrebbero utilizzare il sistema MFC per vendere direttamente ai clienti i loro snack salati e le loro bibite. A questo punto, veicoli robotizzati – come Robomart, suggerisce Ladd – potrebbero fare la spola tra il MFC e l’area di vendita, per esempio il quartiere di riferimento. Una volta esaurito il suo carico, il Robomart può tornare alla base per essere ricaricato (leggi qui). Ecco come un’azienda può raggiungere il cliente senza intermediari, perfino bypassando i retailer.
Forse è proprio con questi esempi che Ladd intende spronare i retailer a reagire e a fare un passo in avanti nella direzione della tecnologia dei Micro-fulfillment Center: “Ridurre il fabbisogno di manodopera attraverso la robotica, assicurare la continuità della fornitura 24/7 e 365 giorni all’anno attraverso l’automazione delle supply chain grazie ai MCF, e sfruttare veicoli innovativi come Robomart per offrire ai clienti un nuovo canale: sono tutte valide decisioni di business. Ciò che il consumatore cerca oggi – conclude – è soprattutto la certezza, o ciò che io definisco un’esperienza ripetibile e riproducibile. Il consumatore vuole avere la certezza che la prossima volta che ci sarà una crisi potrà acquistare senza problemi i prodotti di cui ha più bisogno. Le indicazioni contenute in questo articolo – conclude – potranno trasformare questa certezza del consumatore in realtà”.
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